Home C'era una volta Albert King, il miglior mancino prima di Hendrix

Albert King, il miglior mancino prima di Hendrix

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Il 21 dicembre 1992 muore a Memphis, nel Tennessee, il bluesman Albert King. Ha sessantanove anni e uno stile, unico, che non lascia eredi diretti. Del suo lavoro restano registrazioni che testimoniano di una voce singolare, personalissima e ispirata alle tecniche degli shouters, i cantastorie da strada del blues. I solchi dei suoi dischi raccontano anche di un chitarrista mancino dalle caratteristiche note “tenute”.

I suoi maestri sono i musicisti itineranti

Albert Nelson, questo è il suo vero nome, nasce il 25 marzo 1923 a Indianola, nel Mississippi. È un ragazzino quando impara a suonare la chitarra dai musicisti itineranti che percorrono le strade del suo paese. In quel periodo impara ad amare il blues tanto da farne la sua vita. Negli anni della “grande depressione” la sua famiglia finisce, come molte altre, nel grande fiume dei disoccupati che migrano all’interno degli Stati Uniti alla ricerca di un lavoro. Adolescente si ritrova così catapultato a Forest City nell’Arkansas, con il cuore gonfio di rimpianto e di nostalgia per i suoi amici e per la città natale. Quando capisce di non poterne più prende la chitarra e se ne va. Come i grandi interpreti del blues rurale d’inizio secolo vagabonda a lungo per le strade degli States adattandosi a mille lavori precari e suonando in piccoli locali in cambio di qualche pasto. Entra anche a far parte degli Harmony Kings, un gruppo gospel che ha più facilità a trovare scritture, e impara a suonare la batteria per allargare le possibilità di lavoro.

Per un paio d’anni fa anche il batterista

Nel 1951 cambia il suo nome in Albert King in omaggio a B.B. King, il suo artista preferito. Nel frattempo il giro delle sue conoscenze si allarga e un paio d’anni dopo suona la batteria per Eddie Taylor e Jimmy Reed. Sempre nel 1953 si guadagna anche il primo contratto discografico, con la Chess, e incide vari singoli che passano inosservati e che verranno poi raccolti, in epoca successiva, nell’album Door to door. Il primo successo discografico arriva quasi dieci anni dopo, nel 1962, con Don’t throw your love on me so strong. Nel 1966 si ritrova nella grande famiglia della Stax, una delle case discografiche protagoniste del boom della musica nera, e inizia a scalare le classifiche di vendita. Dopo la sua morte la critica ne esalterà la tecnica chitarristica, attribuendogli il titolo, postumo, di “miglior mancino prima di Jimi Hendrix”.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".