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Marco Columbro: «Mi sento green a 360°»

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Marco Columbro

Marco Columbro è Renato Baldi nell’ultimo spettacolo di Massimo Romeo Piparo “Il vizietto-La cage aux folles”, la commedia musicale andata in scena al teatro Sistina questo gennaio.

Il Vizietto, in Italia conosciuto soprattutto per il celebre film del 1978 con Ugo Tognazzi e Michel Serrault, è uno degli spettacoli più amati al mondo, una divertente ma soprattutto commovente storia d’amore ambientata in un locale della Costa Azzurra, La Cage aux Folles, negli anni ’70.

Marco, raccontaci del tuo personaggio. Ne “Il vizietto-La Cage aux folles” tu interpreti Renato…
Renato è un po’ il patrono della situazione, quello che tira i fili di questa trama, nel senso che è quello che porta i pantaloni in famiglia. Deve avere gli attributi per poter combattere tutti i giorni con i problemi e i casini incredibili che combinano le cagelles. E non è poco, vanno tenute sempre in riga. Ha a che fare con Zazà che è una diva superlativa e quindi fa le bizze: ogni giorno ce ne ha una. E poi ha a che fare con il figlio. Renato ha queste tre problematiche quotidiane che deve dipanare ogni giorno. In questo senso è un uomo che deve saper tenere le redini alla grande. Deve dimostrare di essere un bravo imprenditore, un bravo artista, un bravo marito nei confronti di Albin e un bravo padre. Non è per niente facile fare tutte queste cose. Interpretare questo personaggio è molto divertente ma anche molto difficile. Mentre il ruolo di Zazà è brillante, comico, Renato è un po’ la spalla, è il personaggio di rimbalzo, diciamo. Ho tentato di renderlo il più possibile piacevole, con una certa classe e un certo stile, senza che sia volgarotto o appesantito da lati che non servono. In vario modo mi sono rifatto al personaggio di Ugo Tognazzi che lo interpretò con grande stile e leggerezza, questa è la cifra che ho dato a Renato. E credo di esserci riuscito. Lo spettacolo è andato alla grande per due anni, riscuotendo un enorme successo con posti esauriti in tutta Italia. Questo ci ha dato conforto e coraggio per fare ogni sera questo spettacolo che è anche molto faticoso.

Immagino anche perché Renato è praticamente sempre in scena.

Sì, come Albin e come tutti gli attori principali. A teatro ho sempre fatto il protagonista per cui sono abituato a stare sempre in scena.

Una prova di recitazione molto importante.

Sì, tutti i personaggi protagonisti di una commedia sono impegnativi.

Due ore di divertimento ma anche di grandi emozioni, non solo per chi guarda immagino ma anche per chi si esibisce. Come è stato lavorare con Enzo Iacchetti?

Lavorare con Enzo è stato fantastico. Tra noi c’è profonda stima reciproca, entrambi veniamo da una grande gavetta che ci ha formati prima come attori, poi come conduttori televisivi. Abbiamo fatto una lunga carriera che ci ha permesso di sviluppare varie sfaccettature della nostra professionalità e questo ci è utile per poter andare a braccetto insieme artisticamente, senza spigoli e rispettandoci l’un l’altro, cercando di fare al meglio i nostri personaggi. Recitare è come giocare a tennis, puoi essere anche un ottimo giocatore ma se l’altro le palle te le butta sempre fuori, giochi male anche te. E’ importante essere bravi entrambi, quando due attori vanno in scena devono avere la stessa valenza professionale. Tutta la compagnia di questo spettacolo è formata da attori bravissimi. Raramente si vede in giro questo livello di professionalità e questo la dice lunga sul successo che abbiamo avuto.

Marco, tu nasci proprio come attore di teatro.

Sono nato negli anni ’70 come attore di teatro. Poi nell’80 ho incontrato Berlusconi e sono entrato a Canale 5 dove sono rimasto fino al 2002. Dopo la mia malattia nel 2001 ho fatto ancora una cosa per Mediaset, poi la televisione non mi ha più cercato e io ho continuato a fare il mio lavoro di attore.

