Home C'era una volta Beryl Booker, il cuore serve di più del rigo musicale

Beryl Booker, il cuore serve di più del rigo musicale

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Il 30 settembre 1978 muore d’infarto a Berkeley, in California, la pianista Beryl Booker. Ha cinquantasei anni ed è una della grandi “signore” del jazz statunitense. Nata a Philadelphia, in Pennsylvania, il 7 giugno 1922, deve la sua fama di personaggio curioso ed eccentrico al fatto di essersi sempre vantata di non aver mai imparato né a leggere, né tantomeno a scrivere la musica. Nonostante in molti pensino che con il passare degli anni Beryl in realtà sapesse destreggiarsi con abilità tra note, accenti e annotazioni per anni a chi gli domandava perché non si fosse mai applicata a studiare rispondeva: «Per suonare ci vuole il cuore, non il rigo musicale. Vale di più e il pubblico se ne accorge».

Senza maschi si suona meglio!

Quando inizia a esibirsi al pianoforte negli Stati Uniti le donne strumentiste al di fuori del ristretto ambito della musica classica sono una rarità. Con il suo piglio deciso suona a lungo nelle varie band della sua città fino a quando decide che per poter suonare quello che le piace è necessario liberarsi dei capi-orchestra maschi. Non si limita a dirlo, lo fa. Ha da poco passato i vent’anni quando, nonostante il periodo di crisi, riesce a formare un’orchestra interamente sua scritturando vari musicisti rimasti disoccupati. Si chiama Beryl Booker Band e consente alla ragazza di sentirsi padrona del proprio destino. L’avventura dura qualche anno, fino al 1946 quando, lusingata dall’offerta di Slam Stewrt, accetta di trasferirsi a New York per entrare a far parte del suo trio. Nonostante il suo caratteraccio rimane a lungo fedele a Stewart, sia pur con qualche parentesi solista. Naturalmente non ha abbandonato l’antico sogno di poter suonare senza musicisti maschi tra i piedi. Lo realizza nel 1951 quando riesce a eliminare del tutto gli uomini dalla sua vita artistica diventando la pianista della grande Dinah Washington. Il sodalizio con la cantante sembra reggere bene ai sussulti e ai possibili contrasti che possono nascere tra due personalità così forti.

Un trio jazz di sole donne

L’amicizia resta solida anche quando le strade si dividono. Nel 1953, infatti, Beryl, consapevole di dover più dimostrare niente a nessuno, lascia anche la sua amica Dinah e forma un trio jazz interamente composto da donne con la batterista Elaine Leighton e la contrabbassista Bonnie Wetzel. L’anno dopo le tre jazziste lasciano gli Stati Uniti e si trasferiscono in Europa al seguito del ‘Jazz Club USA’, una compagnia d musicisti che si esibisce in quasi tutte le principali piazze del Vecchio Continente. Quando il trio si scioglie Beryl rallenta l’attività. Partecipa a qualche concerto e a varie sedute di registrazione, ma sembra svogliata. Alle amiche confessa di essere stanca. Sostiene che l’ambiente le sta venendo a noia, che non la stimola più. All’inizio degli anni Sessanta sembra ritrovare un po’ d’entusiasmo quando riceve una proposta dal suo vecchio amico Don Byas, il sassofonista che ha deciso di lasciare per sempre gli Stati Uniti e di stabilirsi in Europa. Lei accetta e riprende a suonare con continuità. Accade così che la pianista autodidatta che non amava i musicisti maschi registri negli anni Sessanta una bella serie di brani di grande interesse proprio al fianco di uomo. I dischi di quel periodo dimostrano che il suo talento non si è appannato con il passare del tempo. All’inizio degli anni Settanta il cuore comincia a darle i primi problemi  e lei decide di cambiare aria e trasferirsi in California. Ci resterà fino alla morte.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".