Home C'era una volta Fairport Convention, i menestrelli elettrici del folk-revival

Fairport Convention, i menestrelli elettrici del folk-revival

SHARE

Il 7 novembre 1967 un gruppo sconosciuto pubblica il suo primo singolo che, pur non suscitando grandi entusiasmi tra il pubblico, è destinato ad attirare l’attenzione dei critici. Il disco in questione è If I had a ribbon bow dei Fairport Convention, una band che sembra voler riproporre gli antichi suoni della tradizione britannica pur utilizzando una modernissima strumentazione elettrica.

Un inizio che lascia presagire un grande futuro

I ragazzi non sono ancora al meglio, la ricerca musicale appare ancora grezza e un po’ forzata, ma nelle sonorità proposte dalla sua prima fatica discografica sono già presenti gli elementi che di lì a qualche anno faranno di loro i più autorevoli protagonisti del momento magico del folk-revival britannico. La formazione, instabile e più tesa a trovare una propria identità stilistica che a curare la produzione, è composta dai cantanti Judy Dyble e Ian Matthews, dai chitarristi Richard Thompson e Simon Nicol, dal bassista Ashley Hutchings e dal batterista Martin Lamble. L’anno dopo la Dyble se ne va e viene sostituita da Sandy Denny, una cantante dalla voce cristallina. La ricerca del gruppo si orienta decisamente verso il passato. Il più convinto assertore della necessità di attingere direttamente e senza mediazioni al patrimonio popolare è il bassista Hutchings, ma decisivo per la definizione più compiuta della linea stilistica è l’arrivo del violinista e mandolinista Dave Swarbrick. Il suo apporto si rivela fondamentale nella realizzazione di Liege and lief, l’album pubblicato nel 1969 che viene universalmente considerato come l’atto di nascita del folk-revival britannico. La voce di Sandy Denny e il violino di Swarb la fanno da padroni. Il grande successo commerciale arriva inaspettato e rischia di compromettere la stabilità della band. I concerti, i dischi, le pubbliche relazioni e tutti gli obblighi che derivano dalla popolarità vanno stretti a un gruppo come i Fairport Convention, composto da musicisti di forte individualità e con la passione della ricerca.

L’intelligenza evita pasticci

Non si sottopongono volentieri alle interviste e spesso non sanno cosa dire. In più l’industria discografica, intenzionata a investire sul folk revival, tende a smembrare la band per moltiplicare i possibili guadagni. Quasi tutti i componenti, a partire da Sandy Denny, formano dei gruppi paralleli, ma senza abbandonare per sempre la famiglia dei Fairport Convention. Proprio l’intelligenza dei suoi componenti, infatti, salva l’esistenza del gruppo che, lungi dal diventare una gabbia chiusa in se stessa, si dà una struttura aperta lasciando libero ciascun musicista di andarsene e tornare quando vuole. «La nostra è la fedeltà a un’idea, a un ponte lanciato da un gruppo di musicisti di oggi a chi nel passato anche molto lontano ha suonato e cantato musiche meravigliose» dice Swarb con il piglio di chi sa di aver dato vita a un nuovo genere. Sulla strada tracciata dai Fairport Convention si muoveranno bands come i Pentangle, gli Steeleye Span, la Albion Band, gli Amazing Blondel, i Lindisfarne, gli Strawbs, i Renaissance e tanti altri. Le canzoni si popolano di personaggi leggendari e figure mitologiche, mentre il linguaggio non rifiuta espressioni arcaiche prese direttamente dalla tradizione. I giovani, stanchi della ripetitività del beat e dei suoi interpreti dalle foto patinate, scoprono la musica dei loro avi. Il folk-revival non durerà a lungo, ma dalla sua breve stagione nasceranno i primi germogli del rock progressivo.

Previous articleTrasporto sostenibile, Hong Kong prima al mondo
Next articleClothes for Love, a Vimodrone raccolta abiti usati
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".