Home C'era una volta Cyndi Lauper, ragazza ribelle

Cyndi Lauper, ragazza ribelle

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Il 20 giugno 1953 nasce a New York Cyndi Lauper, un’interprete che più di altre con le sue multicolori acconciature, il suo look stravagante e la sua voce acuta e molto duttile ha saputo diventare una delle protagoniste musicali degli anni Ottanta.

L’irrequietezza e la determinazione

Nel 1970 Cyndi Lauper è una diciassettenne irrequieta e affascinata dal movimento hippie che dà più di una preoccupazione alla sua famiglia. Per «farle cambiare ambiente» la spediscono in un college del Canada. Lei, dopo qualche resistenza, accetta a patto di portare con sé il suo cane Sparkle. Non ci resta per molto. Un paio d’anni dopo è di nuovo a New York e nel 1974 diventa la cantante dei Doc West. Successivamente si unisce ai Flyer, mentre scopre un nuovo orizzonte musicale con il nascente movimento punk. La voglia di vivere, gli eccessi e la sua generosità rischiano, però, di esserle fatali. Nel 1977, dopo un concerto, la sua voce si abbassa improvvisamente fino a sparire. Cyndi non si arrende. Mesi di cure ed esercizi con l’aiuto dell’insegnante Katie Ayresta la rimettono in sesto. Nel 1978 forma i Blue Angels con il sassofonista John Turi, ma i risultati tardano ad arrivare. All’inizio degli anni Ottanta, delusa e demoralizzata torna a cantare nei piano bar e si trova anche un posto di lavoro in un negozio d’abbigliamento. Proprio quando sta per lasciar perdere tutto incontra David Wolf, un talent scout che le procura un contratto discografico. Inizia così a lavorare in sala di registrazione con l’aiuto degli Hooters, una band di Philadelphia, e nel mese di dicembre del 1983 pubblica l’album She’s so unusual. È il successo, improvviso e inaspettato. Il disco vende oltre 4 milioni di copie e la canzone Girls just want to have fun diventa un inno. Per qualche anno sembra che niente possa fermarla. Riceve soldi, premi e riconoscimenti, partecipa a vari film, ma non si monta la testa.

Una donna a cinquant’anni non è il cerchione di una ruota

Cyndi Lauper sa bene che tutto può finire con la stessa rapidità con cui è cominciato e quando, con gli anni Novanta, inizia una fase declinante non si scompone. Continua a produrre qualche disco ogni tanto, senza rinnegare la sua linea originaria e non adattandosi alle mode. L’impressione è che voglia mantenere aperto un canale di comunicazione con il pubblico che l’ha amata fin dall’inizio della carriera, senza preoccuparsi più di tanto della classifica. Indimenticabile resta la sua partecipazione, nell’estate del 1990, a “The wall”, l’allestimento dell’opera dei Pink Floyd a Berlino in Potzdamer Platz, con Rogers Waters, Van Morrison, Joni Mitchell, Marianne Faithfull e gli Scorpions. Il 7 aprile 2003 viene invitata a parlare all’annuale cerimonia di consegna dei GLAAD Media Awards, i premi annuali che dal 1990 la Gay & Lesbian Alliance Against Defamation assegna alle persone e alle produzioni dell’intrattenimento che abbiano contribuito a dare un’immagine più veritiera e accurata della comunità LGBT e delle questioni che riguardano la loro vita. Cindy non è premiata ma ospite d’onore. Si tratta di un riconoscimento importante per la cantante, icona dei movimenti per i diritti civili anche perché arriva nell’anno del suo cinquantesimo compleanno. Abituata da sempre a gestire intelligentemente il rapporto con i media non aspetta che siano i giornalisti a introdurre l’argomento. Al primo accenno di domanda parte diretta: «Già, avete visto che quest’anno compio cinquant’anni?. Bene, ve lo dico subito: non ho paura del tempo che passa e non capisco che cosa ci sia di così interessante da suscitare questa curiosità quasi morbosa». Ironizza, si diverte a stuzzicare i giornalisti e poi aggiunge: «Volete sapere quello che penso io? Bene. Io penso che questa società sia ossessionata dall’idea di invecchiare ma l’ossessione non è uguale per una donna o per un uomo. Ci avete fatto caso? Quando si chiede l’età a una donna che lavora lo si fa come se si scalciasse un cerchione di una ruota per verificare la tenuta dell’intelaiatura».

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".