Home C'era una volta Frankie Newton immortala il Brittwood Bar

Frankie Newton immortala il Brittwood Bar

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Il 15 aprile 1937 il trombettista Frankie Newton con i suoi Uptown Serenaders incide il brano The Brittwood stomp, destinato a scolpire per sempre nella storia del jazz il nome del locale cui è dedicato: il Brittwood Bar and Grill. Situato al 594 di Lenox Avenue a New York, tra il 1932 e il 1942 è uno dei ritrovi più frequentati dagli amanti del jazz che vivono nella “grande mela”. Non è, a quel che si racconta, il massimo dell’eleganza e della discrezione.

Tra musica e fumo

Il fumo aleggia nell’aria come una nebbiolina sottile che in alcuni punti assume una consistenza tale da impedire la visibilità. Non è solo il prodotto del tabacco degli avventori ma una strana mescola alla quale le piastre di cottura della carne danno il loro contributo visivo e odoroso. Nonostante tutto, però, il Brittwood ospita musicisti di primo piano come la band di Willie Gant e l’ensemble di Newton. In più per molti anni il compito di intrattenere gli avventori nelle pause delle esibizioni orchestrali è affidato al magico pianoforte di Don Frye. Non è un caso che Frankie Newton dedichi uno dei suoi brani più famosi a questo caotico locale, perché proprio nel fumo del Brittwood si consolida definitivamente la sua fama di grande trombettista e geniale direttore d’orchestra. Proprio qui, infatti, lasciato il sestetto di Jack Kirby e recuperata la propria autonomia, mette a punto la sua ricerca stilistica alla testa della sua band. Le sue esibizioni al Brittwood rappresentano un po’ la faccia meno levigata di quelle, contemporanee, al Café Society, un altro leggendario locale di New York situato al n° 2 di Sheridan Square al Greenwich Village.

Uno stile che anticipa Gillespie e Davis

È in questo periodo che Newton elabora uno stile che anticipa, per molti versi, le invenzione solistiche che ai critici di oggi appaiono, per molti versi, anticipatori della rivoluzione di Gillespie e Davis. Non riuscirà a completare il suo percorso creativo perché la morte lo sorprenderà nel 1954 a quarantotto anni quando la sua evoluzione sta entrando nella fase più matura. Un brano come “The Brittwood stomp” non riesce certamente a rendere in maniera completa la creatività e la versatilità strumentale di Newton e forse questo non era neppure nelle intenzioni del jazzista. Il suo fascino è, invece, ancora oggi nel clima che la musica rimanda a chi ascolta, fatto di sonorità ed emozioni. In quella lontana registrazione del 15 aprile 1937, il Brittwood rivive non nella nostalgia ma, come ha osservato qualcuno, «in un suono che sembra farsi largo a fatica tra l’odore del tabacco e del pollo fritto».

 

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".