Home C'era una volta Blind Gary Davis, la spiritualità nel blues

Blind Gary Davis, la spiritualità nel blues

SHARE

Il 30 aprile 1896 nei pressi di Clinton, in South Carolina nasce il bluesman Blind Gary Davis. Persa la vista in seguito a un’ulcera oculare che lo colpisce qualche mese dopo la nascita inizia molto presto la sua attività di suonatore di strada come armonicista, chitarrista e banjoista.

La folgorazione religiosa

Come tanti altri bluesmen dell’epoca per molti anni suona sia per strada che nelle feste talvolta come solista, talvolta con una string band di cui fa parte anche Willie Walker. Intenzionato a percorrere strade nuove Davis propone un blues orientato al recupero del gospel. La sua ricerca si stabilizza quando incontra Blind Boy Fuller, con il quale negli anni Trenta stabilisce un sodalizio molto efficace. Nel 1933 viene ordinato pastore battista. Questa scelta accentua in lui il processo sincronico fra blues e gospel, facilitato da una emissione vocale molto particolare che gli consente di comunicare con maggiore intensità con le folle di fedeli che lo ascoltano nelle chiese delle regioni del sud, e poi ad Harlem, nel ghetto di New York, dove Blind Davis reca il conforto di una parola poetica densa e profonda che dal quartiere dei neri si diffonde presso le comunità emarginate del Bronx e di Brooklyn.

Il cuore non regge

La svolta stilistica gli apre le porte delle case discografiche e dei Festival più prestigiosi. Con il passare degli anni la saluto però non lo sostiene. Colto da un malore viene ricoverato in ospedale nell’ottobre del 1971. Davis riesce a riprendersi e a partecipare a un concerto a Northport, nel Long Island, prima che, alla fine di aprile del 1972, una nuova crisi cardiaca lo blocchi per sempre. Muore a Hammonton il 5 maggio 1972. Con lui il mondo del blues perde uno dei personaggi più sensibili e fascinosi, che sapeva trasfondere una forte carica umana e un rilevante potenziale di religiosità nelle sue esibizioni.

 

 

Previous articleBanane, usi e rimedi naturali
Next articleBeltane, la fine del freddo
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".