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Le isole Marchesi, ecosistema marino unico

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Isole Marchesi

A 1600 km a nord est di Tahiti, le Isole Marchesi sono uno dei posti più difficili da raggiungere nel Pacifico. Con una lunga crociera di circa 90 giorni di osservazione coordinata dall’AAMP i ricercatori hanno confermato che lì esistono degli ecosistemi marini unici.

Le isole Marchesi, un unicum

A differenza della maggior parte della Polinesia francese, le isole vulcaniche di Marchesi non sono circondate da lagune e barriere coralline. In aggiunta a questo fenomeno geologico ancora scarsamente spiegato “l’arcipelago viene costantemente irrogato da una quanittà di clorofilla che dona a questa zona ad una certa distanza dall’equatore una densità di sostanze nutritive rispetto al resto della Polinesia che rende questa zona unica anche per l’habitat di pesci e balene” sottolinea anche Pierre Watremez, Direttore Scientifico dell’ AMPA e organizzatore della campagna. Queste acque ipertrasparenti sono molto caratteristiche di questo tipo di lagune polinesiane ma, di solito, rappresentano solo il fatto che si tratta di acque con una scarsissima organicità a differenza di quelle dell isole Marchesi riccchissime, invece, di plancton.

Prima di questa particolare ricerca, la conoscenza dell’ambiente marino delle Marchesi era molto frammentaria. “Abbiamo trovato un livello eccezionale di endemismo”, spiega Serge Planes, biologo presso il laboratorio di CRIOBE Moorea e organizzatore della campagna dedicata alla pesca vicino a riva. “Il 14% dei pesci che si trovano nelle Isole Marchesi esistono solo qui su queste isole, la stessa percentuale che si trova solo nelle Hawaii e nel Mar Rosso“.

“L’altra caratteristica è che queste specie endemiche sono la specie dominante, molto comuni nelle Isole Marchesi”, dice Serge Planes. Le stesse proporzioni di specie uniche si trovano anche tra le spugne, crostacei e alghe, che sono stati oggetto di indagini specifiche. “Braveheart”, la nave di ricerca che ha esplorato la zona, ha avuto accesso ai fondali e alle grotte sottomarine più profonde che non sono mai state raggiungte da ricercatori e biologi.

I risultati scientifici di questa campagna, denominata “Pakaihi i Te Moana” in polinesiano (“osservare l’oceano”) e condotta con Ifremer , i CNRS , il Museo Nazionale di Storia Naturale e l’ IRD , punta a realizzare una zona protetta per questi particolarissimi habitat. Obiettivo molto difficile da raggiungere se si pensa che dal 2004, l’isola di Moorea vicino a Tahiti, ha adottato un piano di gestione marittimo, il primo del suo genere in Polinesia francese, che proibisce la pesca in alcune lagune che circondano l’isola. Eppure, dopo otto anni, la situazione rimane complessa. E “i divieti di pesca nella zona vengono comunque rispettati solo in parte” si lamenta un biologo che lavora sull’isola.

L’auspicio è che la campagna portata avanti da ‘Breavhart’ possa riuscire nel suo scopo anche se può essere raggiunto anche attraverso un lavoro di pubblica istruzione che faccia anche capire che attraverso le aree protette possono aumentare anche gli stock ittici a disposizione della pesca.

scritto da Cyrille Vanlerberghe