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Punto Basket con Simone Mazzola

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Simone Mazzola fa il punto sulla situazione del basket mondiale

Uno dei più importanti poeti dell’antichità come Giovenale sosteneva che “mens sana in corpore sano”. E proprio perché, anche nella modernità, lo sport è sempre più fenomeno culturale, Daily Green è andata a intervistare Simone Mazzola, redattore di Baskettissimo e autore del libro American Dream (Rupe Mutevole, 2014) per fare il punto della situazione sul basket italiano, sui recenti Europei di pallacanestro e sul mondo americano dell’NBA.

Il Basket europeo e americano visto da Simone Mazzola

Simone, partiamo dal Campionato Lega Basket Serie A stagione 2015/2016. Dopo l’appassionante finale dello scorso anno tra Dinamo Banco di Sardegna Sassari e Grissin Bon Reggiana, quale squadra vedi favorita per la conquista del titolo di quest’anno?

Il pronostico della favorita non è mai facile perché in questi anni l’abbassamento del livello medio nel nostro campionato di basket ha rimescolato le carte in tavola più di una volta. Milano è da anni che deve dominare e ha vinto un solo scudetto contro una squadra già fallita, dovendo anche rimontare da 2-3 in trasferta. L’anno scorso Sassari ha dimostrato di essere una squadra vera che, nei momenti importanti, è stata capace di compattarsi e rendere al meglio quando più era necessario. Oggi la Dinamo è una squadra completamente nuova con un nuovo coach cambiato in itinere che ha a disposizione un roster costruito a immagine e somiglianza del primo allenatore. Magari Calvani saprà rimodellarla e farla rendere al meglio per lottare fino in fondo, ma non sarà un processo semplice. Per quanto riguarda Milano è sempre la favorita, anche solo per un mero motivo economico, ma l’inizio è stato a dir poco drammatico. Ora, Eurolega a parte, sembra che la squadra cominci a ingranare anche se non ha il talento delle scorse edizioni. Ciò che può far ben sperare è la presenza di giocatori molto più solidi e meno appariscenti, assieme a un coach di comprovata esperienza. Tra le contender bisogna mettere anche Reggio Emilia e Venezia. I primi stanno dando continuità al loro progetto basato sugli italiani e sugli europei; infatti sono una delle pochissime squadre al mondo senza neanche un americano. Stanno facendo bene e saranno protagonisti fino in fondo, a patto di esser sani nei due componenti principali ossia Lavrinovic e Kaukenas. Anche Venezia si è mossa bene sul mercato con la presa di Owens e il giovane Tonut che sta dimostrando di poter dare una mano già ora. Green non è più quello visto a Varese, ma l’esperienza in mano a Recalcati non manca, anche se forse è ancora troppo dipendente dalla presenza di Tomas Ress.

Quali valori in campo ti aspetti di vedere per la stagione 2015/2016? Si può parlare di un campionato in crescita dal punto di vista tecnico e agonistico?

Non parlerei assolutamente di campionato di basket in crescita. Per poter dire ciò bisognerebbe intravedere un progetto tecnico, mediatico e di gestione da parte della Lega Basket e di tutte le società. Al momento si vive alla giornata, si pensa alla singola stagione e non a un progetto: raggiungo il mio obiettivo quest’anno e poi vediamo. Se azzecco gli americani e l’allenatore faccio una buona stagione, altrimenti rifondo a metà stagione e provo a salvarmi, così l’anno prossimo ci riprovo. Questo non è sinonimo di progresso. Cresceremo quando saremo in grado di rilanciare dal basso il nostro basket, obbligando, come fanno in Germania, le società di serie A ad avere foresterie e strutture che possano formare nuovi giocatori e che li possano rendere pronti a competere ad alti livelli. I Gentile, Gallinari o Belinelli del caso escono comunque in virtù del loro talento, ma è tutto il livello medio e medio-alto che ci manca e non siamo in grado di produrre. Non abbiamo un singolo palazzetto adeguato al 2015 e anche chi lo vuole costruire come Landi o Armani sbatte contro stucchevoli burocrazie che ne impediscono la realizzazione. La crescita presuppone tempo per essere realizzata e sforzi da parte di tutti, ma, come dice coach Messina: “Finché ognuno guarda solo il suo orto e non rema in una direzione comune e condivisa, il nostro basket non uscirà dai problemi”.

