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Architettura e poesia, parla Paola Froncillo

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L'architetto e scrittrice Paola Froncillo

Si può pensare a un virtuoso connubio tra discipline così differenti come l’architettura e la poesia? Secondo Paola Froncillo, architetto e autrice di due libri, è decisamente possibile a patto di saperne riconoscere le sfumature e le angolazioni. Dailygreen l’ha intervistata per approfondire queste tematiche presenti nel suo libro In un grande giardino (Rupe Mutevole, 2015).

Architettura e poesia, interviene Paola Froncillo

Paola, nel darti il benvenuto su Dailygreen voglio subito chiederti di presentarti ai nostri lettori. Chi è Paola Froncillo?

Una donna, una mamma e un architetto che scrive poesie e racconti che mirano a diventare parte della vita del lettore, che mirano ad emozionare e che tentano di porre attenzione al rapporto tra vita e natura, tra uomo e mondo vegetale creando empatia tra chi scrive e chi legge. Tutti noi viviamo all’interno delle nostre vite una dicotomia/rapporto tra la vita quotidiana orizzontale e la vita essenziale creativa verticale. Credo che la poesia sia fondamentale sia come parte integrante della mia vita e dei miei racconti e sia in quel momento verticale che riguarda l’essenza delle cose, quel ritmo che è nascosto entro l’individuo, così sempre talmente immerso nel vortice della vita abitudinaria.

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Una delle “creazioni” artistiche di Paola Froncillo

Attraverso l’architettura e i giardini, cerco di immettere questo gesto poetico che ambisce a creare risonanze profonde negli altri, a emozionare e a far scaturire coinvolgimenti sensoriali. L‘architettura si basa sul ritmo dello spazio, sulla sequenza e sull’uso sapiente dei materiali ma se non coinvolge anche l’aspetto poetico, oltre naturalmente ad avere risolto e risposto alle necessità primarie dell’uomo, è nulla. Così la poesia è ritmo musicale. Ecco la poesia nei racconti che scrivo; è come fosse, nel musical, il momento in cui si alza un coro per sottolineare un momento particolare.

La tua professione di architetto ha influenzato la tua passione per la scrittura oppure l’inclinazione letteraria s’è manifestata prima del tuo percorso professionale?

Scrivo da quando ho quindici anni. Scrivo perché, con l’architettura e la fotografia, non posso  far scaturire quello che solo le parole possono rappresentare: ritmo immediato del verbo, recitazione, visioni spaziali, immediatezza delle immagini e delle sensazioni, immediatezza nell’arrivare al mondo esterno e nell’emozionare gli uomini, musica della lingua italiana, ritmo e sequenza del suono. Gli stessi principi cerco di concretizzarli nell’architettura. Scrive infatti Le Corbusier: “l’architettura deve emozionare”. M’interessa inoltre il ritmo nello spazio come il ritmo del racconto. Credo che scrittura e architettura si influenzino a vicenda.

Passiamo a parlare del tuo libro, In un grande giardino (Rupe Mutevole, 2015). Quali sono le tematiche che hai affrontato in queste pagine?

Innanzitutto il rapporto imprescindibile con la natura. Il personaggio del racconto ama immergersi nella natura ed è affascinata dall’elemento naturale e vegetale, quasi come se fosse un nuovo tema del sublime: gli spazi assoluti rappresentati dell’universo che ci appaiono sono per me un mito, è uno spazio-tempo da “cantare” nel racconto e nelle mie poesie. Il personaggio attraversa la vita quotidiana ma non rinuncia al suo spazio verticale che è essere nello spazio del proprio tempo immerso e in connubio con la natura. Le poesie sono espressione di questa mia fascinazione per la sequenza spaziale di un filare di alberi, di un tappeto erboso, di una sequenza di onde del mare, sempre uguali ma sempre differenti. L’architettura dei giardini ha influenzato profondamente i temi trattati nel libro. Io scrivo e pratico l’architettura del paesaggio ma tutto nasce nell’atto poetico che rende lirico e corale il nostro essere appartenente all’universo naturale. Siamo piccoli punti in una delle milioni di galassie e ciò fa si che il nostro vivere debba farci relativizzare ogni nostro gesto e ogni nostra azione. Non vogliamo cambiare il mondo ma possiamo migliorare la qualità del ambiente. Altro tema è il rapporto tra architettura ed edilizia e mondo della natura, vegetale ed ambientale.

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La copertina di “In un grande giardino”

Nelle città significa essere in un grande giardino mentre nell’edilizia ciò significa bioarchitettura, edilizia sostenibile e uso economico e sapiente dei materiali naturali. Significa edificio e spazio aperto, indissolubilmente legati e interconnessi. Ho scritto un Manifesto del paesaggio che inizia così: “Mentre percorrevo il viale alberato di G. Piermarini nei giardini pubblici di Milano, pensavo che forse il nostro ruolo di architetti nella società contemporanea sembra avere come priorità la ricerca di un rapporto, ancora passibile di sviluppo, tra architettura e natura. Questo significa stare nello spirito del tempo. La consapevolezza e la constatazione che le nostre esperienze sensoriali nello spazio stiano perdendo il loro significato, mi hanno inoltre convinta a scrivere questo breve testo, nella speranza che mio figlio e così le future generazioni amino ancora incontrarsi in un bellissimo giardino, oltre che apparire in un social network”.

Nelle tue pagine, c’è una singolare quanto virtuosa commistione tra poesia e prosa. Come mai questa scelta?

Prosa e poesia sono uniti. Nel racconto il tempo è più dilatato e cerco di aprire finestre e descrizione degli ambienti, ambendo come Elsa Morante o Cesare Pavese a dare idea dell’ ambiente in cui vive il personaggio del libro, mentre la poesia è il tempo veloce dell’attimo. Io registro con un i-Phone il momento e la poesia perché il mio tempo interno e creativo è più veloce della mia mano e della tastiera. Poi le trascrivo. Come nel musical il canto improvviso rompe il testo recitato così la poesia rompe il testo scritto.

Sappiamo che sei molto impegnata con il tuo lavoro di architetto. Oltre a raccontarci dei progetti che stai portando avanti come attività professionale, hai altri progetti editoriali in serbo?

 Mi occupo di architettura e l’architettura del paesaggio è il mio lavoro, ma sto scrivendo la terza  avventura del personaggio di Prima dell’anima e di In un grande giardino, un altro libro in cui la natura sarà ancora più centrale, quasi come se fosse lei a parlare in un documentario e lo scrittore facesse solo da reporter. Le foto inserite nel libro, inoltre, sono mie foto in bianco e nero e sono esplicative del racconto ma rappresentano anche la visualizzazione di una opera d’arte totale che vorrei praticare, musica, prosa, poesia e architettura.