Home Eco Culture Franco Mulas, l’urlo dipinto dell’indimenticabile ‘68

Franco Mulas, l’urlo dipinto dell’indimenticabile ‘68

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L’immaginazione non ha preso il potere (1) un dipinto ad olio su tavola di Franco Mulas appartenente alla serie che, tra il 1968 e il 1969, si ispirarono al maggio francese ed alla contestazione urbana.

Le opere pittoriche di Mulas si rivelano ancora oggi capaci di evocare, con la forza di immagini archetipiche, il dolore della rivolta fallita contro un potere cieco e destabilizzante, contro tutti i poteri che annientano la vita e l’emancipazione del mondo verso forme di convivenza pacifiche e di vera evoluzione sociale.

Venerdì 23 marzo alle ore 18.00 si inaugura a Roma, presso la Galleria André, la mostra Franco Mulas ’68, opere realizzate negli anni 68-73. L’esposizione è curata da Lorenzo Canova, con testi di Lorenzo Canova, Enzo D’Arcangelo, Tommaso Di Francesco, con il supporto dell’Archivio delle arti elettroniche – Laboratorio per l’arte contemporanea – Università degli Studi del Molise.

Galleria Andrè, via Giulia 175 – Roma – info@andrearte.it – 06 6861875 – 344 1306387 Inaugurazione 23 marzo 2018 ore 18.00 – Dal 23 marzo al 7 aprile 2018 – da martedì a venerdì 10.30-12.30 / 16.00-19.30 (chiusa il 30 marzo).

https://robertamelasecca.wordpress.com/2018/03/09/franco-mulas-68-opere-dal-1968-al-1973/

Dall’incipit del testo di Tommaso Di Francesco si legge:
-Attenzione. Saremo sommersi dalle celebrazioni più o meno ufficiali del Sessantotto che, come tali, vogliono “celebrare”, una convinzione revisionista radicata. Mirata a sottolineare magari l’aspetto “generazionale” ed edipico dell’esplodere della questione giovanile. Ma soprattutto, nella distanza, a denunciare che da quella protesta si sarebbe affermato l’individualismo sfrenato e una critica dello stato delle cose presenti così “troppo radicale” – sulla scuola, sul lavoro, sulla vita – da aiutare alla fine la reazione del capitalismo liberista (non ancora neo) e il ritorno delle forme storiche della rappresentanza politica dei partiti. La tesi reazionaria che questa “celebrazione” vuole affermare è che quel movimento, del quale è meglio tacere che fu planetario, sarebbe stato una tabula rasa che allontanò ogni alternativa possibile. –

Il ’68 fa ancora paura, per questo motivo si tende a svalutarlo senza trovare il coraggio forse, di raccogliere la forza positiva ed i semi (che ci sono) di quell’Utopia allora risorgente e che oggi, nel disfacimento sociale, dell’ambiente e delle consapevolezze etiche, si potrebbe chiamare addirittura buon senso.
Alcune radici si possono trovare nell’infiammato discorso di Mario Savio, figlio tra l’altro di un emigrato siciliano, quando aveva tenuto a battesimo il “movimento degli studenti” The Free Speech Movement, iniziato nel campus di Berkeley nel ‘64 … quando il 2 dicembre dello stesso anno aveva tenuto, di fronte ad una platea enorme di studenti, il suo discorso più famoso – Operation of the machine. Però molto è successo prima e dopo, mentre l’Italia ha mantenuto una sua specificità che andrebbe rivisitata, senza dimenticare la “nostra” prima ribellione dei giovani del dopoguerra, chiamata dei ragazzi con le magliette a righe, quando nel 1960 sotto il Governo Tambroni, un Sandro Pertini indignato, ricordato a Genova come “u brighettu” (il fiammifero) il 28 giugno accese la folla ricordando la Resistenza.

Citando ancora Di Francesco, che definisce Franco Mulas – il pittore non già del Sessantotto, ma sessantotto lui stesso, protagonista con altri milioni di esseri umani che in tutto il mondo, scendevano in piazza e dentro le loro esistenze, a riaffermare che ribellarsi è giusto. Perché, se la nostalgia del ’68 non va bene, la misura dei suoi contenuti gridati e mancati invece ci aiuta nel presente – … Dobbiamo constatare che il lavoro iconico di questo artista scava nel profondo mentre le sue immagini non sono così innocue come si potrebbe pensare, anzi, costituiscono una sfida formale all’omologazione nella cosiddetta questione delle immagini, invadenti ed ipnotiche delle comunicazioni digitali. Prima di tutto quindi una forma di terapia di un linguaggio strutturato che organizza il pensiero, trasmette informazioni ed emozioni, poi non secondariamente, il radicamento delle stesse in un intervento “materico”, manuale, artigianale, vitale, concreto, non meccanico e ripetitivo.

