Home C'era una volta Milford Graves, il ritmo, il corpo, la batteria

Milford Graves, il ritmo, il corpo, la batteria

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Il 20 agosto 1941 nel quartiere Jamaica del distretto di Queens a New York nasce il batterista Milford Graves, tra gli innovatori della tecnica e del ruolo del suo strumento.

La batteria buttata

Autodidatta, inizia a suonare con una vecchia batteria buttata da un vicino di casa; segue studi commerciali, ma poi si dedica interamente alla musica, partecipando presto e attivamente allo sviluppo del nascente free jazz. Pur non disdegnando di suonare con musicisti di successo come Montego Joe, Hugh Masekela e Miriam Makeba, si lega profondamente agli sviluppi della avanguardia musicale afro-americana dell’epoca partecipando a esperienze come October Revolution con il sassofonista Giuseppi Logan, il celeberrimo New York Art Quartet o la Jazz Composers’ Orchestra. Insieme a Cecil Taylor e Sun Ra dà vita alla rivista “The Cricket”, gestita esclusivamente da musicisti.

Uno stile fuori dalle regole

Non è possibile analizzare il drumming di Graves soltanto da punto di vista squisitamente tecnico. Il suo modo di suonare infatti affonda le radici nella cultura africana più pura. L’esibizione è legata a una concezione di movimento che non coinvolge solo lo strumento, ma anche il corpo dello stesso musicista, in qualche modo trasformato in una estensione dello strumento stesso. Tutto avviene in movimento: il suono, il muoversi del musicista, l’atto di percuotere le pelli e i piatti con i conseguenti spostamenti nello spazio. Il concerto tende così a trasformare il palcoscenico musicale in un vero e proprio palcoscenico teatrale su cui la musica assume le connotazioni del rito. Graves porta alle più estreme conseguenze l’estetica del free-jazz, ottenendo risultati di persuasività tonale di straordinario potere evocativo. Muore il 12 febbraio 2021.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".