Home C'era una volta Sarah Vaughan, la Divina se ne va

Sarah Vaughan, la Divina se ne va

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Il 3 aprile 1990 muore, all’età di sessantaquattro anni, Sarah Vaughan, una delle più grandi cantanti jazz del mondo, soprannominata “The Divine” (La Divina). Solo l’anno prima aveva ricevuto il prestigioso riconoscimento del Grammy Award alla carriera.

Figlia di un falegname e una corista gospel

Nata il 27 marzo 1924 a Newark, nel New Jersey, a differenza di molti altri suoi colleghi jazzisti, non ha alle spalle un’esistenza tormentata o problematica, se si eccettuano i normali alti e bassi che caratterizzano un po’ la vita di tutti gli artisti. Suo padre è un falegname che si diletta a esibirsi nel tempo libero come chitarrista blues, mentre la madre è corista di gospel nella chiesa del quartiere. Proprio quest’ultima la porta con sé fin da piccola e le insegna a cantare. In breve tempo diventa la beniamina del quartiere, ma la madre ha in mente altri progetti per lei. Sogna una figlia concertista classica e la iscrive a un corso di pianoforte. La giovane Sarah non ama la musica colta. Preferisce frequentare la compagnia dei suoi coetanei che strimpellano in improvvisati complessini jazz e, a diciott’anni, all’insaputa dei genitori si iscrive a un concorso per giovani talenti che si svolge nel famoso Apollo Theatre di Harlem. Qui la sua esibizione attira l’attenzione di Billy Eckstine, il cantante della Big Band di Earl Hines che parla con toni entusiastici della ragazza al leader dell’orchestra.

Uno stile unico

Qualche tempo dopo il grande Hines la invita a entrare nella sua formazione come cantante e seconda pianista. Sarah accetta. In quel periodo il mondo del jazz è attraversato dalla forte ventata innovativa del be-bop. La cantante, affascinata dai “boppers” vive una lunga serie di esperienze artistiche al fianco di musicisti come Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Benny Green, Wardell Gray e Little Benny Harris. Gelosa della sua indipendenza, Sarah Vaughan chiusa nel 1944 l’esperienza orchestrale con Eckstine, che ha ereditato la formazione di Hines, non accetterà più di avere un ruolo subordinato. Farà uno strappo alla regola soltanto nel 1945 quando per un paio di mesi si unirà alla band di John Kirby. Nel corso della sua carriera lavora con quasi tutti i grandi del jazz, da Miles Davis a Oscar Peterson, a Leonard Feather, Stuff Smith, Count Basie, Cannonball Adderley e tanti altri. Il suo stile è unico: impostato su un fraseggio ricco di articolazioni sofisticate tende a riprodurre gli stili solistici dei grandi musicisti. La sua morte priva il jazz di una delle più originali e brillanti interpreti del jazz del dopoguerra.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".