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Coltivatori di emozioni, social farming al femminile

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“Riconoscere il ruolo chiave delle donne rurali per promuovere lo sviluppo rurale e agricolo, contribuendo alla sicurezza alimentare e allo sradicamento della povertà rurale”. Questa è la motivazione con cui nel 2007 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di istituire La Giornata internazionale delle donne rurali. Una ricorrenza, festeggiata ogni 15 ottobre, che la prima piattaforma italiana di social farming, Coltivatori di Emozioni, vuole celebrare attraverso l’esempio di alcune tra le agricoltrici che compongono la sua rete nazionale.
Sono più di 200.000 imprese agricole italiane gestite da donne (il 28,5% del totale delle imprese attive). Le imprenditrici dell’agricoltura si stanno facendo largo, puntando sulla valorizzazione dei propri territori e delle colture locali e sperimentando nuove forme di fare e raccontare l’agricoltura attraverso innovazione, responsabilità sociale e sostenibilità. In questo scenario cresce Coltivatori di Emozioni, rete nazionale che, attraverso il sistema di adozione a distanza di agricoltori, promuove “le artigiane e gli artigiani della terra”.
Gabriella Piras aveva un sogno: “produrre vino, farlo bene, coltivando con passione la nostra terra”. Dal 2000, nel cuore delle colline del canavese a Mazzè, provincia di Torino, questo sogno ha preso forma: 12 ettari in purezza di Erbaluce, “vitigno leggendario”, per la luminosità e il colore dei suoi acini. L’Oro del Canavese, il prezioso Caluso Passito DUS, è il suo fiore all’occhiello. Una unione tra metodi biologici di coltivazione e sensibilità sociale che ha trasformato l’azienda in un punto di riferimento per l’intera comunità circostante. Oltre a essere una fattoria didattica e accogliere come scuola-lavoro i ragazzi extracomunitari del centro di smistamento di Settimo Torinese, da settembre Gabriella è entrata a far parte del circuito delle scuole Senza zaino, creando una scuola parentale all’interno dell’azienda: “è un approccio scolastico che mette al centro il bambino, in cui la crescita e l’imparare passano attraverso l’esperienza più che la narrazione”.
Letizia Tiezzi di Castiglione del Lago in provincia di Perugia, si definisce “agricoltrice da sempre”, avendo preso in mano le redini dell’azienda familiare all’età di diciotto anni. Presidente CIA Trasimeno per 10 anni, Letizia continua a impegnarsi quotidianamente per promuovere e valorizzare il suo territorio e i prodotti locali. “Noi agricoltori siamo le sentinelle del territorio: creiamo un valore aggiunto di cui tutti possono godere e che dovrebbe avere sempre maggior tutela e considerazione. Ogni prodotto che troviamo a tavola racconta una storia fatta di impegno e passione per un mestiere che è condizionato anche dal cielo”. L’agricoltura è “agricultura” da tramandare. Così accanto all’olio, i legumi e le farine, Letizia ha deciso di dedicarsi alla coltivazione della fagiolina del Trasimeno: una leguminosa originaria del 300 a. C e rintracciabile unicamente intorno al Lago Trasimeno, ma di cui erano scomparse le tracce fino a 25 anni fa. Un prodotto tipico, con un disciplinare di produzione che sta cercando di ottenere il DOP.
Tina Castaldi è invece la viticoltrice di Pomarance, nel cuore della Maremma Toscana. Un podere in pietra e mattoni, risalente al 1947, che dal 2001 Tina ha deciso di far rivivere creando un’azienda agricola e un agriturismo. “Tornare in campagna è una scelta di vita che implica il dovere di preservare e tramandare un patrimonio ricco di storia, paesaggi, cultura ma anche di sostenere le persone che qui fanno agricoltura”. 70 ettari di campi e boschi, tutti a conduzione biologica, dove un piccolo vigneto, esposto a nord est, viene curato nel pieno rispetto delle tradizioni. Sangiovese in purezza, Canaiolo e Vermentino sotto la denominazione Montecastelli IGT che dal 2006 rappresenta una delle più importanti aree vitivinicole presenti in Toscana. Le agricoltrici del luogo hanno dato vita a una forte rete comunitaria che si è sviluppata nel borgo di Montecastelli: un centro di resistenza rurale in cui si continua a promuovere il valore e la genuinità di una vita di cooperazione.
“Volevamo dar voce alle donne e agli uomini della “terra bassa, di questo illustre mestiere fatto di antica bellezza”. Adottare una produzione agricola, attraverso la rete di Coltivatori di Emozioni, è uno strumento concreto che tutela le innumerevoli realtà dell’Italia rurale – afferma Paolo Galloso, CEO e fondatore della piattaforma di social farming – e genera un futuro attraverso il lavoro, lo sviluppo e l’integrazione. Dar risalto alla professionalità e alla passione delle donne attive nel settore agricolo è un imperativo prioritario sin dalla nascita del nostro progetto. Oggi, alla luce degli obiettivi sottoscritti dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, è un obbligo sociale e morale che acquista finalmente rilevanza mondiale”.