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La pietra del sole

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Una delle più grandi scoperte dell’archeologia mesoamericana non è stata fatta da un’équipe di scienziati attrezzati di tutto punto, ma da un gruppo di operai addetti alle fognature il 17 dicembre 1790.

La sorpresa

Gli operai stavano lavorando a Plaza Mayor, a Città del Messico, proprio tra la cattedrale cittadina e il palazzo del viceré, per riparare le tubature sotterranee. Mentre scavavano, trovarono un oggetto di pietra poco sotto la superficie. Dopo averla ripulita dai detriti, rimasero perplessi. Era un’enorme pietra circolare finemente decorata con intagli misteriosi. Ci vollero diversi giorni per estrarre quello che si sarebbe rivelato un lastrone di 3,58 metri di diametro dallo spessore di poco meno di un metro. Il suo peso complessivo superava le ventuno tonnellate. Una volta eliminato il materiale estraneo, l’oggetto ipnotizzò i suoi ammiratori: era un mosaico di innumerevoli, enigmatiche figure simili alle immagini di un sogno. Tutto ciò che si sapeva all’epoca era che si trattava di un unico blocco di basalto. Deboli resti di vernice lasciavano poi supporre che un tempo esso fosse dipinto con colori vivaci.

Il simbolo di un popolo

Gli studiosi riuscirono ad attribuirlo alla civiltà azteca. La Pietra del Sole, chiamata anche Pietra del Calendario, era stata sepolta poco dopo la conquista dell’impero azteco da parte degli spagnoli, che probabilmente la consideravano un altare sacrificale, ed è oggi conservata al Museo di archeologia e antropologia di Città del Messico. Oggi essa è considerata il simbolo della magnificenza del popolo azteco. Zelia Nuttall, considerata l’archeologa più celebre tra quelli che si interessarono ai popoli mesoamericani nella prima metà del Novecento, scrisse che essa era “il più prezioso e significativo monumento mai ritrovato sul continente americano, e uno dei più ammirevoli e perfetti risultati raggiunti dall’intelletto umano”.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".