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Quel rinnegato di Bob Dylan

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Il concerto di Bob Dylan è, senza ombra di dubbio, l’evento più atteso dell’edizione del 1965 del Festival Folk di Newport che due anni prima lo aveva indicato al mondo come il profeta-cantore di una nuova rivoluzione giovanile. Bob Dylan, però, non è più quello del 1963.

Un solco profondo tra lui e i puristi

È andato varie volte in Inghilterra, ha avuto una lunga serie di incontri e scambi artistici con i protagonisti della scena musicale inglese e si è ormai fatta strada in lui l’idea di abbandonare le sonorità acustiche del folk per dare nuova linfa alle sue composizioni. Nei primi mesi del 1965 è nato l’album Higway 61 Revisited, una esplosiva miscela di rock e blues che ha, però, scavato un solco profondo tra Dylan e i “puristi” del folk. La sua decisione di accettare l’invito del Festival Folk di Newport sembra preludere a un ripensamento critico nei confronti delle sue ultime scelte, ma c’è chi lo aspetta al varco per fargli pagare caro quello che considera un “tradimento”. Il 25 luglio 1965, quando appare sul palco accompagnato dalla Paul Butterfield Blues Band tutti capiscono che Dylan ha deciso di tirare dritto.

Rinnegato!

Fin dalle prime note elettriche il pubblico si divide a metà: da una parte quelli che urlano, schiamazzano e lo chiamano “rinnegato”, dall’altra chi si appassiona alla trascinante carica delle nuove sonorità. Il cantautore, sordo alle contestazioni, mostra una grinta insospettabile, ben sostenuta dalla band di Paul Butterfield, che schiera musicisti di tutto rispetto come Elvin Bishop, Mike Bloomfield e Al Kooper  L’atteggiamento infastidisce ulteriormente i suoi detrattori che iniziano a premere sulle transenne. Alcuni esagitati tentano anche di salire sul palco e vengono respinti a stento dal servizio d’ordine. Dylan sembra non vedere e non sentire nulla. Snocciola, una dopo l’altra le sue canzoni e, orrore!, anche quelle vecchie e più conosciute vengono presentate in una nuova versione elettrica, mentre nel pubblico continuano le discussioni e le minacce di scontro fisico tra chi lo invita a smettere e chi lo incita ad andare avanti. Come spesso accade, nessuno si rende conto di vivere un evento fondamentale della storia del rock. Quel concerto, infatti, verrà ricordato negli anni, oltre che come una grande innovazione delle sonorità del folk statunitense. Avrà anche un nome: folk rock, capace di salvare capra e cavoli (la capra della tradizione e i cavoli dell’innovazione).

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".