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Bill Clinton ci spiega come ritornare al lavoro

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L'ex Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton riflette sulla condizione dell'America odierna proponendo ricette e soluzioni nel suo libro "Back to work".

Sul finire del 2011, pubblicato da Alfred Knopf, è uscito Back to Work, l’ultimo libro dell’ex Presidente americano Bill Clinton. Con il sottotitolo Perché abbiamo bisogno di un Governo brillante per una forte economia, il libro è una lucida confutazione di una serie di posizioni politiche che hanno portato gli Stati Uniti ad affrontare la grave crisi economica attuale tentando di fornire, allo stesso tempo, una ricetta per sperare nel futuro dell’America.

Back to work, la riflessione di Clinton sugli USA contemporanei

L’invito di Clinton

Nella prima parte del libro, Bill Clinton presenta un quadro generale delle ragioni che hanno condotto gli Stati Uniti nell’attuale crisi economica ma anche una proposta su come rilanciare l’economia e la società statunitense in stile “American dream”.

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Bill Clinton alla presentazione del suo libro “Back to work”

Egli invita calorosamente gli americani e i propri rappresentanti, eletti a osare, nel compiere scelte difficili, a sostenere l’innovazione e la ricerca e a rinnovare lo spirito di cooperazione. E per “tornare al business del futuro”, occorre partire da alcuni assunti riassumibili in “nuovo business, lavori meglio remunerati e leadership americana nelle nuove industrie come energia pulita e bio-tecnologia”.

Back to work

Ma Back to work è anche un promemoria consegnato agli statunitensi per ricordargli della prosperità del Paese goduta durante il suo mandato alla Casa Bianca e, allo stesso tempo, un pratico set di proposte – alcune in prestito, altre nuove e alcune solo abbozzate – per ripristinare le condizioni adeguate alla crescita economica e alla creazione di nuovi posti di lavoro. In un periodo di profondo sproloquio anti-governativo, mentre dominano le parole d’ordine dei Repubblicani e i Democratici sembrano sulla difensiva, l’ex Presidente rimarca come occorra una forte argomentazione politica affinché l’America possa liberarsi da slogan demagogici e possa tornare ad avere un serio Governo nazionale; servono sia consistenti tagli di spesa e sia un aumento delle entrate fiscali come misure necessarie per affrontare il problema del debito pubblico.

Deficit che, sottolinea Bill Clinton, sta peggiorando dato anche l’invecchiamento dei baby boomers e gli alti costi degli interessi. Questo problema del debito pubblico “non può essere risolto a meno che l’economia non ricominci a crescere nuovamente”.

C’è bisogno di un governo forte

“Dal 1981 al 2009 – scrive Bill Clinton – il più grande successo dei repubblicani contro il governo non è stato quello di ridurre le dimensioni del governo federale ma di smettere di pagare per esso”. Per l’ex Presidente Usa, la situazione del debito pubblico è paralizzante ed egli dimostra, con un semplice grafico, come il classico refrain repubblicano riguardante la posizione anti-tasse sia stato accoppiato con politiche economiche che hanno ulteriormente aggravato il deficit. Un totale di 6,1 miliardi di dollari di debito è stato generato durante gli otto anni di amministrazione Bush, mentre circa 1,9 miliardi dollari da Ronald Reagan, 1,5 miliardi dollari in quattro anni da parte di Bush padre, 1,4 miliardi dollari dallo stesso Clinton e 2,4 miliardi dollari durante l’amministrazione Obama, quest’ultimo in gran parte generato per uscire dalla recessione.

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Bill Clinton con Barack Obama

E qui emerge un primo cavallo di battaglia di Clinton, la necessità di un Governo forte, pensiero condensato in un intero capitolo intitolato Perché abbiamo bisogno di Governo. C’è bisogno di un Governo forte perché garantisce gli strumenti giusti e crea le condizioni adeguate per la realizzazione di certi obiettivi: garantire la sicurezza nazionale, fornire parità di accesso alle opportunità, assicurare l’assistenza ai cittadini più deboli, promuovere gli interessi economici a livello statale e nazionale, supervisionare i mercati finanziari, favorire investimenti su larga scala e ottimizzare le entrate pubbliche.

