Home C'era una volta Gene Vincent, idolo a Londra

Gene Vincent, idolo a Londra

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Il 5 dicembre 1959 Gene Vincent, il rocker statunitense di Be-bop-a-lula, sbarca in Gran Bretagna. Non è un buon momento per il “ribelle bianco” nel suo paese d’origine.

I media USA lo stanno distruggendo

Negli Stati Uniti la popolarità di Gene Vincent è in calo e i media, che non gli sono mai stati amici, lo stanno distruggendo. Una forzata assenza dalle scene, dovuta a un ricovero ospedaliero a Norfolk, l’ha costretto a ricominciare praticamente da capo con un nuovo manager e con una nuova formazione della sua band, i leggendari Blue Caps, composta, oltre che dall’inseparabile batterista Dickie Harrell (l’unico che non l’ha mollato), da Paul Peek, Tommy Facenda, Bobby Lee Jones e dallo scatenato chitarrista Johnny Meeks. La violenza dei suoi concerti, la durezza dei suoi testi, la carica provocatoria dei suoi movimenti sul palco e l’ormai risaputa dipendenza dall’alcool sono i bersagli contro cui si scatena la stampa conservatrice.

I ribelli trovano nuovo vigore in Gran Bretagna

In quel periodo i tempi sembrano cambiare in peggio per i protagonisti del rock ribelle, cui le case discografiche e la maggior parte del pubblico sembrano preferire nuovi artisti perbene come Frankie Avalon e Ricky Nelson. Quando arriva in Gran Bretagna è intenzionato a trovare nuove strade per la sua musica. Viene accolto dal produttore televisivo Jack Good che gli suggerisce di rendere ancora più aggressiva la sua immagine con un completo di pelle nera. In breve Gene diventerà uno dei miti delle ragazze e dei ragazzi britannici. L’anno dopo un incidente automobilistico lo fermerà di nuovo ma il suo feeling con la gioventù d’oltremanica durerà fino al 1965 quando, afflitto da problemi d’alcolismo sempre più gravi, tornerà negli Stati Uniti.

 

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".