Home C'era una volta Il topless è scandaloso. Proibiamolo!

Il topless è scandaloso. Proibiamolo!

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Il 23 luglio 1964 la Francia proibisce il topless, un costume da bagno femminile che lascia scoperto il seno. È stato ideato quello stesso anno dallo stilista californiano Rudi Gernreich.

Negli Stati Uniti la prima volta con le bretelline

Il topless originario, battezzato dal suo ideatore “monokini”, è composto da un paio di mutandine sostenute da due bretelline. Si tratta di una scelta innovativa, per qualcuno scandalosa, ma che non arriva inaspettata, almeno per gli addetti ai lavori. Soltanto l’anno prima, infatti, il sarto Emilio Pucci, uno dei più ascoltati maestri di moda del periodo, aveva annunciato che, secondo le sue previsioni, «…in un futuro non troppo lontano…» le donne sarebbero andate al mare a seno nudo. Nonostante le previsioni e la serietà del progetto all’inizio il “monokini” non ha vita facile tanto che lo stesso Rudi Gernreich ci mette del bello e del buono a trovare una modella disponibile a posare indossando quell’indumento. Lo stilista infatti non vuole accettare il “ripiego” dell’ingaggio di una spogliarellista, destinato a suo modo di vedere a trasformare il suo capo in una sorta di eccentricità erotica per soubrette dei locali notturni. Quando sta ormai per buttare la spugna riesce a convincere la modella ed ex attrice Peggy Moffett la quale però oltre a chiedere una considerevole contropartita economica pone la condizione che a scattare le immagini sia il grande fotografo William Claxton, all’epoca divenuto già suo marito. Nonostante la firma prestigiosa le foto faticano a trovare un editore disposto a pubblicarle. Emblematico è il caso della rivista Life Magazine, che così motiva il suo rifiuto: «Il nostro è un settimanale destinato alle famiglie e le uniche foto di donne a seno nudo che possiamo pubblicare sono quelle delle aborigene in costume tradizionale».

Un divieto che diventa rapidamente carta straccia

La prima esibizione in pubblico di un monokini avviene invece sul lago Michigan, dove la diciannovenne Toni Lee Shelley indossa quel costumino nero sostenuto da due bretelline quasi invisibili non prima che qualcuno abbia sapientemente chiamato un nugolo di fotografi pronti a immortalare il suo fermo da parte delle forze dell’ordine incaricate di vigilare sulla pubblica morale. Nonostante questi “incidenti” nella prima stagione estiva, Gernreich vende negli Stati Uniti più di tremila capi di questo costume da bagno, ormai ribattezzato “topless” (top-less, senza il sopra). Costa 24 dollari al pezzo. È curioso quanto accade nel momento in cui il peccaminoso indumento sbarca in Europa. L’idea ha successo, la creazione di Gernereich no, perché le ragazze seguendo l’esempio di Brigitte Bardot invece di indossare un costume da bagno con inutili bretelle preferiscono togliere semplicemente il reggiseno del bikini. Ogni paese risponde in modo diverso, con metri di censura i più disparati. In Portogallo, per esempio, fino a qualche anno prima presentarsi in spiaggia a torso nudo era proibito anche agli uomini. Come sempre le censure lasciano il tempo che trovano e così, mentre in Italia e in Spagna la Chiesa tuona contro questa nuova tappa nella corruzione dei costumi il topless diventa un fenomeno molto diffuso, soprattutto in Francia. Anche qui, nonostante una tradizione più tollerante, le proteste non mancano. Il Ministro degli Interni decide di adottare un provvedimento specifico per vietarne l’uso in pubblico. Viene emanato il 23 luglio 1964 e diventa carta straccia nello spazio di un respiro.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".