Home C'era una volta Gianni Garko, dall’Oscar a Sartana, alla televisione e al teatro

Gianni Garko, dall’Oscar a Sartana, alla televisione e al teatro

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Il 15 luglio 1935 a Zara in Croazia nasce Giovanni Garcovich destinato a diventare un attore popolarissimo con il nome d’arte di Gianni Garko.

Il debutto in teatro con Visconti

Nel 1948 si trasferisce con la famiglia a Trieste dove negli anni successivi si avvicina al teatro frequentando i corsi del locale Teatro Nuovo. Dopo essere stato ammesso all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” si trasferisce a Roma dove nel 1958 debutta in teatro in “Veglia la mia casa, angelo” diretto da Luchino Visconti. Nello stesso anno partecipa allo sceneggiato televisivo “L’isola del tesoro” diretto da Anton Giulio Majano ed esordisce anche nel cinema in “Pezzo, capopezzo e capitano”. È il primo di una lunga serie di pellicole dirette da moltissimi registi tra i quali Franco Rossi, Pier Paolo Pasolini e Gillo Pontecorvo. Proprio quest’ultimo lo sceglie tra i protagonisti di “Kapo”, il lungometraggio che entra nelle nomination per l’Oscar nel 1962. È anche uno dei pochi attori italiani che partecipano alla mitica serie televisiva “Spazio 1999”.

Sartana

Per gli appassionati del western all’italiana Gianni Garko è, soprattutto Sartana. Lo è naturalmente, come Franco Nero è Django e Giuliano Gemma è Ringo. Pur essendo personaggi fortunati e protagonisti di decine di film con interpreti spesso diversi sono rimasti impressi nell’immaginario collettivo con un volto preciso che ha fatto inevitabilmente diventare gli altri semplici imitazioni. Nel caso del rapporto tra Garko e Sartana ha i contorni della leggenda. L’attore veste i panni di Sartana fin dal suo debutto nel western all’italiana, addirittura due anni prima del primo fortunato film della serie, nato nel 1968 dalla geniale creatività di Frank Kramer, alias Gianfranco Parolini. Garko, infatti, in “1.000 dollari sul nero” è il “vilain” cattivo e infido che dopo averne combinate di tutti i colori viene ucciso dal fratello “buono” Anthony Steffen. Il nome di quel malvagio personaggio è proprio Sartana, anche se è ben diverso dal sanguinario giustiziere con lo stesso nome che gli regalerà un’incredibile popolarità. Il suo approccio con western all’italiana non si ferma lì. Tra i personaggi cui presta il volto e la recitazione sciolta e disinvolta, ci sono anche Camposanto e Spirito Santo, altre due creature di Giuliano Carnimeo, alias Anthony Ascott, instancabile creatore di “tipi da western”. Il grande successo popolare ottenuto con il western all’italiana non ne attenua l’impegno che lo vede lavorare a progetti teatrali per i diritti umani e civili. A partire dagli anni Novanta dirada le presenze sul grande schermo privilegiando la televisione e il teatro. In Tv presta il suo volto a Pierfrancesco Moretti, uno dei più amati personaggi della serie “Vivere”, mentre in teatro spicca la sua presenza nella versione di “Tre sorelle” di Anton Checov messa in scena da Luca Ronconi.

 

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".