Home C'era una volta Ozzy Osbourne assolto. “Suicide solution” non ha istigato al suicidio

Ozzy Osbourne assolto. “Suicide solution” non ha istigato al suicidio

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Il 19 dicembre 1986 il giudice John L. Cole mette la parola fine a una causa intentata dai genitori del diciannovenne John McCollum, suicidatosi nel gennaio dello stesso anno, contro Ozzy Osbourne e la sua casa discografica.

Una musica demoniaca e corruttrice

La vicenda si inquadra nella ossessiva campagna condotta con grande dispiegamento mediatico negli anni Ottanta contro la musica rock ritenuta “demoniaca” e “corruttrice della sana gioventù americana”. Il procedimento contro uno dei più discussi esponenti dell’hard rock e dell’heavy metal dovrebbe aprire la strada a una sostanziale censura nei confronti dei testi ritenuti “pericolosi”. Il presupposto su cui si basa è insidioso. Infatti, secondo la tesi dei genitori, il ragazzo si sarebbe ucciso perché suggestionato dal brano Suicide solution di Osbourne.

Nessuno può essere perseguito per una creazione artistica

Da qui nasce una vicenda giudiziaria che ha come apparente elemento centrale la richiesta di un risarcimento, ma che invece tende a introdurre la possibilità del sequestro di brani potenzialmente “corruttori”. L’iniziativa, sostenuta dai media conservatori, è insidiosa perché punta a dividere l’opinione pubblica contraria alla censura costringendola a schierarsi al fianco di un personaggio ambiguo come Ozzy Osbourne, i cui brani fanno spesso a pugni con i princìpi del pluralismo e della tolleranza. La critica progressista, però, non cade nella trappola: non rinuncia a criticare testi, canzoni e atteggiamenti di Osbourne ma, contestualmente, ne difende la libertà d’espressione. La sentenza chiude la querelle rigettando il ricorso perché «nessuno può essere perseguito per una propria creazione artistica».

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".