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Andrea Giglio, tra musica e letteratura

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Andrea Giglio
Lo scrittore romano Andrea Giglio

Tra gli autori emergenti che più sono influenzati da una virtuosa contaminazione tra musica e letteratura c’è senza dubbio Andrea Giglio. Daily Green l’ha intervistato per conoscerlo meglio anche alla luce della sua ultima pubblicazione Il Mercato degli schiavi (Rupe Mutevole, 2015).

Andrea Giglio e il suo Il Mercato degli schiavi

Andrea, una domanda che faccio sempre in apertura è quella di chiedere al personaggio intervistato di presentarsi al pubblico di Daily Green. E allora, chi è Andrea Giglio?

Sono nato a Roma nel 1979. Un periodo storico preciso, che coincide con la fine degli anni della contestazione e della lotta studentesca figlia del ‘68. Ho vissuto la mia infanzia durante gli anni ‘80, decade molto diversa dalla precedente e che per certi aspetti può essere considerata come un’epoca di passaggio e di sicuri cambiamenti che poi avrebbero determinato gli anni ’90. Sebbene io sia nato a Roma, ho origini sia meridionali (da parte di mio padre) che settentrionali (da parte di mia madre) che rendono il sangue di Andrea Giglio una piacevole contaminazione di diverse culture regionali. Dopo gli studi classici di orientamento sociale, ho diviso la mia vita tra lavoro e studio, elementi necessari per la formazione umana e professionale. Fin da giovanissimo infatti, senza mai abbandonare gli studi, credo di aver svolto ogni tipo di lavoro mentale e fisico, per garantirmi un minimo d’indipendenza economica necessaria per poter alimentare e coltivare i miei interessi personali. Questa, in sintesi, la storia di Andrea Giglio.

Musica, poesia e scrittura. È sufficiente per riassumere i tuoi interessi culturali, Andrea?

Musica, scrittura, poesia e ogni altra forma artistica, sono sicuramente tra gli elementi principali del mio modo d’intendere la vita. Amo il Museo di Arte Contemporanea a Roma, dove vado spesso a sedermi davanti ai quadri di Boccioni. Amo vedere il grande Cinema, ho letto dei fumetti bellissimi e la mia ragazza è una bravissima fotografa. Credo che l’arte sia uno dei modi migliori per comunicare, ma non bisogna tradirla mai. Sono sempre stato un attento lettore, magari un po’ lento, perché mi soffermo molto sulle cose che mi piacciono e mi piace approfondirle, studiarle. Anche musicalmente, se mi piace un autore, in genere, approfondisco tutta la sua opera. Come se fosse un cavallo vincente che ormai non ti può tradire. L’iniziazione alla scrittura ufficiale, infatti, va fatta risalire alle recensioni che, nell’adolescenza del piccolo Andrea, scrivevo per varie riviste musicali per le quali svolgevo il ruolo di Biografo. Sono sempre stato attratto dalla vita e dalla formazione personale degli autori che amo ed, escludendo pochissime eccezioni, difficilmente riesco a fare distinzione tra un artista e la sua opera. Si scrive ciò che si è. Come diceva Carmelo Bene, per fare dei grandi capolavori bisogna prima di tutto essere dei capolavori. Per questo bisogna perfezionarsi il più possibile perché non si finisce mai di crescere e di migliorarsi. Instaurare un percorso di ricerca e di crescita mettendosi continuamente in discussione e cercando di rapportarsi al proprio lavoro come se fosse un discorso sempre aperto, un eterno divenire. Solo partendo da questi presupposti mi accingo alla scrittura, anche solo per rispetto dei grandi autori che ho avuto come maestri. Non è obbligatorio scrivere e nessuno di noi può pensare di essere indispensabile per la letteratura. Il Mercato degli Schiavi ad esempio, è una sorta di calderone dove ho tentato di riunire assieme questi insegnamenti. Il risultato finale potrebbe comunque non essere riuscito fino in fondo malgrado il mio lavoro sul testo durato anni. Tuttavia è anche un fatto di onestà intellettuale: quando metti il massimo e sei severo con te stesso su ogni parola che scrivi, se ciò che realizzi è il frutto di un impegno incondizionato dove hai messo dentro tutto te stesso, puoi sentirti apposto con la coscienza poiché hai lavorato al massimo delle tue potenzialità.

Ecco, Andrea, entriamo nel vivo della tua “creatura”, Il Mercato degli schiavi (Rupe Mutevole, 2015). Sembra di capire che il motivo ispiratore del tuo libro sia la musica ma, approfondendo meglio, si può dire, Andrea, che in realtà sia la poesia…

Non bisognerebbe divederle troppo perché sono collegate. Una canzone nasce dal perfetto equilibrio tra parole e musica. Se puoi chiamare canzone un brano strumentale, puoi chiamare canzone anche un testo senza musica suonata di sottofondo. Io ho tentato di usare lo strumento del linguaggio, che avviene quando si ferma lo strumento musicale e la parola dev’essere armoniosa da sola e bastare a se stessa, sia come significato che come suono. Quasi tutti i versi li ho composti inseguendo una linea melodica precisa, una metrica musicale che avevo in testa e che solo io potevo sapere, ma che m’illudevo potesse arrivare anche al lettore, attraverso la lettura dei versi. Questo è il mio modo di concepire la poesia in maniera universale.

