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Le lingue e la storia secondo la blogger Francesca Rossi

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Francesca Rossi
La blogger Francesca Rossi ci parla del suo ultimo romanzo

Dopo aver intervistato Paul J. Horten e parlato del suo romanzo distopico Spaceborne Marines, siamo tornati a “bussare” alla porta di Genesis publishing per interloquire con un altro pezzo pregiato della sua scuderia autori. Questa volta è toccato alla scrittrice e blogger romana Francesca Rossi che ci ha illustrato il suo Livia e Laura e abbiamo scoperto che non si tratta solo di una promettente autrice…

Francesca Rossi, tra giornalismo e scrittura

Romana, laureata in Lingue e Civiltà Orientali a “La Sapienza” e trasferitasi ad Alessandria d’Egitto per approfondire lingua e cultura arabo-islamica. Lettrice accanita e ora anche autrice. Francesca, cos’altro aggiungere a questo tuo breve, ma intenso, profilo?

Per prima cosa grazie per questa intervista. In effetti sono una persona che difficilmente riesce a stare ferma. Sono anche una blogger, ho creato La Mano di Fatima (www.lamanodifatima.blogspot.it) un blog dedicato al mondo arabo-islamico; Divine Ribelli (www.divineribelli.blogspot.it) dedicato alle grandi donne che hanno fatto la Storia; La Penna Zen (www.lapennazen.blogspot.it) che raccoglie articoli e riflessioni sulla scrittura e il sito dedicato alla mia eroina letteraria preferita, Angelica La Marchesa degli Angeli di Anne e Serge Golon (http://digilander.libero.it/songlian). Collaboro con delle testate giornalistiche online come Cultura e Culture di un Mondo in Movimento (http://www.culturaeculture.it/) per cui curo il blog sulle donne arabe Malala e le Altre e scrivo articoli di attualità (l’ultimo è uscito alcuni giorni fa e affronta la complessa situazione del Venezuela) e il bimestrale Mosca Oggi (http://moscaoggi.ru/index.html). Ho anche un piccolo spazio sull’Huffington Post, in cui scrivo del mondo arabo-islamico. Ho una grandissima passione per la scrittura, l’arte, il cinema, la musica e le lingue. Cerco sempre di imparare nuovi idiomi, perché non solo credo sia un arricchimento culturale fondamentale, un modo per scoprire nuovi mondi e modi di pensare, ma anche che mantenga giovane la mente, come fosse un muscolo tenuto in costante allenamento. Attualmente sto studiando il russo e approfondendo lo spagnolo. Mi piace far tutto con serenità, passione, grinta, il giusto tempo e senza alcun tipo di pressione schiacciante o competizione. Ogni cosa che faccio la vivo anche come una sfida con me stessa, per migliorarmi ma, soprattutto, è una spinta a conoscere sempre di più, a fare domande per capire la realtà, osare. Non importa sbagliare; tutti commettiamo errori ogni giorno e da questi dovremmo imparare. L’importante è riprendere il percorso ogni volta, senza scoraggiarci, saper tirare fuori in ogni situazione il nostro Io, la nostra personalità. Dovremmo imparare a vedere il fallimento come un’opportunità per comprendere cosa dobbiamo modificare per raggiungere i nostri obiettivi. Non è facile e non è qualcosa che si può fare in pochi giorni, ma non serve neppure essere Wonder Woman. Insomma non è una strada lineare, ma neppure la vita lo è. A noi spetta il compito di camminare e percorrere tutto il tragitto senza fretta né pigrizia.

Francesca, parliamo di Livia e Laura, il romanzo di genere storico/soft fantasy che hai pubblicato in e-book con Genesis Publishing lo scorso anno. Dove e quando è venuta l’ispirazione giusta per cimentarsi con carta e penna, Francesca?

