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Mistinguett, la môme de Paris

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Image extraite du site dutempsdescerisesauxfeuillesmortes.net

Il 3 aprile 1875 a Enghien-les-Bains, nell’Île de France nasce Jeanne-Marie Bourgeois, destinata a lasciare un segno profondo nella storia dello spettacolo europeo con il nome di Mistinguett. «Un bacio può essere una virgola, un punto interrogativo o un punto esclamativo. È una fondamentale regola ortografica che ogni donna dovrebbe conoscere». La frase, che replica al bacio come “apostrofo rosa” del Cyrano di Edmond Rostand, dà un’idea del carattere di Mistinguett. Decisa, determinata a sfondare nell’ambiente dello spettacolo in un’epoca in cui alle donne sono ancora relegati ruoli di frizzante e decorativo contorno la “môme de Paris”, la ragazza di Parigi trionfa in tutti i grandi locali della capitale francese.

La prima vera stella della scena parigina

Mistinguett è la prima vera stella della scena parigina e il suo regno si chiama Casino de Paris. Figlia d’artigiani quando è ancora piccolina vende mazzi di fiori davanti ai teatri e resta affascinata dal mondo dello spettacolo. Chiede e ottiene il permesso di frequentare a un corso di violino a Parigi. Il tragitto in treno le dà l’occasione di fare incontri e conoscenze con vari personaggi tra i quali spicca un autore di spettacoli che la ribattezza Miss Tinguette. Proprio con il nome di Mademoiselle Mistinguette fa il suo debutto cantando nei caffè concerto della capitale. È il 1893, ha dodici anni ma ne dimostra qualcuno di più.

Dal Petit Casino all’Eldorado

Si esibisce al Petit Casino, poi al Trianon Concert e, a partire dal 1897, si trasferisce in pianta stabile all’Eldorado dove resterà per dieci anni mentre il suo nome d’arte perde sia l’appellativo di Mademoiselle che la “e” finale diventando definitivamente Mistinguett. Proprio all’Eldorado affina il mestiere lavorando prima nei siparietti in musica e poi ritagliandosi ruoli sempre più completi. Sono anni di lavoro duro. Mistinguett canta, danza e recita senza risparmio. La sua voce è unica e affascinante, leggermente nasale ma capace di timbri inaspettati fino ad arrochirsi come il velluto a coste larghe e regalare brividi sui passaggi più sensuali. Dopo un’esperienza in teatro con un lavoro scritto da Georges Feydeau nel 1908 viene scritturata dal Moulin Rouge dove Max Dearly, uno dei personaggi più popolari dell’epoca, la vuole al suo fianco. Insieme inventano la “valse chaloupée” (valzer ondeggiante) una coreografia di suggestiva aggressività che mima il rapporto tra una ragazza di vita e il suo protettore. È nata una stella. Il suo nome sui manifesti diventa sempre più grande mentre la sua voce e soprattutto il suo corpo fanno innamorare perdutamente uomini di spettacolo, ufficiali, principi e re. Nel 1910, scritturata dalle Folies-Bergère, viene affiancata al quasi debuttante Maurice Chevalier. La donna che fino ad allora ha giocato con il suo fascino si innamora perdutamente di quell’impacciato artista che ha tredici anni meno di lei. Gli insegna a muoversi sul palcoscenico e lo aiuta a lavorare di più sull’educazione della voce. Il suo aiuto si rivela prezioso non solo dal punto di vista artistico. Nel 1914, infatti, scoppia la prima guerra mondiale e il giovane Chevalier, spedito al fronte, viene ferito e catturato dai tedeschi che lo rinchiudono nel campo di prigionia d’Alten Grabow. Mistinguett si fa in quattro per recuperarlo. Muove le sue conoscenze, implora vecchi e nuovi spasimanti, chiede aiuto alla nobiltà europea finché riesce a farlo liberare e a riportarlo a Parigi. Dal 1916 i due riprendono il discorso artistico che si era interrotto due anni prima. I critici li applaudono come «…la miglior espressione della modernità nello spettacolo di rivista francese…». Niente però è eterno. All’apice del trionfo la coppia si rompe. Il giovane Maurice Chevalier se ne va. La fine della storia d’amore lascia un segno indelebile sulla vita di Mistinguett e ispira la canzone Mon homme, uno dei suoi più grandi successi. Anni dopo spiegherà con una punta di veleno che la passione non si è mai definitivamente spenta: «La presenza di Maurice Chevalier non mi ha mai dato moltissimo, ma la sua assenza ha caratterizzato il resto della mia vita…». Anche il cinema s’accorge di lei. Interpreta una decina di film, tutti muti tranne “Rigolboche” del 1936, l’unico sonoro. Per lei scrivono i migliori autori del periodo, compreso l’italiano Bixio che compone le musiche per la rivista “Paris qui brille”. Anno dopo anno però il tempo passa inesorabile e per la donna è sempre più difficile mantenere il proprio nome scritto in grande sui manifesti dei teatri. Nel 1949, a settantaquattro anni, mette in scena la sua ultima rivista, “Paris s’amuse”. Alla fine delle repliche decide che è tempo di chiudere definitivamente. Nel 1954 dà alle stampe la sua autobiografia intitolata “Tutta la mia vita”, ma lontano dal palcoscenico e dal pubblico finisce per ammalarsi. Muore sola il 5 gennaio 1956.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".