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La prima volta dei Monkees

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Il 12 settembre 1966 la NBC manda in onda il primo telefilm interpretato dai Monkees, una band sconosciuta che vive sul teleschermo storie surreali e divertenti scandite da gag e canzoni, sulla falsariga del film beatlesiano “A hard day’s night”.

Una gigantesca campagna promozionale

Il debutto televisivo è preceduto da una campagna promozionale senza precedenti, che costa alla RCA, casa discografica del gruppo, ben centomila dollari: il doppio di quanto speso due anni prima per il lancio dei Beatles negli States! Quando va in onda il primo telefilm tutti i negozi hanno già avuto in conto vendite una fornitura di dischi del gruppo superiore al normale. L’operazione ottiene un successo strepitoso e in breve tempo i Monkees diventano una delle band più popolari del mondo. La serie di telefilm che li vede protagonisti si allungherà fino al 25 marzo 1968 quando verrà trasmessa la cinquantottesima e ultima puntata. La loro storia inizia l’8 settembre 1965 quando il produttore Don Kirshner, convinto da Bob Raphelson (il futuro regista di “Cinque pezzi facili” e del remake de “Il postino suona sempre due volte”), con un’inserzione a pagamento sul “Daily Variety” di Los Angeles cerca quattro ragazzi di età compresa tra i diciassette e i ventun anni per una serie di telefilm musicali. All’appello si presentano in quattrocentotrentasette e tra i candidati figurano personaggi destinati a diventare famosi come Stephen Stills, Paul Williams e il futuro leader dei Three Dog Night, Danny Hutton. Alla fine i quattro selezionati sono il cantante inglese David “Davy” Jones, il chitarrista Mike Nesmith, il bassista Peter Tork e il batterista Mickey Dolenz.  Pur essendo stati scelti più per l’immagine che per le loro qualità musicali i quattro non sono dei novellini alla prima esperienza. Mickey Dolenz ha all’attivo, con il nome di Mickey Braddock, la serie televisiva “Il ragazzo del circo”, mentre Peter Tork è un chitarrista piuttosto popolare negli ambienti del Greenwich Village per la sua militanza nei Phoenix Singers e Mike Nesmith gode di una discreta fama come cantante e autore folk. Non è da meno l’inglese David Jones che nel suo paese ha partecipato ai musical “Oliver” e “Pickwick”, ispirati ai romanzi di Dickens.

Un grande successo

La gigantesca campagna promozionale che supporta il loro lancio ottiene rapidamente i risultati prefissati. I Monkees arrivano al vertice della classifica statunitense con il primo singolo Last train to Clarksville e si ripetono con il successivo I’m believer, composto da Neil Diamond, che vende più di dieci milioni di copie in tutto il mondo. Quando la band fa la prima apparizione dal vivo in un concerto alle Hawaii scoppiano violenti disordini tra i fans e le forze dell’ordine. È l’inizio della “Monkeemania”: il gruppo si ritrova a essere oggetto di una vera e propria isteria di massa da parte di milioni di adolescenti. Tra il 1967 e il 1968 tutti i dischi dei Monkees vendono milioni di copie e le fortune della band sembrano destinate a non finire mai. Con la stessa velocità con cui è arrivato, il successo se ne va. A partire dalla seconda metà del 1968, mentre cresce la qualità artistica della loro produzione, la loro popolarità tende a scemare. Emergono anche le prime divergenze tra i componenti e all’inizio del 1969 Peter Tork se ne va. I suoi compagni tentano di proseguire come trio ma, nonostante l’apprezzamento della critica, non riescono più a riconquistare i favori del pubblico. Il loro periodo d’oro è ormai finito e dopo l’addio di Nesmith i Monkees nel 1970 sono ridotti a un duo composto da Mickey Dolenz e David Jones. La storia del gruppo finisce qui anche se non mancheranno future riunioni e tour all’insegna prevalente della nostalgia.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".