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Italo Calvino, un profilo culturale

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Italo Calvino
Lo scrittore Italo Calvino

“Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. […] Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. […] Bene, cosa aspetti?”. Forse qualcuno l’ha già riconosciuto. È il famosissimo incipit di Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, uno degli intellettuali più poliedrici che hanno maggiormente segnato il XX secolo nel campo della letteratura e della narrativa italiana. Nel corso della sua vita, l’intellettuale ligure ha sempre manifestato, da una parte, una notevole varietà di espressioni culturali che hanno rivelato i suoi interessi letterari e stilistici. Al contrario, visto sotto un’altra luce, Calvino ha dimostrato di possedere un consistente nocciolo a livello di indirizzo culturale improntato a un razionalismo metodologico accompagnato da uno stile di scrittura concreto, naturale e limpido.

Calvino, un intellettuale italiano

I primi anni

Nato nel 1923 a Cuba, Calvino ritorna in Italia con la famiglia tre anni dopo. Durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, Calvino cresce in un ambiente culturale aperto e tollerante che egli metterà a frutto nella sua attività di scrittore passando dalla saggistica alla narrativa, dal teatro alla critica sociale.

Italo Calvino
La copertina di “Il sentiero dei nidi di ragno”

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Calvino si trasferisce a Torino per iscriversi alla facoltà di Agraria senza brillare particolarmente. Sono questi gli anni in cui emergono i suoi reali interessi: letteratura, cinema e teatro. Dopo l’8 settembre, aderisce alla brigata Garibaldi e condenserà l’esperienza partigiana nel suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno in cui Calvino esprimerà tutta la sua abilità nel narrare vicende particolarmente importanti della Resistenza con uno stile oggettivo e aderente alla realtà.

L’iscrizione al Partito Comunista e il suo successivo distacco

Successivamente alla Liberazione, Calvino s’iscrive al PCI condividendone i principi di difesa dei diritti e la visione sociale pur rimanendo alieno all’esaltazione delle idee comuniste. Proprio in questi anni conosce diversi intellettuali come Cesare Pavese, Elio Vittorini ed Eugenio Scalfari e comincia un’intensa attività di collaborazione con la casa editrice Einaudi nel ruolo di ufficio stampa mentre scrive per numerosi giornali e riviste legate al PCI come L’Unità, Rinascita e Culture e realtàCon la scomparsa di Cesare Pavese nel 1950, per Italo Calvino inizia un periodo di riflessione sia personale che culturale così come testimoniano i suoi viaggi in varie parti d’Europa e in Urss, del quale ne darà un’ampia descrizione nel Taccuino di viaggio in URSS di Italo Calvino e con il quale si aggiudica il premio Saint Vincent.

Gli eventi del 1956 cambieranno molto la sua visione della politica e della società; l’invasione d’Ungheria da parte delle truppe sovietiche, infatti, spinge Calvino su posizioni critiche sia verso la repressione dei tentativi di libertà del popolo ungherese e sia verso le chiusure culturali manifestate dal gruppo dirigente del PCI. La conseguenza di queste critiche non poteva che essere prima il dissenso e poi il distacco dal partito comunista.

Gli anni ’60, Italo Calvino a Parigi

Sempre in quegli anni, pur senza aderirne formalmente, Italo Calvino segue la nascita della corrente neoavanguardista Gruppo ’63 e scrive La giornata di uno scrutatore e La speculazione edilizia. In questa fase, troviamo anche i racconti di Marcovaldo, storie di un semplice manovale che vive nel contesto di una città industrializzata dove la natura è di fatto scomparsa. Il protagonista è così costretto a confrontarsi con la società moderna, di cui, tuttavia, gli sfuggono i meccanismi dando così vita a situazioni surreali.

Italo Calvino
La copertina di “Il visconte dimezzato”

Durante gli anni sessanta, Calvino sperimenta diversi stili di letteratura “intesa ora come artificio e come gioco combinatorio” come ebbe a dire lui stesso. Ecco allora Il visconte dimezzato dove lo scrittore ligure invita i lettori a non pretendere verità assolute ma a cercare un equilibrio tra la realtà e l’illusione, I nostri antenati e Il barone rampanteCon la morte dell’amico Elio Vittorini nel 1966, Calvino decide di prendersi un momento di riflessione e si trasferisce a Parigi dove rimane fino al 1980 e dove entra in contatto con illustri uomini di cultura francesi come Georges Perec, Jacques Roubaud e Raymond Queneau. Nel 1968, vince il Premio Viareggio con la raccolta di racconti Ti con zero e pubblica Il castello dei destini incrociati all’interno del volume Tarocchi – Il mazzo visconteo di Bergamo e New York edito da Franco Maria Ricci nel 1969. Come ha scritto un autorevole critico letterario a proposito di questa fase letteraria di Calvino: “È un periodo di vivo interesse per le teorie scientifiche relative alla nascita e alla costituzione del cosmo, all’origine della vita, alla struttura della materia”.

Le città invisibili

Nel 1972 inizia a collaborare con Il Corriere della Sera e pubblica Le città invisibili, libro in cui Calvino adotterà uno stile definito “combinatorio”. Questo romanzo ricalca da vicino Il Milione di Marco Polo, con la differenza sostanziale che qui è lo stesso commerciante di Venezia che descrive al Gran Khan le invisibili città del suo vastissimo impero; sono città immaginarie, tuttavia, perché questi luoghi esistono solamente tramite la narrazione dello stesso Marco Polo.

Italo Calvino
La copertina di “Le città invisibili”

Anche in queste pagine, si fa allusione alla civiltà tecnologica e alla situazione dell’uomo moderno il quale, vedendosi compromessa ormai qualsiasi possibilità di controllo conoscitivo del reale, si ritrova costretto a servirsi di realtà virtuali.

Dall’Iran al Giappone, i viaggi dello scrittore

Gli ultimi anni della sua vita sono costellati da numerosi viaggi all’estero. Nel 1975 lo troviamo in Iran, dove cura la preparazione di un programma radiofonico, Le città della Persia mentre l’anno successivo si reca negli USA, in Messico e in Giappone per una serie di incontri e di conferenze. Nel 1979 pubblica Se una notte d’inverno un viaggiatore, probabilmente la sua opera più metanarrativa.

In questo romanzo in particolare, più che altrove, Calvino mette a nudo i meccanismi della narrazione, avviando una riflessione sul mestiere di scrivere e sui rapporti tra scrittore e lettore. Proprio in quegli anni, infatti, scriveva: “Non posso più nascondermi la sproporzione tra la complessità del mondo e i miei mezzi d’interpretazione: per cui abbandono ogni tono di sfida baldanzosa e non tento più sintesi che si pretendano esaustive”. Nel 1983 esce Palomar pubblicato da Einaudi e per la casa editrice torinese cura anche l’introduzione di America, la celebre opera di Franz Kafka. Durante l’estate del 1985, Calvino lavora a una serie di conferenze (le Lezioni americane, pubblicate successivamente postume) che avrebbe dovuto tenere presso la prestigiosa università di Harvard. Dopo esser stato colpito da un violento attacco d’ictus, Italo Calvino muore il 19 settembre 1985.