Home Green in Action Tonno Mareblu, Greenpeace in azione contro la pesca distruttiva

Tonno Mareblu, Greenpeace in azione contro la pesca distruttiva

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Greenpeace mareblu

La nave di Greenpeace “Esperanza” è entrata in azione questa mattina nell’Oceano Indiano contro l’Explorer II, nave di appoggio della flotta che rifornisce abitualmente Thai Union, leader globale del tonno in scatola, in Italia presente con il marchio Mareblu.

Greenpeace in azione contro Mareblu e Thai Union

Si tratta dell’ultima protesta pacifica dell’organizzazione ambientalista che in questi giorni è entrata in azione a livello globale, dalla Tailandia alla Francia all’Oceano Indiano, per denunciare le pratiche di pesca distruttiva del colosso tailandese e che era già sul piede di guerra contro i FAD, ovvero gli oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno, ma anche specie minacciate come tartarughe marine, squali balena e altri pesci che regolarmente finiscono in queste reti in modo accidentale.

Activists on board the Greenpeace ship Esperanza peacefully confront marine operations at the heart of Thai Union’s supply chain, the latest in a series of global protests against the tuna giant’s destructive fishing practices. At 06.00 local time, activists in inflatable boats deliver a cease and desist letter to the deck of the Explorer II, a supply vessel using an underwater seamount to perch on and contribute to massive depletion of ocean life.
Activists on board the Greenpeace ship Esperanza.

Alle 5 e 30 ora locale, nove attivisti a bordo di alcuni gommoni si sono avvicinati all’Explorer II, abitualmente ancorata su una secca in mezzo all’oceano, e visibile a miglia di distanza. Questa nave di appoggio, di proprietà di Albacora Group, sembrerebbe infatti utilizzare delle luci per attrarre pesci che sono poi catturati da grandi pescherecci industriali. Si tratta di una pratica controversa che favorisce la pesca eccessiva. Dopo aver consegnato una lettera per chiedere al comandante di fermare questa pratica distruttiva, gli attivisti di Greenpeace hanno impiegato degli spray per oscurare le luci. La nave “Esperanza” è ancora impegnata nello scortare l’Explorer II in navigazione verso terra.

«Thai Union utilizza metodi di pesca distruttivi e oggi siamo entrati in azione proprio sul suo luogo di pesca», dichiara Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia. «Ma la nostra protesta non si ferma nell’Oceano Indiano. Dal mare agli scaffali dei supermercati, centinaia di migliaia di persone continuano a chiedere a Thai Union, e in Italia a Mareblu, di non distruggere più i nostri mari e impegnarsi per una pesca sostenibile ed equa».

Activists on board the Greenpeace ship Esperanza peacefully confront marine operations at the heart of Thai Union’s supply chain, the latest in a series of global protests against the tuna giant’s destructive fishing practices. At 06.00 local time, activists in inflatable boats deliver a cease and desist letter to the deck of the Explorer II, a supply vessel using an underwater seamount to perch on and contribute to massive depletion of ocean life.

Quella di oggi è solo l’ultima di una serie di azioni organizzate in tutto il mondo da Greenpeace nelle ultime settimane per protestare pacificamente contro i metodi di pesca distruttivi di Thai Union. Lo scorso fine settimana centinaia di volontari di Greenpeace sono entrati in azione anche in Italia nei supermercati per spostare le scatolette di tonno Mareblu, marchio italiano di di Thai Union, lasciando gli scaffali vuoti, come vuoto rischia di diventare il mare, senza più pesci a causa della pesca eccessiva. Lunedì, invece, in Francia 25 attivisti di Greenpeace hanno bloccato la fabbrica di tonno in scatola di Petit Navire a Douarnenez, in Bretagna, di proprietà di Thai Union.

Oltre 400 mila persone in tutto il mondo hanno chiesto con Greenpeace a Thai Union di diventare leader anche nella pesca sostenibile e di migliorare le politiche di tutela dei diritti dei lavoratori. Il colosso tailandese nei mesi scorsi è stato al centro di alcuni scandali di violazione dei diritti dei lavoratori lungo le sue filiere produttive. In Italia oltre 80 mila persone hanno scritto a Mareblu su tonnointrappola.it.