Il giusto uso della tecnica accostata, però, a dei contenuti importanti. Anche quando si usano i versi sciolti per fuggire alle figure retoriche delle rime o alla metrica obbligata dei versi, si fa comunque uso di un altro tipo di tecnica e della musicalità di un testo scritto. Per questo la tua domanda è molto attinente, poiché soprattutto in questo caso la musica e la poesia vanno di pari passo. Io vedo grande Poesia in certi film di Pasolini o di Sergio Citti. Viceversa c’è del grande cinema nella canzone Sobborghi di Piero Ciampi. E non soltanto in senso figurato. Le arti devono comunicare ed è inevitabile che accada, a prescindere (come diceva Totò) da quelle che erano le nostre intenzioni. Per quanto riguarda il contenuto, ho voluto unire in questo progetto tutti gli artisti che amo e ho amato. Da Giovanni Ferretti a Modigliani, da Andrea Pazienza al Mago Houdini, da Dario Bellezza a Mario Schifano. Persone che non avrebbero nulla in comune tra loro, se si esclude la maledizione a cui tutti loro erano condannati. È la gente del buio che vaga di notte in cerca di pace e che qui ho voluto racchiudere all’interno di un unico manicomio, un unico Mercato degli schiavi. In realtà sono tutte mie visioni personali della vita che di volta in volta ho voluto attribuire o dedicare ai vari personaggi protagonisti del libro. Ho anche avuto la fortuna di averli potuti conoscere molti di questi personaggi e mi hanno detto di aver apprezzato le mie cose. È forse un mio modo indiretto di collaborare con loro e per averli come compagni di viaggio. Come se stessi facendo un disco musicale dentro il quale ci suonano più persone, e sono tutti tuoi maestri e ispiratori.

Andrea, la scorsa domenica 17 maggio hai presentato il tuo libro all’Asino che vola, un locale sulla Via Appia di Roma. Insieme ad Andrea Giglio c’erano il critico musicale Alessandro Sgritta e la ex cantante degli Ustmamò Mara Redeghieri. Vuoi parlarci un po’ della serata e delle tue impressioni, Andrea?

È stata un bellissima serata. Il critico musicale Alessandro Sgritta mi ha rivolto delle domande intelligentissime che mi han dato modo di spaziare con gli argomenti, spiegando le origini e il significato della mia opera. L’attrice e cantante Rossella Seno ha letto alcune poesie assieme a Emanuele Giglio interpretandole divinamente. È importante per me circondarmi dagli artisti che amo, per questo ho convinto Mara Redeghieri a tornare a cantare a Roma durante la stessa serata. Mara è sempre stata la voce femminile più importante nel panorama italiano. Probabilmente uno dei nostri patrimoni più grandi, un personaggio importantissimo dalla voce intensa e ammaliatrice, dolcissima e rassicurante. Io ho sempre seguito il suo percorso artistico fin dai tempi degli Ustmamò, quando David Bowie la volle in apertura dei concerti italiani, perché innamorato della sua voce. Dedicare una poesia a Mara sarebbe stata pochissima cosa per una creatura del genere. Così le ho proposto se voleva venire a esibirsi a Roma dopo tantissimi anni di assenza. Lei ha accettato volentieri perché è finalmente ritornata a cantare e con un progetto importante. Si chiamano Dio Valzer, ed eseguono dal vivo vecchie canzoni anarchiche ed anticlericali. Il nuovo disco si chiama Attanadarà, che ascolto continuamente perché è il più bel lavoro che si potesse desiderare, oggi che la musica sta morendo. La splendida voce di Mara non ti delude mai e sa sempre darti grandi emozioni se la sai ascoltare. Ho avuto il piacere immenso di averla ospite nella serata per promuovere il mio libro. Ha fatto un bellissimo concerto e ha introdotto la sua esibizione leggendo una mia poesia, La Fuga degli Schiavi: si tratta della poesia finale che conclude la mia raccolta. Ha avuto la geniale intuizione di aprire il suo concerto con il finale del mio libro, e ha accostato in maniera sapiente, il tema della poesia con il tema della canzone d’apertura: Il Galeone, brano anarchico in cui gli schiavi hanno ruolo principale all’interno della “Galera” (ossia il Galeone) nella quale sono rinchiusi.

Andrea Giglio ha già nuovi progetti in cantiere?

Ho tante idee per la testa. Quando sei un sognatore i pensieri viaggiano da soli. E Andrea Giglio è un sognatore. Vorrei fare una raccolta di racconti perché quello che in genere scrivo sono i pensieri che, quando li penso, io stesso rimango affascinato. Dopo li lascio decantare un po’ per vedere se il loro fascino mi attrae anche a distanza di molto tempo. Ma sono tutti pensieri da rivedere in un secondo momento perché è ancora presto per parlarne. Per ora vorrei andare un po’ in giro per l’Italia a presentare ancora Il Mercato degli Schiavi a tutti quelli che non lo conoscono. Mi piace sapere le opinioni delle persone e parlarne direttamente.