Basti vedere alcune delle sue tele (IN FOTO) che in questo occasione riemergono da una storia ancora viva, presente, dove le maschere assumono un significato mutevole ma riconoscibile, nella loro identificazione fissa con un personaggio nella commedia (umana) dell’Arte secondo un copione socio-politico che le sovrasta come un destino.
C’è il Gilles che piange lacrime di sangue, cioè una maschera da Pierrot ormai corroso dalla tristezza, ovvero la maschera neutra che rappresenta ciascuno ma che vuole apparire in quello stato dell’essere di assenza dalle passioni, in uno stato d’equilibrio, di economia dei movimenti, mentre il sangue che fuoriesce ne denuncia il malessere profondo, ineludibile. C’è la maschera metallica del casco del robot-androide-poliziotto, che riflette come uno specchio impassibile e congela ogni emozione. Essi circondano il Gilles con la bandiera ancora avvolta in mano, in L’immaginazione non ha preso il potere (1)

Nous sommes tous indesiderables

In Nous sommes tous indesiderables (2), la maschera è divenuta un fagotto, un turbante improvvisato che cela il viso, mentre il manifesto lo rivela in effige, semi-strappato ed urlante. C’è una moltitudine di Maschere (3) in un altro dipinto, che circondano quella sofferente ma impassibile del

Maschere

Gilles, questo quadro rimanda anche prepotentemente all’opera “Cristo porta-croce” un dipinto autografo di J. Bosch, dove il viso della vittima sacrificale è circondato da visi mostruosi, maschere essi stessi. In Ritorno all’ordine (4) invece la maschera è caduta ai piedi della scalinata incombente, da dove parte anche l’inquadratura che trasmette tutta la durezza della

Ritorno all’ordine

nuda pietra. Infine in Occidente (5) la maschera, ovvero il casco di un guerriero, è messo a confronto con una statua, non a caso sembra il famoso Pensatore che Rodin, a sua volta, aveva tratto ispirazione dal Pensieroso, scolpito da Michelangelo per la Tomba di Lorenzo de’ Medici.

Occidente

Per concludere con le parole di Lorenzo Canova che ha curato la mostra:
-In cinque decenni, Franco Mulas ha tracciato un arco lungo e ricco di capitoli iniziato con una figurazione di grande rigore che ha saputo raccogliere sollecitazioni internazionali e lo stimolo decisivo della Pop Art americana, con espliciti omaggi a James Rosenquist, che però non si declinano nella linea di una banale imitazione di modelli d’oltreoceano, ma che si collocano in modo autonomo e del tutto personale in un più ampio contesto italiano ed europeo, dove il pittore raccoglie anche le suggestioni di Francis Bacon sul dinamismo e la destrutturazione della figura in opere dove la critica di quegli anni ha colto la dimensione di critica all’Iperrealismo, avvicinando piuttosto Mulas ad artisti come Vespignani, Guerreschi o Cremonini o anche Ipousteguy, senza dimenticare gli echi più distanti della pittura di Hopper. –

 Franco Mulas nasce a Roma nel 1938. Studia pittura all’Accademia di Francia a Roma, città in cui tuttora vive e lavora. La prima mostra personale, con una presentazione di Renzo Vespignani, si tiene alla Galleria “Sagittario” di Bari nel 1967. Espressione significativa della formazione dell’artista risulta la prima serie di quadri: “Week-end” (Omaggio a Rosenquist) del 1967-1968.
Fra il 1968 e il 1969 dipinge una serie di dipinti ad olio su tavola, ispirati al maggio francese e alla contestazione urbana. Entrambe le serie vengono proposte in varie esposizioni (IV Biennale d’Arte di Bolzano del 1971, mostra “Rivolta e Rivoluzione” a Bologna tra il novembre 1972 ed il gennaio 1973, mostra “Italienische Realisten” 1945 bis 1974 a Berlino nel 1974). Sempre prendendo come soggetti i problemi della violenza e l’oppressione dei mass media, Mulas elabora due nuove serie di dipinti: nel 1971 e 1972 le “Pitture nere”, nel 1974 e 1975 gli “Itinerari”. Un’opera della prima serie viene esposta alla X Quadriennale di Roma del 1973, le seconde sono invece presenti nelle personali tenute a Milano (Galleria 32, 1972), a Roma (Galleria La Nuova Pesa, 1974) e a Firenze (Galleria Santacroce, 1975). Nel 1980 espone alla Galleria “Il Ferro di Cavallo” di Roma “Autoritratto Identikit”, quattro autoritratti frontali costruiti con la tecnica dell’identikit; l’opera verrà ripresentata l’anno successivo alla mostra Arte e Critica presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Nello stesso anno 1980 la XXXIX Biennale di Venezia presenta la sequenza “L’Albero rosso” di Mondrian, inserendo l’artista, impegnato in una nuova definizione del rapporto natura-storia, nella sezione Architettura “GRAU”.
In questa stessa prospettiva si possono inserire le ultime produzioni, dalle opere presenti nella mostra Finzioni (Roma, Galleria Ca’ d’Oro, 1985) fino alle più recenti della serie “Big Burg”. Un’antologica, con opere dal 1967 al 1991 si è tenuta nel 1991 a Palazzo Braschi in Roma. Un’importante mostra di Mulas dal titolo Dipinti 1980-1998 si è tenuta a Palazzo dei Priori di Volterra nel 1998. Della fine degli anni Novanta è l’impegno al nuovo ciclo pittorico “Schegge”, esposto a Teramo alla Galleria “Forlenza” nel 2005, ed insieme ai cicli “Finzioni” e “Big-Burg”, all’ “EXMA” di Cagliari. Nel 1989 vince il Premio “Presidente della Repubblica” per la pittura. Nel settembre 2000 è nominato Accademico Dell’Accademia Nazionale di San Luca. Nel 2011 viene invitato alla 54° Biennale di Venezia. Nel 2013 al Museo Bilotti di Roma espone il ciclo “Spaesaggi”. Nel luglio del 2017 presenta presso il Palazzo dei Capitani del Popolo di Ascoli Piceno la mostra “DEFRAG”. Opere 1967-2017, realizzando anche lo Stendardo della Quintana del 2017.

