Home C'era una volta Gardel, il tanghéro tolosano

Gardel, il tanghéro tolosano

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Il 24 giugno 1935 un aereo si schianta al suolo nella zona di Medellin, in Colombia. La dinamica dell’incidente non lascia speranze: i passeggeri sono tutti morti e tra loro c’è Carlos Gardel, il tolosano del tango, un vero e proprio mito vivente che ha affascinato con le sue note il vecchio e il nuovo continente.

Una folla immensa ai funerali

La notizia della sua scomparsa, nonostante l’epoca e le difficoltà di comunicazione, fa il giro del mondo e getta nel lutto migliaia di ammiratori. Ai suoi funerali la polizia è costretta a fare gli straordinari per contenere una folla immensa calcolata in oltre venticinquemila persone che vogliono porgergli l’estremo saluto nella improvvisata camera ardente allestita al Luna Park di Buenos Aires. Le sue spoglie vengono tumulate al cimitero La Chacarita e la sua tomba diventa meta di costanti pellegrinaggi, mentre in tutto il Sudamerica vengono eretti un numero incredibile di monumenti alla sua memoria. Una tale popolarità non è usurpata. L’opera di Carlos Gardel è, infatti, fondamentale nella diffusione del Tango all’inizio del Novecento. Gli storici non hanno dubbi nell’attribuire alla sua cultura musicale e alla sua passione il merito dell’espansione di questa musica fuori dai confini dell’Argentina.

Un francese adottato dall’Argentina

L’aspetto più incredibile della sua vicenda artistica è che lui non è argentino, ma francese, anche se la sua data di nascita precisa sia ancora oggi un mistero. Sembra sia nato a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre 1890 e che, giovanissimo, sia emigrato a Buenos Aires. Proprio nel capoluogo argentino nel 1911 incontra il cantante Razzano con il quale forma il duo Gardel-Razzano. Qualche anno dopo incide “Mi noche triste”, ancora oggi considerato uno dei brani storici del tango, ma la sua opera più importante riguarda il lavoro di composizione, ricerca e diffusione. Sull’onda della popolarità in campo musicale nel 1931 anche il cinema si accorge di lui e gli affida una parte nel film “Luces de Buenos Aires”, ma il grande schermo non aggiunge granché alla sua fama. Di lui resta il ricordo di una voce «nata per il Tango», roca e inconfondibile. Cinquant’anni dopo la sua morte il regista Fernando Ezequiele Solanas lo farà rivivere o, meglio, ne farà rivivere il fantasma nel film “Tangos – L’esilio di Gardel”, una “tanghédia”, cioè un musical con la scansione del racconto epico costruito interamente sul ritmo del tango. La colonna sonora verrà affidata a quello che in molti hanno indicato come il vero erede di Gardel: Astor Piazzolla.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".