Esercizi di stile e quattro variazioni di un’identità (io/noi/voi) sempre più sfuggente, nell’epoca della società tecno-liquida descritta dal sociologo Zygmunt Bauman, un percorso di opere site-specific, performance ed installazioni video nello spazio Interno 14, via Carlo Alberto 63 Roma. Inaugurazione il 6 marzo prossimo, ore 18,30, della mostra di Jessica Iapino “Autoviolationprivacy”, a cura di Lori Adragna. La mostra proseguirà fino al 17 marzo 2018 su appuntamento: 3494945612. www.jessicaiapino.com
Le immagini, non solo completano il linguaggio verbale, ma sono un riferimento fondamentale ad un linguaggio “altro”, quello visivo, che specialmente oggi sarebbe importante padroneggiare meglio – anche con l’aiuto degli artisti-interpreti – non semplicemente invece limitandosi a subirne gli effetti emotivi, in uno stato di “narcisistico torpore”, in particolare anche e soprattutto, attraverso la tecnologia informatica, che si propone principalmente attraverso una sovra-esposizione immaginaria.
Dalla scomparsa di Marshall McLuhan (1980), il mondo delle comunicazioni di massa ha raggiunto una diffusione esponenziale. La sua predizione, riguardo la simultaneità sensoriale prodotta dalla velocità di trasmissione dell’informazione, dovrebbe aver portato (non sta a me dirlo) ad una “ri-tribalizzazione” dell’ambiente mediale contemporaneo. Oggi, nei significati e contorni anche molto crudeli, non sarebbe sbagliato situarlo nel pieno trionfo dell’immaginario, non dimenticando Guy Debord, per il quale lo spettacolo era “il cattivo sogno della società incatenata”.
Non si può non citare a questo proposito, un film di fantascienza Matrix, (scritto e diretto da Larry e Andy Wachowski) che già del 1999 descriveva un eroe che guidava la resistenza in una Chicago post-guerra globale; mentre Cypher, l’anti-eroe, il traditore, non voleva per questo ricompense in denaro, ma di poter regredire allo stato di incoscienza, che aveva prima di essere ri-svegliato. Resta attuale pertanto che, nel mondo delle comunicazioni di massa, il corpo ed i propri organi di senso, la percezione del Sé in rapporto agli altri, vengono fortemente modificati, mentre sorgono trasmissioni ed ambientazioni distopiche (in libri, film, serie televisive e videogiochi) che usano atmosfere di fantascienza ed orrore che i recenti eventi politici sembrano rafforzare.
La pratica artistica può contribuire a risvegliare le percezioni sopite dalla sovraesposizione agli stimoli a cui siamo sottoposti? Mentre aumenta il processo di de-territorializzazione, di frammentazione degli spazi e la standardizzazione del paesaggio urbano, con il trasferimento nell’iperspazio, nel ciberspazio, di molte delle relazioni e delle funzioni simboliche o immaginarie della comunicazione, qualcosa come l’Arte riporta le persone di nuovo in contatto con se stessi e con una Realtà territoriale, storica, fisicamente partecipata. (Marc Augé – Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità).
Nell’ambito delle Arti si lavora da molto tempo sul concetto l’Identità, un concetto complesso che in ogni caso contribuisce a stabilire anche i confini di un Senso d’appartenenza nazionale. Non a caso la nostra Jessica Iapino, rappresenta un’Italia spezzata (foto 2) trasformata in un gioiello da indossare. Non casuale il riferimento a Luciano Fabro (1936-2007), uno degli indimenticati maestri contemporanei, che ha rappresentato in svariate versioni la nostra penisola, strappata dal contesto territoriale ed appesa al contrario; un’anatomia crudele di una gamba al gancio del macellaio, oppure come una delicata sagoma di sottile vetro trasparente, sempre in aperta esposizione al rischio della frattura.
Il testo critico di Lori Adragna, introduce alla mostra con una citazione di Emil M. Cioran, una filosofia dell’assurdo venata di ironia e pessimismo radicale – “Nessuna differenza fra l’essere e il non-essere, se si percepiscono con pari intensità.- Però corregge il tiro con una colta spiegazione – La pervasività, a partire dal XXI secolo, dell’immagine, dell’informazione e soprattutto della tecnologia, ha assottigliato sempre più la barriera della nostra privacy. Come suggeriva il sociologo [Zygmunt Bauman], l’uomo contemporaneo abita una “società confessionale”, dove i “social network”, strumento di sorveglianza dei pensieri e delle emozioni – usato dai vari poteri con funzioni di controllo – agisce grazie alla partecipazione entusiastica di chi vi aderisce promuovendo la pubblica esposizione di sé. Un paradosso evidenziato da Umberto Eco quando scriveva: “Siamo ossessionati dalla difesa della riservatezza contro un Grande Fratello (alla Orwell) che ci osserva e ci ascolta”. Ma in realtà tutti vogliamo farci vedere. Perché apparire, anche mostrando il peggio di sé, è diventato l’unico modo per esistere”.-
Rispondendo a queste drammatiche consapevolezze, l’artista fa partire la sua ricerca. La sua performance complessiva, prodotta in installazioni video, ripercorre le tappe di una rinascita simbolica da una morte apparente, con addosso il gioiello della nostra Italia spezzata, per poi agire sulla sua immagine riprodotta con un calco, “self portrait w/ mask” (foto 3) e liberarsene come un lembo di pelle o come un’antica maschera mortuaria, unico strumento conosciuto dai nostri avi per entrare in contatto con le divinità o gli spiriti.
Jessica Iapino è nata il 14 Ottobre 1979 a Roma dove vive e lavora. Diplomata alla Marymount International School continua i suoi studi presso la A.U.R. American University in Rome. Il suo lavoro parte da un’analisi introspettiva con uno sguardo alla società contemporanea. Ritraendone gli aspetti più semplici, più umani. Attraverso una filosofia di pensiero in costante “costruzione-costrizione”. Inizia la sua sperimentazione con il video, fotografia e installazione. L’esigenza del mezzo filmico diventa un aspetto importante nel suo lavoro; considerato come mezzo più incorporeo e quindi “leggero”.
Sue ultime attività in ordine di tempo – Nel 2013 alcuni dei suoi autoritratti sono stati pubblicati nel libro fotografico “Il Corpo Solitario” del critico d’arte Giorgio Bonomi tra artisti più importanti dal calibro di Cindy Shermann, Andy Warhol, Li Wei, Francesca Woodman e giovani artisti emergenti. A giugno del 2015 una collettiva dal titolo “So Strong 1.5” nella Galleria torinese Riccardo Costantini Contemporary con opere di Andy Warhol e Carol Rama. Nel 2016 completa la produzione del cortometraggio “One Day All I wish for you is Me” girato in parte al Teatro Valle e Piazza di Spagna. Un omaggio al teatro danza con uno sguardo all’essenza del lavoro di Pina Bausch presentato in anteprima nella Fortezza Spagnola, Argentario Toscana.