Non c’è dubbio che il Basket italiano sta cambiando pelle. Sassari, Reggio Emilia, Pistoia, Trento, Capo d’Orlando sono tra le realtà più attive del nostro panorama cestistico, supportate anche da un grande seguito di pubblico. Secondo te, anche alla luce della finale dello scorso anno, si può parlare di una rivincita della dimensione della “provincia” rispetto alle grandi città come, a parte Milano, Torino, Napoli, Bologna e Roma?

Stante l’indubbio merito delle squadre che hai detto come Pistoia e Trento (Capo d’Orlando decisamente meno) che si stanno ritagliando uno spazio importante nel nostro basket, il fatto che non ci siano “le metropoli” declassa il nostro basket. Pensare che in A2 gold ci siano Roma, Siena, Bologna e che un paio di settimane fa è andato in scena lo scontro tra Virtus e Mens Sana che è stata la finale scudetto 2012-2013, manifesta i nostri problemi. Se le società dalla grande storia si giocano ogni anno i trofei migliori, anche le provinciali sono obbligate a far sempre meglio per provare a competere con loro. Più competizione c’è in un campionato di basket, più alto è il livello e di riflesso migliori sono i risultati delle squadre in campo europeo, perché se nella Liga Endesa Barcellona e Malaga si giocassero la promozione in ACB con Tenerife e Murcia a giocarsi il titolo, non si potrebbe dire “riscossa delle piccole” quanto “la caduta degli dei”. È brutto da dire ma se non ci sono i bacini d’utenza che muovono il mercato economico, difficilmente si potrà pensare di aver giocatori forti nel proprio campionato di basket. Fortunatamente ci sono realtà come Trento che provano a dare continuità ai propri progetti, facendo un passo per volta e cercando di crescere in modo magari più lento, ma costante. A testimonianza di ciò c’è la loro grandissima campagna di Eurocup che li ha portati alla qualificazione. Purtroppo per noi è una mosca bianca.

Diamo uno sguardo ai recenti Europei di Basket vinti dalla Spagna in finale contro la Lituania. Come valuti, in generale, l’andamento del torneo, i giocatori che ti hanno più impressionato, le squadre che hanno offerto il basket migliore e la prestazione dell’Italia?

Il torneo, pur con tutte le criticità delle locazioni geografiche, è stato di buona qualità, mostrando che anche un’Islanda può dare del filo da torcere alle grandi corazzate. Dire che il giocatore dominante sia stato Gasol è troppo semplice, ma mi ha impressionato positivamente la leadership esercitata da Danilo Gallinari sulla sua squadra e anche la presenza nei top player statistici in tantissime voci. Mi ha stupito anche la maturità di Bogdan Bogdanovic che non ha fatto onde a livello di cifre, ma alla sua età ha mostrato di poter far vincere le partite alla sua squadra in diversi modi. Medesimo discorso per Bjelica e, sempre per rimanere nell’argomento Serbia, abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione che vincere con Teodosic in cabina di regia è quasi impossibile. Giocatore geniale, dal talento sconfinato e passatore come se ne sono visti pochissimi nella storia, ma per vincere spesso ci vuole altro. La Lituania ha mostrato grande abnegazione e la mano di Kazlauskas è stata la vera chiave del loro arrivo in finale. L’Italia ha fatto quello che era nelle proprie corde. Con una miglior gestione di alcuni possessi poteva tranquillamente arrivare in semifinale e nessuno avrebbe gridato allo scandalo, ma ora dovrà estendere lo splendido rapporto che i ragazzi hanno fuori dal campo, all’interno di esso per trovare la chimica tecnica e difensiva per compiere l’ultimo salto di qualità. Alla luce di questo è evidente che il cambio di guida tecnica con conseguente screditamento pubblico di Pianigiani da parte della Federazione Basket sia davvero una mossa poco saggia. Ovvio che prendere Messina è importante per tanti motivi, anche trasversali, ma come per il campionato: il progetto qual è? Che se Messina dovesse ricevere un’offerta di panchina NBA dopo il preolimpico (indipendentemente dal risultato) saremmo ancora alla ricerca di un coach che deve ripartire da zero? Per il fattore lungimiranza, si veda quanto ho detto sopra.

A proposito dei nostri portacolori, il  quinto posto è stato un buon risultato ma è rimasto molto amaro in bocca per la sconfitta nei quarti contro la Lituania. Secondo te, che futuro ha nell’immediato l’Italia? Può aspirare alle prime posizioni continentali e mondiali come accadeva circa un decennio fa quando vincevamo Europei in Francia nel 1999 e conquistavamo l’argento alle Olimpiadi di Atene nel 2004?