 

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Carla Guidi
CARLA GUIDI – www.carlaguidi-oikoslogos.it Giornalista pubblicista, iscritta ODG Lazio, ha collaborato per più di 10 anni con il settimanale (in cartaceo) “Telesport”, adesso collabora con alcune testate e riviste periodiche online, tra queste “Abitare a Roma”, “ll Paese delle donne”, “Lazio ieri ed oggi”, “About Art online” e “Daily Green” ove è in redazione. Conseguito il diploma superiore di Accademia di Belle Arti di Roma, sezione pittura (tenuto dal maestro Gentilini), è docente di Disegno e Storia dell’Arte nelle scuole pubbliche, medie superiori. Si è occupata di Computer Art dal 1981 e sue immagini sono state pubblicate nel volume Computer image di Mauro Salvemini (Jackson Libri, 1985). Ha gestito la Galleria d’Arte “5x5” in via Garibaldi in Trastevere negli anni ’70/’80 insieme a Rinaldo Funari ed ha organizzato varie mostre, manifestazioni e convegni anche presso istituzioni come la Casa delle Donne, la Casa della Memoria e della Storia di Roma, alcune Biblioteche comunali di Roma ed un Convegno di sociologia a Bagni di Lucca. Dal 1975 si è avvicinata alla psicoanalisi e dal 1982 è stata accettata dalla Società italiana di psicodramma analitico – SIPSA in qualità di membro titolare. In seguito ad una formazione quinquennale con trainer internazionali, ha svolto attività di collaborazione presso la Società Medica italiana di Analisi Bioenergetica SMIAB ed è divenuta membro titolare dell’International Institute for Bioenergetic analisys di New York, rimanendo iscritta fino al 1995. Attualmente è stata invitata più volte a relazionare in Convegni Nazionali ANS alla Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione. Ha scritto alcuni libri sulla memoria storica quali Operazione balena - Unternehmen Walfisch sul rastrellamento nazista del 17 aprile 1944 al Quadraro, giunto alla sua terza edizione (Edilazio, Roma 2013); Un ragazzo chiamato Anzio sulle vicende dello sbarco alleato del 1944, alla sua seconda edizione (A. Sacco, Roma 2013); Estetica anestetica - Il corpo, l’estetica e l’immaginario nell’Italia del Boom economico e verso gli anni di Piombo (Robin Edizioni, Torino 2018). Sempre per Robin Edizioni nel 2019 ha pubblicato il libro socio-fotografico in collaborazione con Valter Sambucini e con la presentazione di Franco Ferrarotti, Città reali, città immaginarie - Migrazioni e metamorfosi creative nelle società nell’Antropocene tra informatizzazione ed iper/urbanizzazione, con i contributi del giornalista e sociologo Pietro Zocconali, Presidente A.N.S, dello storico dell’arte Giorgio Di Genova, dello scrittore Roberto Morassut e del Presidente dell’Ass. Etica Massimo De Simoni. Una sezione del libro approfondisce la grande diffusione della tecnica del tatuaggio, valutandone aspetti storici, sociologici ed artistici, con i contributi dello scrittore Eliseo Giuseppin ed una intervista all’artista Marco Manzo. Ha curato insieme allo storico dell’arte Giorgio Di Genova, l’esposizione online Quintetti d’arte dal 06/04/2020 al 31/08/2020, con una parte, Vetrina dell’invisibilità, dedicata agli artisti che hanno rappresentato visivamente la tragedia della pandemia. Di questo progetto nel 2021 è uscita l’edizione in cartaceo (Robin Edizioni, Torino). Appena uscito il libro - Lo sguardo della Sibilla. Dal Daimon all’Anima Mundi: la poetica di Placido Scandurra (Robin editore 2022) - http://www.robinedizioni.it/nuovo/lo-sguardo-della-sibilla. Al suo attivo anche alcune pubblicazioni di poesia su tematiche ambientali: Ha curato, insieme a Massimo De Simoni, l’antologia I poeti incontrano la Costituzione (Ediesse, 2017) -