Puntare sulle energie pulite

Nonostante Bill Clinton si trovi in grossa sintonia con il Presidente Obama, su diverse questioni concernenti, in particolare, la politica energetica, Bill Clinton evidenzia la vulnerabilità delle centrali nucleari ai disastri naturali e sostiene che “il nucleare non è più molto creatore di posti di lavoro rispetto ad altre fonti energetiche, specie quelle rinnovabili”. Inoltre Clinton, come Presidente e fondatore della Clinton Global Initiative, comprende agevolmente come la politica debba rapportarsi strettamente con l’economia della globalizzazione, le dinamiche sull’informazione tecnologica e le energie pulite.

Alcune delle proposte presentate dall’ex Presidente Usa sono semplicemente degli avalli alle iniziative propugnate dall’amministrazione Obama, come i tagli fiscali sui salari, gli investimenti in infrastrutture e i programmi di prestiti agli studenti. Alcune – specie per quanto riguarda, ad esempio, la sicurezza sociale – sono poco più che valutazioni di alcune raccomandazioni mosse dalla commissione bipartisan Simpson-Bowles. Altre – come la razionalizzazione normativa, gli investimenti nella formazione di posti di lavoro e nel permettere a giovani immigrati di talento di ottenere i cosiddetti lavori STELO (in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), che non possono essere acquisiti da americani – sono proposte delineate dal sindaco di New York Michael Bloomberg per la promozione di una crescita economica a lungo termine.

Ravvivare il Sogno Americano

Nella seconda metà del libro, Bill Clinton offre all’attenzione del pubblico una descrizione in 46 punti di programmi e politiche che farebbero ritornare l’America nel business del futuro. Si va dal macro al micro, a idee su come migliorare il commercio internazionale e a progetti su come sostenere i programmi verdi (come l’installazione di 140.000 lampioni a LED a Los Angeles). Non solo; in tema di lavori pubblici e trasporti, di energia e di bio-tecnologia, Clinton guarda decisamente avanti: “Dobbiamo investire in una più rapida banda larga, in una moderna rete elettrica nazionale, più energia pulita e meglio distribuita, moderni acquedotti e fogne, ponti e aeroporti, treni, strade e porti”. Clinton pensa quindi a investimenti nelle energie pulite e rinnovabili, a incentivi settoriali per le aziende in fase di start-up e al ripristino di moderne infrastrutture che facilitino gli spostamenti di mezzi e persone.

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La copertina di “Back to work”

Il tutto finalizzato alla creazione di posti di lavoro nuovi e stabili in quanto, specie nelle energie pulite, tutto ciò è possibile (da questo punto di vista, importanti gli accenni allo sviluppo dei biocarburanti e delle attività concernenti la green economy). In ultima analisi, questo libro sembra contenere un duplice significato: da una parte, delineare un progetto dettagliato per la creazione di posti di lavoro e per ravvivare il sogno americano. Dall’altra, convincere gli americani a concentrarsi sui gravi problemi che devono affrontare dato che gli Stati Uniti sono “in un grosso pasticcio ora”. È dunque prioritario analizzare i dati allarmanti che mostrano l’America in ritardo nei rendimenti scolastici della scuola superiore e dei corsi di laurea universitari, nelle scienze e nei punteggi di matematica. Ma, scrive ancora Clinton, “la cosa più preoccupante di tutte queste classifiche, non è tanto quello che dicono su dove siamo, ma ciò che essi rivelano su dove stiamo andando”, aggiungendo che “noi semplicemente non facciamo quello che dobbiamo fare per rimanere davanti alla concorrenza in termini di creazione di buoni posti di lavoro, di nuove imprese, e di innovazioni rivoluzionarie”. Perché, come sottinteso in tutto il libro, “cooperation works better in real life”.