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Leggere? Più della metà degli italiani non lo fa

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Leggere in Italia? Lo si fa sempre meno secondo l'ultimo Rapporto sulla promozione della lettura

“Il problema non è leggere o no Novella 2000, il problema è leggere solo Novella 2000”. È una battuta del film Santa Maradona, recitata da Stefano Accorsi nei panni del protagonista Andrea. E invero potrebbe essere adatta alla situazione della lettura nel Belpaese in quanto il libro, in Italia, si conferma un malato grave. Molto grave a quanto si comprende dalla lettura del Rapporto sulla promozione della lettura, presentato a Roma lo scorso marzo presso la sala Fandango Incontri e commentato da Paolo Peluffo, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Editoria, e Giovanni Solimine, presidente dell’Associazione Forum del libro.

I dati, leggere non appassiona gli italiani

I numeri forniti dal Rapporto

Il 54% degli italiani ha dichiarato di non aver letto neppure un libro nel corso del 2012 mentre solo il restante 46% ha sostenuto di averne letto almeno uno: “Nel 2012 – anno per il quale non si dispone ancora di dati completi e disaggregati – solo il 46% degli italiani (51,9% tra le femmine e 39,7% tra i maschi) dichiara di aver letto almeno un libro all’anno: il dato, che pure è di gran lunga inferiore a quello di paesi stranieri confrontabili al nostro (per un confronto internazionale, si pensi che legge il 61,4% degli spagnoli, il 70% dei francesi, il 72% degli statunitensi, l’82% dei tedeschi), assume addirittura una connotazione positiva, se lo confrontiamo a quello dell’anno precedente (la crescita dell’ultimo anno si deve essenzialmente a un aumento della lettura nelle regioni meridionali, dove il tasso dei lettori è passato dal 32,7 al 34,2%). Nel 2011, infatti, la percentuale era del 45,3%, in netto calo rispetto al 2010, anno in cui gli italiani che avevano letto almeno un libro erano stati il 46,8%: in un solo anno si erano persi ben 723mila lettori. Comunque, il dato nazionale dei lettori non ha mai raggiunto la metà della popolazione”.

Il leggere, pertanto, continua a essere un’abitudine praticata da pochi e scansata da molti. E i dati si confermano palesemente stagnanti ormai da quasi vent’anni dopo una fase di grande espansione culturale, fra il 1965 e il 1988, quando la percentuale di lettori passò dal 16% al 36,8%. Dal Rapporto si evince che le donne leggono molto di più degli uomini ma il dato più sconfortante è che, nel corso di questi anni, non è cambiato sostanzialmente nulla in quanto tutto il mercato librario italiano continua a reggersi unicamente sui cosiddetti “lettori forti” ossia coloro che leggono almeno 12 libri all’anno e che costituiscono il 6,3 per cento della popolazione (circa 14 milioni di italiani).

Titolo di studio e propensione al leggere

Ma c’è di più. Sempre il Rapporto segnala che, da alcuni anni a questa parte, progresso nel settore dell’istruzione e crescita della lettura viaggiano a velocità differenti. Dal 1995 a oggi, mentre il numero di diplomati continuava a crescere in misura considerevole (dal 63,6 al 72,6%) così come i laureati (dall’11,4 al 34,3%), la percentuale dei lettori è cresciuta debolmente (dal 39,1 al 46,8% del 2010). Segno che l’aumento di chi possiede un titolo di studio non facilita automaticamente il numero di coloro che prediligono il leggere, come se i libri che si studiano a scuola o all’Università restino solo testi da imparare per superare un esame e non facciano, al contrario, scoccare un qualcosa in più in termini di cultura generale della persona.

Il Rapporto propone un’articolata analisi di tutte le iniziative volte a promuovere la le lettura come le attività nelle scuole, nelle biblioteche e sui media di carta e online. Ad esempio, le biblioteche sparse sul territorio sono circa seimila ma servono solamente l’11,7% dei cittadini mentre i festival letterari sono circa 1.200 di cui la metà nelle Regioni settentrionali (50% al nord). Anche dal fronte dei quotidiani arrivano pessime notizie: il 52% degli italiani dichiara di leggerli almeno una volta la settimana mentre crolla al 36% chi li legge almeno cinque volte in sette giorni. Altro aspetto fondamentale, il calo delle vendite di libri: sia le librerie indipendenti che quelle di catena continuano a registrare passivi in termini di vendite mentre, nello stesso tempo, il libro elettronico non riesce ancora a “sfondare” nel Belpaese, segno che la Rete non cambia di molto il livello socio-economico e i fattori legati al contesto ambientale, culturale e sociale che sono alla base dei comportamenti di lettura. La tecnologia però può essere ancora una volta fondamentale: nel 2011 gli italiani hanno speso 131 milioni di euro per l’acquisto di un e-book reader (contro i 16 milioni dell’anno prima) e 472 milioni (contro 210 milioni) per l’acquisto di un tablet. Così come sono aumentati i titoli digitali disponibili: erano 1.619 nel 2009, sono diventati 31.416 a metà 2012. Se è vero che 41 milioni di italiani dispongono di una connessione a Internet, l’e-book occupa intorno al 5% dell’offerta libraria.

In Italia si legge poco e male; perché?

Le conclusioni che si possono tirare sono decisamente contrastanti. Anche considerando i drastici tagli dei fondi alla cultura, le cose cambiano davvero poco. Ed è da sottolineare il fatto che bambini e ragazzi, fino alle soglie dell’adolescenza, leggono con passione mentre nel momento in cui entrano in contatto con il mondo “là fuori”, perdono il gusto del leggere. Il punto critico, probabilmente, è il passaggio dall’infanzia e prima adolescenza alla vita adulta. In quel periodo occorre trovare libri “adatti” alla transizione in quanto, spesso, si viene messi in contatto con libri troppo difficili oppure troppo estranei al modo di sentire e di pensare, al linguaggio di quell’età. Leggere non deve mai essere un compito da eseguire tra gli altri, un esercizio. Si diventa lettori solo se leggere è un piacere. E la lettura deve essere suggerita, scelta liberamente tra un ventaglio di possibilità e accompagnata senza pressioni, in modo sperimentale, fino a trovare gli autori capaci di agganciare ciascun giovane lettore. Questo dovrebbe indurre a concentrarsi sul problema principale, ovvero chi e perché, in Italia, “non legge”. Statistiche alla mano, si legge poco e male. Manca una diffusa cultura della lettura, più che del libro. E mentre gli addetti ai lavori continuano a discutere e dibattere su quale sia il futuro dei libri, se è meglio leggere un libro su supporto cartaceo o digitale, ci si scorda e non ci si preoccupa dei lettori e di chi non trova appassionante leggere. In altre parole, dell’audience appropriata.