Marco, sappiamo che ami molto la natura e che sei molto impegnato sotto questo aspetto. Sei anche vegetariano non è vero?

Lo sono stato per venticinque anni poi ho avuto un’intolleranza ai legumi e per un po’ ho dovuto rivedere la mia dieta. Adesso però che l’intolleranza se ne sta andando, tornerò ad essere un vegetariano completo.

Quindi la tua è una scelta etica?

La mia è una scelta etica perché penso che non bisogna uccidere nessun animale per cibarsi. Credo che ogni essere vivente ha il diritto di vivere la propria esperienza di vita, qualunque essa sia e che una vera civiltà si può ritenere tale se ha sviluppato un sentimento d’amore verso ogni essere vivente e quindi non si ciba di animali.

Cos’è che fai nel tuo quotidiano per aiutare l’ambiente?

Intanto faccio un uso molto morigerato dell’acqua, non la spreco mai. Apro il rubinetto per quello che mi serve in casa e la richiudo. Faccio lo stesso con le luci e il riscaldamento. Cerco di ottimizzarne il consumo.

E la macchina la usi?

Sì. Mi piacerebbe tanto una macchina meno inquinante, sto pensando di acquistarne una elettrica oppure a gas. Si risparmia denaro ma soprattutto si risparmia in inquinamento.

Sei sempre molto attento, dunque…

Quello che posso fare, faccio. Inoltre mi occupo di prodotti biologici dagli anni ’70 e da circa un anno e mezzo, insieme alla mia compagna, ho un’azienda che esporta in Italia e all’estero il top dei prodotti biologici italiani. Per me mangiare biologico è una norma, praticamente da sempre. Mangiare biologico non significa soltanto mangiare sano, significa coltivare un’agricoltura sana.

Un Marco Columbro “green” a 360 gradi…

E’ un impegno che ho da sempre.

Marco, pensi sia importante che un artista trasmetta questi messaggi?

Secondo me è un compito che spetta ai politici prima di tutto, parliamo di loro dal momento che è il loro vero compito. Se gli artisti lo fanno, tanto di cappello perché è una bella cosa ma in fondo non è compito loro. Chi ha la responsabilità del potere, le varie amministrazioni centrali e locali dovrebbero stimolare i cittadini ad avere una giusta attenzione nei confronti della natura e del proprio territorio. Pensiamo alla raccolta differenziata per esempio. Lì sono le amministrazioni locali che dovrebbero intervenire. Una cattiva gestione delle cose crea nel cittadino un senso di disagio, si scoraggia e se non si sente incentivato, spesso abbandona. Bisognerebbe insegnare nelle scuole l’educazione ambientale che è molto importante. Ad esempio, le persone dovrebbero capire che quando si va in campagna non si strappano i fiori ma si guardano, si osservano. La natura va lasciata intatta. La natura è fondamentale per la vita dell’uomo, finché ci sarà, ci sarà l’uomo. Se lei sparisce, noi spariamo. E’ importante che i bambini capiscano che la natura è la nostra madre. E’ colei che ci dà tutto, dall’ossigeno, al cibo, alle risorse mediche. Le grandi foreste amazzoniche sono una farmacia dell’universo, del nostro pianeta. Se tutto questo sparisse, saremmo ridotti a zero. Quindi quanto è importante rispettare la natura, un albero, una pianta, un fiore? E quanto è bene dare amore a queste cose e capire la bellezza della natura in ogni sua forma?

Certo, iniziare dall’educazione è molto importante. 

E’ soprattutto la famiglia che ha il compito di trasmettere questo tipo di educazione, poi la scuola. Io cerco di farlo con mio figlio. Ricordo quando ero piccolo e mio nonno mi portò nell’orto. A quattro anni assaggiai il mio primo pomodoro colto direttamente dalla pianta. Ancora sento il sapore di quel pomodoro. Vedere tutti quei frutti: le ciliegie, le mele, l’insalata, per me era come stare in una fiaba di Andersen. Vedere i frutti sugli alberi è un’emozione, c’è poco da dire. Bisogna riportare i bambini a provare ancora queste sensazioni perché è attraverso queste emozioni che si rendono conto di quanto sia importante amare la natura.