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Kenya, energia rinnovabile su piccola-scala

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a rete elettrica nazionale Keniota non raggiunge il piccolo villaggio agricolo di Kiptusuri, rendendo difficile per gli abitanti locali ricaricare i loro telefoni cellulari. La città più vicina connessa alla rete è Mogotio, dove c’è un piccolo negozio di telefonia cellulare. In questo piccolo locale è possibile ricaricare gli apparecchi telefonici; purtroppo però l’attesa può durare fino a tre giorni.Per questo il Kenya punta, ora, sull’energia rinnovabile su piccola scala.

In Kenya energia su piccola scala

E’ stata Sara Ruto, una residente di Kiptusuri, a prendere infine l’iniziativa, acquistando un Sistema Solare Fotovoltaico (SSF), il quale ora fornisce illuminazione permanente a lei e ai suoi figli, e produce abbastanza energia elettrica per garantire servizi di ricarica ai residenti, anche a prezzi ragionevoli. Seguendo l’esempio di Sara, altre 62 famiglie hanno poi installato impianti fotovoltaici, fornendo elettricità ad una città precedentemente “spenta”.

L’energia rinnovabile distribuita su piccola-scala è un fenomeno in costante espansione. In luoghi come il Nepal, per esempio, l’80% della popolazione non ha accesso alla rete elettrica nazionale. Gli SSF stanno cominciando quindi ad essere impiegati nei suoi villaggi periferici: ciascun impianto fornisce energia a 6-12 case. Altri sistemi, come quelli idroelettrici, stanno prendendo piede in Paesi come lo Sri Lanka e le Filippine.

Altri progetti per l’efficienza energetica

Ci sono inoltre progetti che puntano invece all’utilizzo di stanze sotterranee concepite per la conversione del letame di mucca in bio-gas. Prendendo in mano le redini di questo fenomeno, L’United Nations Development Programme si è inizialmente concentrato su soluzioni micro-grid (micro-reti), considerandole essenziali per fornire energia elettrica alle zone rurali.

In molti casi, queste micro-reti risultano essere più economiche e, insieme anche a tecnologie off-grid (fuori-rete), rappresentano una delle migliori opzioni per illuminare le zone più remote di un paese. Considerando che nelle aree urbane di molti paesi l’elettricità viene spesso rubata tramite connessioni illegali e che invece in molte zone rurali le reti elettriche centralizzate non sono neanche lontanamente accessibili (molte persone si vedono costrette a raccogliere e bruciare legna o altri combustibili per sostenere il loro fabbisogno energetico), lo sviluppo di progetti micro-grid e off-grid dimostra la sua importanza. Questi “mini” progetti – promossi grazie all’esistenza delle nuove tecnologie green a basso costo – costituiscono una svolta fondamentale rispetto ai precedenti tentativi di annessione delle aree rurali alla rete elettrica nazionale.

Uno spostamento d’attenzione rispetto al capitalismo

Questi riflettono inoltre uno spostamento d’attenzione dal classico capitalismo di mercato alla micro-impresa e la correlata informal economy – l’economia informale. Quest’economia informale – resa nota dall’antropologo Keith Hart nel 1973 – è in contrapposizione alla classica idea d’economia nazionale concepita a livello internazionale: essa comprende le micro-imprese e i progetti a livello locale, che spaziano dal piccolo orto in giardino all’istallazione degli SSF. In certi paesi, questo tipo d’economia costituisce la maggior parte dell’attività economica. Conoscere le varie sfaccettature di un’economia informale è quindi fondamentale se si vuole arrivare a possedere un’immagine precisa dell’economia di un paese e soprattutto se si vuole promuovere pienamente uno sviluppo sostenibile. In altre parole, fondamentale è tener conto anche delle spese, dei guadagni, dello sviluppo e dei vantaggi di piccoli progetti come quello dei sistemi fotovoltaici di Kiptusuri o delle stanze sotterranee Sri-Lankesi.

Le economie rurali restano emarginate

Secondo l’economista Hernando de Soto, al giorno d’oggi l’attenzione internazionale ha subito un notevole spostamento: dall’economia nazionale classica (o macro-economia) all’economia informale. Tuttavia, inglobare questo tipo di economia informale nel sistema formale globalizzato non è facile: oltre a creare problemi a livello locale, le economie rurali si vedono emarginate, non riuscendo a competere in un sistema di mercato avanzato come quello internazionale. Non solo; spesso anche a livello nazionale quest’economia informale viene fraintesa: soprattutto nei paesi in via di sviluppo, le politiche nazionali e/o industriali adottate per la gestione e lo sfruttamento delle energie rinnovabili si scontrano molto spesso con il lavoro dei veri micro-imprenditori locali. In altre parole, sebbene molti governi riconoscano l’esistenza e l’importanza di quest’economia informale e tentino di farla fiorire, le loro politiche ignorano totalmente gli aspetti sociali e culturali che stanno alla base di essa, andando a peggiorare la situazione a livello locale invece che migliorarla.

La questione è quindi complessa: come può la comunità internazionale gestire al meglio le economie informali locali proprie ed altrui? Come fa notare un rapporto dell’EASE (Enabling Access to Sustainable Energy), fondamentale sarebbe l’aiuto delle varie organizzazioni internazionali, le quali dovrebbero aiutare le piccole comunità facilitando le varie micro-grid energetiche e le piccole imprese, impegnandosi a fornire modelli dimostrativi agli imprenditori locali, facilitando i meccanismi di distribuzione, promuovendo programmi di formazione ed istruzione e lavorando a fianco dei governi locali.