Home C'era una volta Carlo Sola, da tamburino a batterista

Carlo Sola, da tamburino a batterista

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Il 31 gennaio 1933 nasce a Torino il batterista jazz Carlo Sola. Figlio d’arte a nove anni è già impegnato negli studi musicali che culmineranno con l’iscrizione ai corsi di contrabbasso nel conservatorio della sua città natale.

La batteria, amore a prima vista

Basta una breve esperienza come tamburino nella fanfara della scuola per farlo innamorare della batteria. Dopo la Liberazione trova la sua prima scrittura come batterista in un’orchestra da ballo e nel 1946 se ne va a zonzo per l’Europa intenzionato a fare esperienza. Quando rientra in Italia viene scritturato dall’orchestra di Gaetano Gimelli. Proprio in occasione di una breve tournée del gruppo in Germania assiste a Garmisch all’esibizione di Louis Armstrong con i suoi All Stars e diventa amico di Cozy Cole, uno dei più importanti batteristi di quel periodo. Deciso a seguirne le orme, Carlo Sola decide di mollare tutto e andarsene a New York dove frequenta la scuola gestita dallo stesso Cole. Gli è tutor e maestro, in quel periodo, un altro personaggio di spicco del jazz statunitense come Stan Levey. Quando torna a Torino riprende a suonare con i Jazz at Kansas City cui segue, nel 1954, un’intensa esperienza con OKB di Nini Rosso.

Non si può vivere di jazz

La sua costante crescita tecnica e artistica trova molti estimatori soprattutto tra i personaggi che più di altri stanno tentando di rinnovare il jazz italiano. C’è però il problema che in quel periodo non si può vivere di solo jazz. Il genere non è ricco e non può garantire la sopravvivenza economica. Per questa ragione la sua attività si sviluppa su due binari: da un lato ingaggi sicuri e remunerati con orchestre stabili e dall’altro una lunga serie di collaborazioni importanti. Per quel che riguarda la soluzione dei problemi economici, dopo aver fatto parte dell’orchestra jazz di Armando Trovajoli, nel 1962 entra stabilmente nell’Orchestra della Rai di Milano. Proprio negli anni Sessanta la sua attività jazzistica si fa intensa e a partire dal 1969 le sue collaborazioni si fanno più stabili. Non rinuncia, però, a qualche esperienza free lance con vari musicisti stranieri di prestigio come Slide Hampton, Dexter Gordon, Don Byas, Bud Freeman, Art Farmer, Teddy Wilson, Dizzy Reece, Charlie Mariano, Lionel Hampton, Joe Venuti, Chet Baker e John Lewis, solo per citare i più importanti. Il suo impegno musicale si unisce talvolta a quello politico e sociale, come quando registra con Enrico Intra i brani Nuova civiltà e To the victims of Vietnam, due tra le sue migliori incisioni. Muore ad Alessandria nel 2012.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".