Home C'era una volta Rick Wakeman, lo stregone delle tastiere

Rick Wakeman, lo stregone delle tastiere

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Il 18 maggio 1949 a Perivale in Gran Bretagna nasce Rick Wakeman, figlio d’arte (suo padre è Cyril Wakeman, il pianista della Ted Heath’s Big Band), inizia a studiare e a usare i tasti bianchi e neri del pianoforte fin dall’età di quattro anni. A diciassette si diploma al Royal College of Music e, poco tempo dopo, ottiene anche il dottorato. Tastierista ben strutturato, tra il 1967 e il 1968 inizia a lavorare come sessionman per artisti come Cat Stevens o i T. Rex e nel maggio del 1969 partecipa alla registrazione di ‘Space oddity’, il primo album di David Bowie. Nell’estate dello stesso anno in un pub londinese incontra Dave Cousins, il leader degli Strawbs che lo invita a far parte della sua band. Lui inizialmente prende tempo e per un po’ il suo apporto si limita a una sorta di partecipazione speciale alle registrazioni dell’album Dragonfly, il secondo della band.

Dagli Strawbs agli Yes

Nell’aprile del 1970 decide che è venuto il tempo di cambiare la sua vita: entra a far parte ufficialmente degli Strawbs e si sposa con Evelyn. Il matrimonio viene celebrato proprio qualche giorno prima di partire in tour con la sua nuova band. Gli Strawbs acquisiscono così un nuovo tastierista con moglie al seguito ma non si lamentano troppo. L’11 luglio il loro concerto alla Queen Elizabeth Hall di Londra ottiene un successo strepitoso e qualche tempo dopo viene pubblicato nell’album Just a collection of antiques and curious cui segue, nel 1971 l’album From the witchwood. Nell’estate del 1971 quando Tony Kaye, il tastierista degli Yes, lascia i compagni per fondare i Badger, il bassista nonché cofondatore del gruppo Chris Squire chiede a proprio Wakeman a sostituirlo. Il buon Rick accetta. Con gli Yes costruisce il suo mito. Trincerato dietro la sua pila di tastiere, tra cui un organo Hammond, un sintetizzatore Moog, un pianoforte Rhodes e un Mellotron, Wakeman, con i suoi lunghi capelli biondi e il mantello svolazzante diventa una sorta di “stregone delle tastiere”‘ e uno dei personaggi più emblematici della capacità del “progressive” degli anni Settanta di fondere senza imbarazzi tutte le correnti musicali che l’hanno preceduto.

Il miglior tastierista del mondo continua da solo

Il 18 gennaio 1974, da poco premiato dalla critica come “miglior tastierista rock del mondo” si esibisce alla Royal Festival Hall di Londra in una performance straordinaria. Accompagnato dalla London Simphony Orchestra e dall’English Chamber Choir, diretti da David Measham, con la voce narrante dell’attore David Hemmings, esegue la sua opera Journey to the centre of the earth, una sinfonia per tastiere, sintetizzatori, orchestra, coro e voce narrante. Il concerto suscita entusiasmi decisamente eccessivi che finiscono per lasciare perplesso anche lo stesso Rick Wakeman. Qualche critico saluta addirittura la nascita di un nuovo genere che viene provvisoriamente battezzato “rock sinfonico”. Il fervore di dover per forza etichettare tutto irrita però il carismatico tastierista, che replica a muso duro. «Sono tutte stupidaggini. La musica è musica e basta. I generi, le etichette, come le mode, sono soltanto una sciocca invenzione. Come si fa a dire che io sono un tastierista rock? Che cosa vuol dire? Che cos’è il rock? Ho iniziato a studiare pianoforte a quattro anni sotto la guida di mio padre e a diciassette mi sono diplomato al Royal College of Music. Successivamente ho ottenuto il dottorato, anche se non mi faccio chiamare professore. Mi piace la musica, tutta la musica che riesce a esprimere sentimenti ed emozioni. Sono rock per questo? O forse sono sinfonico? Ma che cosa vuol dire? Che senso ha tutta questa necessità di dare etichette alla musica?». Le sue dichiarazioni gli fanno guadagnare il rispetto di gran parte dei musicisti ma indispettiscono soprattutto i critici. La sua scelta di lasciare gli Yes non gli impedirà negli anni successivi di partecipare a vari ritorni del gruppo.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".