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La Norvegia apre alle trivellazioni nell’Artico

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La Norvegia, il paese più all’avanguardia per la greeneconomy e per la lotta al cambiamento climatico, prende una decisione in netta controtendenza rispetto alle proprie convinzioni e apre alle trivellazioni nell’Artico per la prima volta in 20 anni.

La Norvegia apre alle trivellazioni nell’Artico

Il nuovo piano norvegese di perforazioni offre a ben 13 compagnie  petrolifere la possibilità di trivellare alla ricerca dell’oro nero nelle acque inesplorate dell’Artico e precisamente in una parte del Mare di Barents, una zona rimasta a tutt’oggi inesplorata.

La decisione sembra ancor più inconcepibile se letta alla luce delle politiche “green” finora adottate dal governo: solo qualche tempo fa ad esempio,  abbiamo dato la notizia dell’espansione della mobilità elettrica nel paese, già ampiamente realizzata su strada e recentemente allargata anche all’industria navale.

Incomprensibile quindi, se non che, molto probabilmente, questa nuova spinta alle trivellazioni, voglia essere un tentativo di rivitalizzare un settore morente, ovvero proprio la produzione petrolifera ormai dimezzata dal 2000 e di rimpinguare le entrate dello Stato dopo il crollo dei prezzi del greggio.

Tre delle 10 licenze, che in totale riguardano 40 “blocchi” di mare, si trovano vicino alla frontiera marittima con la Russia, in una zona a lungo contesa tra i due Paesi prima dell’accordo raggiunto nel 2010. In particolare due di questi blocchi sono stati assegnati alla compagnia nazionale Statoil, mentre il terzo alla Det Norske, partecipata a maggioranza dalla russa Lukoil. Le zone di mare in questione sono state progressivamente liberate dai ghiacci dall’azione della corrente del Golfo, e sono considerate molto appetibili. Statoil prevede di iniziare a perforare nel 2017.

Ambientalisti in rivolta

L’area in questione è ancora in gran parte incontaminata, ma soffre più di altre dell’impatto del riscaldamento globale. La decisione del governo ha messo in allarme i gruppi ambientalisti, preoccupati per il delicato ecosistema del luogo e per la vicinanza tra le aree di trivellazione e i banchi di ghiaccio.

«Non possiamo rischiare nel Mare di Barents un’altro disastro come quello provocato dalla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico», ha detto Truls Gulowsen, capo di Greenpeace Norvegia, osservando inoltre anche come la COP 21 abbia fissato degli obiettivi. L’azione della Norvegia va in direzione opposta a quelle decisioni.

 

 

Fonte: theguardian.com