Home C'era una volta Maria Muldaur, l’italiana del Village

Maria Muldaur, l’italiana del Village

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Il 12 settembre 1943 nasce in Greenwich Village, New York, Maria Muldaur, una delle voci bianche femminili più significative del folk blues degli anni Sessanta e Settanta.

Un nome lunghissimo

Maria è figlia di italiani. All’anagrafe, infatti, è registrata con il lunghissimo nome di Maria Grazia Rosa Domenica D’Amato. Nata nel Greenwich respira fin dai primi anni di vita l’atmosfera febbrile e creativa dei locali del Village dove si mescolano folk, blues e rock and roll. È ancora adolescente quando presta la sua voce al gruppo folk della Even Dozen Jug Band, di cui fanno parte John Sebastian, Steve Katz, Joshua Rifkin e Stefan Grossman. Non ci resta per molto perché sul suo cammino incontra la Jim Kweskin Jug Band che ha come chitarrista e cantante Geoff Muldaur, un tipo piuttosto famoso nell’ambiente che ha pubblicato il primo album quando lei aveva dieci anni. L’incontro segna una svolta nel suo destino. Si innamora di Geoff, lo sposa e gli ruba il cognome diventando per sempre Maria Muldaur.

L’avventura solista

Per qualche tempo si fa ingaggiare dalla band di Kweskin, ma poi convince anche il suo fedele compagno a percorrere altre strade. Insieme formano il duo Geoff e Maria Muldaur che ottiene un buon successo all’inizio degli anni Settanta con gli album Pottery pie e Sweet potatoes, ma la ragazza ha altro per la testa. Ben presto scioglie la ditta e debutta in proprio con l’album Mud acres. Le strade dei due si dividono. Con Paul Butterfield, Mike Bloomfield e Nick Gravenites Maria lavora alla colonna sonora del film “Una squillo per quattro svitati” con Jane Fonda e Donald Sutherland e nel 1973 entusiasma pubblico e critica con l’album Maria Muldaur e con il singolo Midnight at the oasis. Da quel momento la sua strada è in discesa. Poco interessata al successo commerciale, continuerà a produrre album di qualità come Waitress in a donut shop, Sweet harmony, Open your eyes, Gospel nights, Sweet and low e On the sunny side oltre allo splendido Live in London.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".