Tutto quello che potevamo pensare fino a qualche giorno fa sulla crescita di questo gruppo di giocatori di basket assieme al proprio allenatore è stato sconfessato dall’arrivo di Messina. Negli ultimi europei l’Italia era designata intorno al 5/6 posto ed effettivamente ha rispettato in pieno il pronostico. Pensare che potesse vincere era utopico, ma altrettanto certamente, un po’ di amaro in bocca per non aver raggiunto la semifinale c’è. La presenza dei giocatori NBA è vincolante nella valutazione dell’immediato futuro, ma il valore medio “degli altri” mi fa pensare che molto difficilmente si potrà tornare presto alle vittorie del periodo che citi tu. La speranza è l’ultima a morire ed è giusto credere in questo gruppo che ha dimostrato di valere molto dal punto di vista umano, ma vederli con una medaglia d’oro sarebbe una sorpresa, graditissima, ma pur sempre tale.

Soffermiamo per un momento la nostra attenzione al Basket americano; la season NBA 2015/2016 si è aperta da poco. Dopo il trionfo nella scorsa stagione dei Golden State Warriors, come vedi le franchigie NBA nella nuova annata e, soprattutto, quali giocatori ti aspetti come protagonisti? I nostri Bargnani, Belinelli e Gallinari saranno tra questi?

Onestamente non mi aspettavo di vedere i Warriors con la fame della scorsa stagione che, aggiunta alla consapevolezza della loro forza, li rende assolutamente favoriti per il titolo. Curry ha lavorato ancora sul suo gioco e sembra che chiunque entri in quella squadra renda al massimo. La differenza sarà la presenza di una diversa forma di concorrenza, perché nella scorsa stagione le due squadre che potevano dargli fastidio, ovvero Thunder e Spurs, hanno avuto problemi di vario tipo. Gli Spurs, già forti di loro, hanno aggiunto un All Star come Aldridge per dare continuità al post Duncan e rimanere competitivi anche dopo il ritiro del caraibico, ma ora che ci sono tutti diventano i più accreditati rivali dei campioni. I Thunder riabbracciano Durant dopo un anno di problemi e con lui, Ibaka e Westbrook in campo assieme, la squadra vince in media ben oltre il 60% di partite. Il loro non sarà un roster definitivo perché dovranno aggiungere più sostanza togliendo un po’ di talento individuale, ma se Donovan dovesse trovare la quadra, la terza pretendente sarebbero loro. Discorso diverso per Houston che ha avuto l’anno scorso il “one shot” e ora sta gravitando nei bassifondi della classifica. A Est uscire dai Cavs come campioni di Conference è davvero difficile, soprattutto perché ritrovano Love e hanno potuto concedersi tutto il tempo di recuperare anche Irving che, nei momenti decisivi, sarà fondamentale se sano e non zoppo come la scorsa stagione. I Bulls sono gli unici a potergli dare fastidio e il gioco di Hoiberg sembra sposarsi meglio con le caratteristiche dei giocatori, soprattutto Pau Gasol, ma anche loro sono ancora lontanissimi da un rendimento affidabile. Ci sono alcune outsider come Indiana che sta giocando molto bene e sopra le aspettative (George MVP, dietro a Steph), c’è Atlanta che è sempre solida ma manca del centesimo per fare l’euro e Toronto, che ha provato a rinforzarsi ma sembra nella stessa posizione di Atlanta. Per quanto riguarda la situazione degli italiani nel campionato di basket americano è molto semplice. Gallinari ha in mano le chiavi dei Denver Nuggets e sino ad ora sta rispondendo piuttosto bene, anche se il record della squadra è direttamente proporzionale al talento a disposizione. Bargnani ha l’ultima cartuccia da sparare a Brooklyn e non può farsela sfuggire per ritrovare qualche estimatore nella Lega Basket e sfruttare l’onda lunga degli europei ben giocati. Belinelli è andato a Sacramento per monetizzare, giustamente, le sue ultime ottime stagioni. Ha licenza d’uccidere in uscita dalla panchina e può tirare molto, ma questa non è la sua squadra e la sua logica di basket. Con Cousins e Rondo è difficile per molti giocare, soprattutto per uno che deve essere innescato come lui e viene da una cultura di disciplina e lavoro contrapposta all’anarchia californiana.

Foto tratta dal blog takepick.wordpress.com