Il 16 gennaio 1924 nasce a Torino Ernesto Bonino, uno dei più acclamati esponenti di quel genere che viene chiamato “canzone sincopata”, una sorta di italianizzazione di uno stile mutuato dalle grandi orchestre jazz d’oltreoceano e che tende a unire la melodia della tradizione italiana alle suggestioni ritmiche dello “swing”.
Mister Swing
Proprio nei locali della sua città natale muove i primi passi come cantante nella seconda metà degli anni Trenta. Alla fine del 1940 viene scritturato dall’EIAR dopo un’audizione ottenuta grazie a un geniale scopritore di talenti come il maestro Carlo Prato, lo stesso cui si deve la scoperta e il lancio del Trio Lescano. Il 5 gennaio 1941 debutta ai microfoni radiofonici interpretando Tango argentino. Nello stesso anno ottiene il primo grande successo con Se fossi milionario, un brano composto da Calzia e Cram e registrato con l’accompagnamento dell’orchestra di Pippo Barzizza Seguono poi molti altri brani tra cui la popolarissima Maria Gilberta, Bambola, La famiglia canterina con il Trio Lescano e soprattutto Un giovanotto matto, il brano nato dal talento di Lelio Luttazzi e destinato a diventare una sorta di carta d’identità musicale del cantante. In quegli anni critici e pubblico gli regalano l’appellativo di “Mister Swing”. La sua capacità di muoversi con grande naturalezza nel territorio della “musica ritmica”, sempre sospeso tra jazz e tradizione non entusiasma solo il pubblico, ma gli vale la stima di quasi tutti i grandi maestri e i direttori delle orchestre più alla moda del periodo. Da Pippo Barzizza a Carlo Prato, da Gorni Kramer ad Alberto Semprini tutti apprezzano quel giovanotto capace di far divertire il pubblico con una voce che sembra nata per dare vigore alla struttura ritmica delle canzoni.
Studio e passione dietro l’apparente naturalezza
L’apparente naturalezza del suo modo di cantare rischia di far sottovalutare lo studio e la passione che ne hanno accompagnato l’intera carriera. Alla base della notevole qualità delle sue interpretazioni, infatti, c’è il desiderio costante di migliorarsi e l’amore per il jazz che l’accompagneranno in tutto il suo percorso musicale. Il suo successo è tale che nel 1942 può permettersi di rinunciare allo stipendio fisso dell’EIAR, per curare meglio la sua carriera di cantante. Per lungo tempo è accompagnato dall’orchestra di Alberto Semprini, anche se successivamente preferisce affidarsi alle cure di Pippo Barzizza. All’inizio degli anni Cinquanta si trasferisce negli Stati Uniti dove resta, con varie interruzioni, fino al 1958 affermandosi come interprete dei “classici” del jazz esibendosi nei più importanti locali di New York, Chicago e Miami. Nel 1962 si piazza al terzo posto al Festival di Sanremo interpretando Gondolì gondolà in coppia con Sergio Bruni. Gli ultimi anni della sua vita lo vedono in estrema difficoltà. Persa la voce in seguito a un’operazione, riesce a sopravvivere grazie a un vitalizio concesso dallo stato italiano. Muore il 28 aprile 2008 a Milano.