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Formazione editoriale, parla Francesca Buratti

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Editoriale
La responsabile dell'Agenzia Herzog Francesca Buratti

Come abbiamo già avuto modo di vedere, anche il panorama formativo in campo editoriale è particolarmente attivo. Soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento del settore digitale, i vari corsi e Master hanno messo l’accento sulla formazione delle nuove figure professionali che si vanno delineando nel settore librario. Per questa ragione, la nostra ricerca sulle realtà formative questa volta ci porta a parlarne con Francesca Buratti, titolare dell’Agenzia letteraria Herzog.

Formazione editoriale, un’attività in continuo cambiamento

Francesca, alla luce della tua lunga esperienza nel campo, vogliamo fare il punto sulla formazione editoriale specie in una fase di transizione così delicata per l’intero sistema libro?

Un’approfondita conoscenza dell’intera filiera editoriale e dei processi che la sottendono è fondamentale per chi si prepara a svolgere una delle tante professioni legate al libro, non solo per l’apprendimento in sé dei vari ambiti ma anche per poter orientare al meglio le proprie attitudini e valorizzarle nel mare di competenze richieste. Per comprendere certe scelte e interagire in modo efficace con tutti gli interlocutori del caso, bisogna avere molta consapevolezza della complessa macchina editoriale. Infatti, la mancanza di qualifica professionale rende difficile, se non impossibile, ogni possibilità di avviare una qualsiasi forma di collaborazione con le strutture editoriali. Molti sono coloro che vorrebbero cimentarsi in quest’ambito lavorativo, senza però avere competenze a riguardo.

Da parte loro, le stesse case editrici sono restie a vagliare proposte di giovani volenterosi e appassionati che però non propongono alcun tipo di preparazione. Spesso, infatti, l’offerta lavorativa non è all’altezza delle esigenze di un mercato che si va sempre più specializzando. Non è facile crearsi una propria nicchia in questa realtà ma non è nemmeno impossibile. Gli editori, che in genere non tengono conto delle migliaia di curricula inviati alle loro redazioni, vanno però continuamente alla ricerca di validi collaboratori che sappiano svolgere bene il mestiere editoriale. Il mondo dei libri richiede, ovviamente, una sensibilità letteraria e un amore per la cultura che, come background personale, sono stati affinati durante l’università. Ma ciò non basta per essere scelti e considerati insostituibili. Come tutti gli ambiti di lavoro, anche questo richiede un certo rigore scientifico, un bagaglio di competenze tecniche che di certo all’università non vengono insegnate.

La tua attività è tanto importante quanto fondamentale per comprendere la domanda e l’offerta nel settore editoriale. Solitamente, quali sono le figure professionali più richieste dal mercato e quali invece le domande formative dei corsisti?

Finché esiste la carta stampata e finché gli editori continueranno a investire nel libro di carta, le vecchie professioni legate all’editoria non saranno scalfite. Mi riferisco a quel lavoro prezioso degli editor, dei correttori di bozze, dei traduttori e degli addetti all’ufficio stampa senza il quale il libro, almeno nel modo in cui è stato concepito finora, non esisterebbe. È indubbio però che l’avvento dell’editoria digitale apre le porte anche a nuove professioni, non solo legate alla produzione del libro, ma anche, e forse soprattutto, inerenti il mondo della comunicazione. I ragazzi di oggi anche su questo devono puntare, su ambiti professionali ancora vergini e in cui è possibile crearsi una propria specificità.

Tra i vari servizi offerti dall’Agenzia Herzog vi è la consulenza editoriale, l’editing, le traduzioni e le ricerche bibliografiche. Anche da questo punto di vista, qual è la tua opinione sul mercato culturale italiano?

Direi un’opinione divisa tra una congenita vocazione culturale e i legittimi obiettivi di profitto. In un tentativo di definizione l’editoria libraria si presta bene al paragone col famoso Giano bifronte. Diffondere l’opera degli autori, trasmettere (nuove) idee e favorire la circolazione del sapere, raggiungendo il più ampio numero di lettori, è pur sempre la mission di uno specifico settore dell’industria che immette il suo prodotto in un mercato complesso, fra tendenze cangianti e rapporti con altri media, cercando di far quadrare i conti ogni giorno e creare fatturato. Il successo del libro – obiettivo comune di autore e editore – è dunque risultato di sensibilità e orizzonti assai diversi.

Inquadrandolo su pochi ma irriducibili caratteri, l’editore fa da tramite a due realtà separate: è canale di trasmissione fra l’autore e il lettore ma al tempo stesso – e principalmente – filtro a cui è demandato il compito della selezione qualitativa e della cura dei testi, nella formazione coerente di un catalogo che ne rispecchi e definisca l’identità, per una particolare idea di mondo o la rappresentazione di un interesse specifico (dal grande editore di varia al piccolo ultra-specializzato). Questi restano i tratti fondamentali di chi fa i libri oggi, siano essi di carta o elettronici, specie dopo che la svolta digitale invita a riconsiderare lo stato di un’arte che adotta forme sempre più smaterializzate e, spesso, senza mediazione di produzione.