Home C'era una volta Do you really want to hurt me, un brano di scorta

Do you really want to hurt me, un brano di scorta

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Il 23 ottobre 1982 il brano Do you really want to hurt me dei Culture Club arriva al vertice della classifica britannica dei singoli più venduti. Dopo due insuccessi la band nata un anno prima dalle ceneri dei Sex Gang Children conquista inaspettatamente il pubblico.

La fatica per trovare un’etichetta

Tutto accade quasi per caso. Pochi mesi prima il gruppo composto dal carismatico cantante Boy George, all’anagrafe George O’Down, dal chitarrista Roy Hay, dal bassista Mickey Craig e dal batterista Jon Moss, l’unico con alle spalle qualche collaborazione di rilievo (con i Damned e i Clash) ha faticato non poco per trovare una casa discografica. L’unica disposta a metterli sotto contratto è stata la Virgin. I ragazzi hanno una grande fiducia nella loro formula musicale, un pop leggero e intelligente con venature reggae, ma i primi due singoli, White boy e I’m afraid of me sono passati quasi inosservati. L’unico elemento di novità è l’attenzione dei media nei confronti di Boy George, alfiere di una sessualità totale con atteggiamenti da primadonna che si presenta sul palco in rutilanti e carnevaleschi abiti femminili.

L’attenzione dei media per Boy George

Nonostante lo scarso successo del gruppo il ragazzo riesce a conquistarsi spazio sulle riviste di gossip alla perenne ricerca di morbose novità da proporre al pubblico. È proprio per sfruttare questa attenzione dei media che un disk jockey della BBC decide di chiedere alla band quattro brani tra cui scegliere la sigla del suo programma. I Culture Club accettano ma hanno un problema: fino a quel momento il loro repertorio originale si compone soltanto di tre brani. Che fare? Si chiudono in sala di registrazione e registrano di getto un reggae accattivante di poche pretese ma di grande orecchiabilità. È Do you really want to hurt me. Proprio questo brano di scorta, scritto e inciso quasi per caso porta il gruppo al successo. Iniziano così le fortune dei Culture Club, una band destinata a restare, con le sue canzoni e con i suoi eccessi, nella storia del pop mondiale.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".