Home C'era una volta Nick La Rocca, la ODJB e la verità di Dio

Nick La Rocca, la ODJB e la verità di Dio

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Il 22 febbraio 1961 muore Nick La Rocca. Cornettista molto dotato dal fraseggio stringato e dalla sonorità robusta, limpida e incisiva esercita una notevole influenza sui cornettisti della sua epoca. Bix Beiderbecke, Paul Mares, Phil Napoleon e Red Nichols sostengono di essersi ispirati a lui. È una figura importante nella storia del jazz.

Figlio di un calzolaio siciliano

La morte lo coglie a New Orleans, in Louisiana, la città nella quale è nato l’11 aprile 1889. Registrato all’anagrafe con il nome di Dominic James La Rocca è figlio di Gerolamo, un calzolaio siciliano arrivato a New Orleans nel 1876 da Salaparuta, in provincia di Trapani. L’uomo prima di lasciare la Sicilia per cercare fortuna dall’altra parte dell’oceano era stato caporale trombettiere dei bersaglieri di Lamarmora. A New Orleans scopre di poter arrotondare le entrate del suo mestiere di calzolaio suonando la cornetta in occasione di feste, balli e altri eventi sociali. Guardando suo padre Nick impara a suonare la cornetta e nel 1905 insieme al violinista Henry Young dà vita a una band di adolescenti molto apprezzata. Nel 1911 suona con le orchestre del chitarrista Dominic Barroca, del trombettista Bill Gallity e dei fratelli Brunis. Dal 1912 al 1916 suona regolarmente nelle reliance bands di Papa Jack Laine. Nel mese di marzo del 1916 parte per Chicago con la Stein’s Dixie Jass Band, il gruppo del batterista Johnny Stein. Meno di due mesi dopo, una lite furibonda spacca il gruppo e Nick La Rocca, sostenuto dal trombonista Eddie Edwards, dal clarinettista Alcide Nuñez e dal pianista Harry Ragas, diventa leader dell’orchestra che, con l’entrata in formazione del giovanissimo batterista Tony Sbarbaro, cambia nome in Original Dixie Land Jass Band. In quel periodo la ODJB incide quelli che resteranno nella storia come i primi dischi di jazz registrati.

Una battaglia di principio: sono stato il primo a suonare jazz

Nel 1925 La Rocca, colpito da una grave forma di esaurimento nervoso, scioglie il gruppo e torna a New Orleans. Per alcuni anni lascia anche la musica e si dedica all’attività di appaltatore edile. Nel luglio del 1936 la ODJB risorge dalle sue ceneri e inaspettatamente torna al successo. La nuova avventura dura poco perché nel febbraio del 1938 La Rocca la scioglie una seconda volta, questa volta definitivamente. Per lui inizia una nova battaglia. Convinto del fatto che era stata la sua ODJB a varcare per prima la sottile linea di demarcazione tra il ragtime e il jazz propriamente detto, quando la critica più tardi gli nega quella priorità, si sente defraudato e passa gli ultimi anni della sua vita a raccogliere prove e documenti a dimostrazione di quella che lui chiamava “la verità di Dio”: che, cioè, la ODJB suonava il jazz quando gli altri a New Orleans suonavano ragtime o comunque musica diversa dalla sua. Questa battaglia per lui diventa quasi un’ossessione. Pur essendo ammalato di cuore gira per gli Stati Uniti a raccogliere prove per dimostrare la sua tesi tra l’indifferenza generale. La critica dell’epoca non si appassiona alla questione e snobba la sua febbrile ricerca di documenti che possano provare la primogenitura della sua orchestra. L’indifferenza dell’ambiente contribuisce ad amareggiargli gli ultimi anni di vita. Per lui è una questione fondamentale e pian piano la sua insistenza e la documentazione raccolta finiscono per rompere il silenzio. Nel 1960, un anno prima della sua morte, viene pubblicato un libro su di lui che rende giustizia alle sue rivendicazioni. Progressivamente si allarga anche il numero dei critici che guardano alla sua battaglia con simpatia e partecipazione. Il cambiamento di clima generale lo porta a mitigare i suoi risentimenti, ma il suo cuore ammalato non ce la fa più.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".