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Storia e umanesimo, parla Gianni Bellisario

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L'avvocato e scrittore Gianni Bellisario parla del rapporto con storia e cultura nel suo ultimo libro "L'isola dei sogni perduti" (Rupe Mutevole, 2015).

Recuperare la dimensione umana nelle vicende di tutti i giorni è uno dei temi letterari su cui la narrativa si esercita continuamente. E il richiamo a luoghi dove le cose hanno un senso non ha lasciato insensibile l’autore che Daily Green è andata a intervistare in questo numero: l’avvocato pugliese Gianni Bellisario, autore del libro L’isola dei sogni perduti (Rupe Mutevole, 2015).

Gianni Bellisario, tra storia e cultura

Benvenuto su Daily Green, Gianni. Leggendo il tuo profilo biografico, verrebbe da dire avvocato e scrittore. È davvero così?

Confesso che ho sempre curato innumerevoli interessi: dalla scrittura alla pittura, dalla passione per la storia sino alla geopolitica. Forse un po’ troppi! Metterei comunque al primo posto il piacere per la scrittura. Diciamo che credo di appartenere a una specie in via di estinzione: quella degli umanisti; quelli che, come ha evidenziato in un suo saggio Nuccio Ordine, credono nell’utilità dell’ ”inutile.

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Lo scrittore e avvocato Gianni Bellisario

Tra i tuoi interessi culturali, vi è la storia. Come nasce questa passione? Hai avuto modo di scrivere qualcosa a tale proposito?

Sì, certo. Come dicevo, la storia mi ha sempre appassionato (la considero uno strumento indispensabile per acquisire una corretta chiave di lettura dei fenomeni attuali) e la deformazione professionale mi ha portato ad approcci non solo scientifici con la materia ma in certi casi addirittura “investigativi”. Recentemente, in materia di storia militare, ho pubblicato un breve saggio, che si trova sul sito della Società Italiana di Storia Militare, sulla battaglia di Cheren, combattuta durante la seconda Guerra Mondiale. Nel 2001 ho pubblicato un saggio su una diversa interpretazione di parte del Mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, un po’ contro corrente in verità. Ho pubblicato poi articoli e brevi saggi su diverse riviste.

Passiamo a parlare della tua “fatica” editoriale, L’isola dei sogni perduti, pagine in cui sogno e memoria sembrano fondersi per dare vita a una sintesi davvero originale. Quando hai avuto l’ispirazione giusta per mettere nero su bianco?

Il libro è una nuova edizione, in parte riveduta e modificata, di un romanzo che pubblicai già nel 2004. In realtà nasce come racconto. Nel 2003 mi trovavo per una breve vacanza nell’isola di Paxos e sviluppai l’idea trasferendola su uno di quei taccuini Moleskin che oggi vanno così di moda. Mi resi poi conto che potevo sviluppare ulteriormente il racconto ampliandolo e ne è venuto fuori un breve romanzo.

Scorrendo le pagine del libro, il protagonista fa degli incontri davvero sensazionali con grandi personaggi del passato. Come mai questa particolare scelta?

Mi affascinava l’idea, sollecitata dalla particolare atmosfera che si respirava in quel periodo nell’isoletta greca, della fuga dal quotidiano per il recupero, attraverso il richiamo al ricordo, di una misura umana ormai collettivamente smarrita. A quei momenti, cioè, in cui ciascuno di noi è stato sé stesso. Ecco allora una serie di storie all’interno delle quali si intrecciano altre storie, che tutte ruotano intorno al racconto principale: l’incontro con personaggi del passato i quali, se pure hanno costituito riferimenti permanenti in diversi settori (letteratura, arte, musica, scienza), si propongono nella storia con un’esclusiva caratura umana e ci insegnano cos’é la vita.

Hai già in mente nuovi lavori e progetti editoriali?

Sto ultimando una raccolta di racconti che vorrei pubblicare prossimamente e spero, entro l’anno, di finire un nuovo romanzo sul quale sto lavorando da un po’.