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Climate change, dalle Alpi a Mediterraneo effetti devastanti

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«Il riscaldamento che stiamo vivendo è realmente globale, perché interessa il 98% della superficie terrestre, ma non tutte le zone hanno una stessa intensità di surriscaldamento». Comincia con le parole della dr.ssa Elisa Palazzi, climatologa presso l’Università di Torino, il webinar organizzato dall’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia “Dalle Alpi al Mediterraneo, come impatta il cambiamento climatico”. L’evento, moderato dal direttore dell’Agenzia ItaliaMeteo Carlo Cacciamani, ha visto come protagonisti oltre alla professoressa Palazzi, il professor Piero Lionello climatologo dell’Università del Salento e Antonello Pasini, climatologo e ricercatore del CNR.

«Le montagne sono le prime sentinelle dei cambiamenti climatici – spiega la professoressa Palazzi – e anche le nostre Alpi ne sono colpite. La diminuzione delle aree bianche delle montagne, come appunto quelle dei ghiacciai, porta ad una maggior esposizione del terreno all’assorbimento del calore e questo genera un’amplificazione del fenomeno del surriscaldamento in quella zona. Tutto questo avrà effetti significativi sui servizi e i benefici ecosistemici, sulla qualità e la quantità di acqua disponibile, sulla produzione di cibo e sulla crescita economica».

Altra zona particolarmente esposta ai cambiamenti climatici è quella del Mar Mediterraneo, come sottolinea il professor Lionello: «Abbondanza di precipitazione, ondate di calore, scarsezza di risorse idriche e incendi sono tutti fenomeni che nascono dai cambiamenti climatici subiti dall’area del Mediterraneo. Questi effetti possono essere contenuti con un corretto adattamento ai cambiamenti climatici, ma è necessario intervenire prima che sia troppo tardi».

«L’inverno appena trascorso è stato estremamente secco – continua la dr.ssa Palazzi – molte risorse idriche sono già esaurite, la neve caduta durante l’inverno è già evaporata. Il progressivo scongelamento del permafrost delle nostre Alpi causa frane e smottamenti. Non solo, l’alterazione degli ecosistemi genera la perdita della biodiversità e la migrazione di piante e animali verso condizioni di vita migliori, sempre più in alto”.

Sul tema del rischio si è centrato poi l’intervento del ricercatore Antonello Pasini: «Non esiste solo il rischio del cambiamento climatico, esistono altri fattori», ha precisato. «Anzitutto il rischio dipende dagli ambienti su cui impatta il cambiamento climatico. Se la società è più fragile, il disastro sarà maggiore. Il rischio dei cambiamenti climatici, infatti, dipende sostanzialmente da tre fattori, la pericolosità dovuta agli eventi meteo-climatici, la vulnerabilità del territorio e l’esposizione dei nostri beni. Il nostro obiettivo deve essere quello di diminuire il valore di questi tre fattori se vogliamo diminuire il rischio». Importanti da questo punto di vista sono i dati raccolti dall’IRPI: «Nell’ultimo cinquantennio in Italia per frane e inondazioni abbiamo avuto in Italia più di 1.630 morti. Tutte le regioni e tutte le provincie sono state colpite il che vuol dire che tutto il territorio italiano è ad alto rischio».

Un impatto evidente dei cambiamenti climatici lo abbiamo soprattutto sul mare: «Il livello del Mediterraneo è aumentato di un po’ più di un millimetro all’anno e il processo è in accelerazione dalle ultime decadi del secolo scorso» spiega il professor Lionello. «L’effetto principale di tutto questo è l’erosione costiera, basti pensare a Venezia e alla sua acqua alta. Il livello del mare continuerà ad aumentare se non si metteranno in atto delle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici. Servono infatti nuove strategie per combattere il cambiamento climatico», continua il climatologo «perché è forte il rischio che le attuali strategie non siano già più adeguate, se si vuole veramente mettere in campo un’azione che garantisca il futuro al nostro pianeta. Bisogna tenere conto dei costi e dell’efficacia delle singole azioni possibili. Ciò che conta è trovare le soluzioni più adatte per le singole situazioni».

Nonostante tutto, non dobbiamo mai cedere alla disperazione: «è importante capire che ci sono limiti alle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici. – conclude il dr. Lionello – Il mare è sempre più caldo e il rischio è di assistere alla scomparsa delle barriere coralline. Il cambiamento di temperatura deve essere contenuto entro i due gradi, ma dobbiamo tutti percepire l’urgenza della necessità di un’azione».

«C’è una buona notizia. – specifica il dr. PasiniI recenti cambiamenti climatici sono stati causati dall’uomo, quindi è ancora possibile un intervento sia di mitigazione che di contenimento. Sappiamo cosa fare, ora dobbiamo farlo». «Proviamo a pensarci come agenti del cambiamento positivo. – conclude la professoressa PalazziIl cambiamento non è per forza detrattivo, cambiare in questo caso vuol dire agire un cambiamento positivo, a partire dalle nostre città che devono essere più sostenibili e a basse emissioni. Proviamo a fare le cose che rendono migliore l’ambiente in cui viviamo e sicuramente staremo meglio anche noi, aprendo la strada a un futuro di benessere».