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Capgemini: energia a rischio in Europa

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Capgemini

Capgemini, uno dei più importanti fornitori mondiali di servizi di consulenza, tecnologia e outsourcing, in collaborazione con Exane BNP Paribas, CMS Bureau Francis Lefebvre e VaasaETT Global Energy Think Tank , ha annunciato i risultati del 15° rapporto dell’Osservatorio Europeo sul Mercato Energetico (EEMO).

Lo studio mostra, in modo significativo, che la combinazione di una lunga crisi economica, la deregolamentazione dei mercati del gas e dell’elettricità e il ruolo del pacchetto “energia e cambiamenti climatici” varato dall’Unione Europea per la promozione di una rapida espansione delle energie rinnovabili, ha generato instabilità nei mercati europei dell’elettricità e del gas. Questa situazione di confusione rappresenta una potenziale minaccia per la futura sicurezza dell’approvvigionamento energetico in Europa, sia a breve che a lungo termine.

Capgemini: ecco le cause che impattano negativamente sui clienti e sulle Utility

1. Crisi economica
Il primo fattore che contribuisce a questa situazione turbolenta è la crisi economica che ha colpito in modo rilevante sia il consumo di energia elettrica sia di gas. Nel 2012 in Europa, il consumo di elettricità è diminuito dello 0,2% anno su anno e del 1,2% nel primo semestre del 2013 (rispetto a H1 2012). Il consumo di gas è diminuito in misura più significativa del 2,2% anno su anno, stabilizzandosi nella prima metà del 2013.

2. Pacchetto Clima-Energia dell’Unione Europea
In secondo luogo, attivati dall’obiettivo 2020 di raggiungere il 20% di fonti energetiche rinnovabili nel mix complessivo di consumo di energia stabilito nel pacchetto “Clima-Energia” dell’UE, i progetti sulle energie rinnovabili hanno continuato il loro sviluppo all’interno dell’Unione Europea mettendo enorme pressione sugli impianti a gas. Grazie agli incentivi ricevuti dalle rinnovabili, i bassi costi operativi hanno reso queste energie più interessanti nel merit order degli impianti di produzione di energia. Di conseguenza, il tasso di utilizzo di impianti alimentati a gas (che seguono le rinnovabili secondo il merit order) è drasticamente diminuito. Ad esempio, nei paesi che hanno una quota importante di energie rinnovabili, il tasso medio di utilizzo degli impianti a gas è sceso in modo significativo: in Spagna dell’11% nel primo semestre del 2013 e in Germania di circa il 21% nel 2012. Una situazione preoccupante, dato che per l’Agenzia Internazionale dell’Energia le centrali a gas richiedono un tasso di utilizzo del 57% per essere redditizie.

3. Impatto dello sviluppo anomalo del gas negli Stati Uniti
Grazie a un inusuale e straordinario sviluppo del gas dall’altra parte dell’Atlantico , lo spot price del gas negli Stati Uniti è sceso e questo ha contribuito a un rilancio economico e industriale del paese . Questi prezzi competitivi hanno portato a un maggiore utilizzo del gas rispetto al carbone nelle centrali a combustibile fossile, provocando un surplus di carbone e un aumento delle esportazioni verso l’Europa. Inoltre, tra gennaio 2012 e giugno 2013, questo ha causato una calo del 30% dei prezzi del carbone in tutta la regione, determinando in Europa un maggiore utilizzo delle centrali a carbone rispetto agli impianti a gas .

Secondo questo Osservatorio, le conseguenze di questa caotica situazione sono molto serie

1. Chiusura degli impianti a gas
Uno dei principali impatti per i mercati del gas e dell’elettricità è la chiusura di numerosi impianti a gas in Europa. Un recente studio di IHS stima che circa 130.000 MW di impianti a gas in tutta la regione (circa il 60% del totale installato) al momento non stanno recuperando i costi fissi e sono a rischio di chiusura entro il 2016 . Questi impianti – essenziali per salvaguardare la sicurezza degli approvvigionamenti nelle ore di punta – sono stati sostituiti da precari e non valutabili sistemi a energia rinnovabile che sono, inoltre, pesantemente incentivati.

2. Incentivi troppo elevati per le rinnovabili
Anche se molti governi ora sono meno riluttanti nei confronti delle sovvenzioni per le rinnovabili, la diffusione crescente di queste fonti nel mix energetico sta innescando fondi per le sovvenzioni sempre più elevati. Questo sta diventando un problema serio per quei paesi fortemente indebitati e il conseguente aumento del prezzo dell’elettricità pagato dai consumatori finali sta danneggiando il loro tenore di vita già compromesso dalla crisi economica. Per esempio, in Germania l’imposta EEG è aumentata da ct € 1.31/kWh nel 2009 a ct € 5.28/kWh nel 2013 e rappresenta una significativa quota dei prezzi dell’energia elettrica nel mercato interno (oltre il 18%) .

3. Il calo dei prezzi dei certificati di emissione di CO2
L’Osservatorio sottolinea anche che un altro grande problema per il settore sono i prezzi dei diritti di emissione di CO2 che sono attualmente troppo bassi, minando così i vantaggi economici di investire in tecnologie che non emettono gas ad effetto serra. In cinque anni, il prezzo della CO2 è diminuito da circa 20 €/t nel 2007 a meno di 5 €/t nel mese di agosto 2013. Rispetto ai costi previsti per realizzare i competitivi sistemi di CCS (raccolta e stoccaggio del carbonio) – 40-55 €/t per gli impianti a carbone, 80-110 €/t per gli impianti a gas – il prezzo corrente della CO2 è pericolosamente basso.

4. Sforzo finanziario per le Utility
L’instabile situazione del mercato ha portato a un calo e a un andamento irregolare dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica, riducendo i picchi di prezzo positivo e aumentando i rialzi di prezzo negativo. Come conseguenza le Utility sono in difficoltà finanziaria. I ricavi sono strutturalmente in diminuzione come ha commentato di recente il CEO della Utility tedesca RWE, Peter Terium: “entro 2-3 anni perderemo l’80% dei ricavi aziendali”.
I margini EBITDA delle Utility sono sotto pressione anche a causa del peggioramento dei margini per la produzione di energia, creando un surplus per via della stagnazione dei consumi e per i crescenti oneri fiscali.

5. Gli investimenti cruciali sono a rischio
Nel lungo periodo, le Utility devono pianificare significativi investimenti infrastrutturali in una serie di aree al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti in Europa, rimanendo al contempo competitive. Questi investimenti comprendono la sostituzione di impianti a gas o a carbone in via di dismissione , la costruzione di nuove reti per la distribuzione dell’energia elettrica per attuare le politiche di transizione energetica. Con un periodo di realizzazione che varia dai cinque ai dieci anni per questo tipo di progetti infrastrutturali, le Utility potrebbero trovarsi di fronte a delle difficoltà se l’economia migliorasse e se tornassero a crescere i consumi. Si stima che gli investimenti potrebbero superare i 1.000 miliardi di euro da qui al 2020. Tuttavia, in questo mercato e contesto normativo molto incerti – con le Utility di fronte a una situazione finanziaria in peggioramento – l’Osservatorio mette in dubbio che questi investimenti possano avvenire nei tempi giusti.