Scrivere mi è sempre piaciuto tanto, fin da bambina. Amo creare storie, personaggi e realtà diverse nel tempo e nello spazio. Ho pubblicato altri racconti con Lite Editions e La Mela Avvelenata. Di solito le storie nascono da miei particolari interessi e da qui comincio, giorno dopo giorno, a mettere insieme pezzi della trama nella mia mente, quasi fossero una sorta di flashback. Quando la sinossi è completa la scrivo e creo i personaggi. Le idee possono venire fuori dalle mie esperienze, da cose che accadono a persone intorno a me, da storie che sento e che credo abbiano un valore, che debbano essere raccontate in qualche modo. Anche nel caso di Livia e Laura è stato così: la storia è nata dal grande amore che ho per la Sicilia, per i suoi paesaggi, la cultura e le leggende e per l’Italia, da sempre scrigno di tesori e miserie umane. Due vicende particolari mi hanno sempre affascinato: l’assassinio di Laura Lanza, la Baronessa di Carini e l’origine della setta dei Beati Paoli, entrambi misteri che confondono Storia e leggenda. Partendo da questi punti è nato il romanzo che descrive la lotta di due donne, vissute in epoche differenti, per la libertà e l’amore. Livia e Laura si scontrano con il tempo in cui vivono, con le famiglie e la morale dell’epoca, perché possiedono una spinta inarrestabile verso l’indipendenza, la libera espressione di sé. Questo romanzo è, come dico spesso, una dichiarazione d’amore alla Sicilia, all’Italia e alla libertà, tassello fondamentale per ogni esistenza e che non possiamo permetterci di sottovalutare. Narrare le vite di Livia e Laura nasce anche dall’esigenza di ribadire che nessuno ha il diritto di privare della libertà, di sopraffare gli altri, di schiacciare le loro aspirazioni. Si può incatenare qualcuno in molti modi, da quello fisico più palese a quello più subdolo, che ha a che fare con la manipolazione. Quest’ultimo è il sistema più perverso e difficile da comprendere e combattere, lo stesso che adotta, con perfida maestria, il conte Enrico Altamura, padre di Livia.

Francesca, parliamo un po’ più nel dettaglio di Livia e Laura, un racconto intriso di suspense e mistero ambientato nella Palermo degli anni ’50. È la storia di Livia, contessina di Altamura, alternata a quella di un fantasma, la baronessa Laura di Carini; tra passato e presente, il tutto condito da un pizzico di dialetto siciliano. Francesca, come mai quest’ambientazione spazio-temporale e la scelta del siciliano in certe parti del libro?

Da tempo mi ronzava in testa l’idea di scrivere sulla Baronessa di Carini, di parlare di questa donna che è stata punita per aver amato. Un amore ribelle, fuori dalle regole (imposte), ma non per questo meritevole della morte! Livia e Laura sono due donne che si confrontano, anche se non in maniera diretta. Sono una lo specchio dell’altra. Attraverso loro vediamo concretizzarsi un’idea celebre, presente nel Gattopardo: tutto cambia perché nulla cambi, o quasi nulla. Questo è vero se riflettiamo su certi pregiudizi e a certi schemi mentali che ci portiamo dietro da secoli, che assumono nuove forme, magari, ma non cambiano nella sostanza. Penso a dei preconcetti sulle donne e sul loro ruolo nella società, per esempio. Certo, dal Cinquecento, epoca in cui visse Laura Lanza, molte cose sono cambiate. Anche dagli anni Cinquanta, il tempo di Livia Altamura, sono stati fatti grandi passi avanti, ma ancora moltissima strada c’è da fare. Quanto possiamo davvero dirci liberi oggi, uomini e donne? Abbiamo raggiunto traguardi, abbattuto muri e ostacoli eppure, in certi momenti, passato e presente si sfiorano e noi oscilliamo tra un polo e l’altro, tra innovazione e tradizione, tra desideri e convenzioni senza saper trovare un punto equidistante tra i due. Come ho già detto, poi, la Sicilia esercita su di me un incredibile fascino, ma devo dire che sono anche molto interessata alle origini del fenomeno mafioso. Sono stati davvero i Beati Paoli i primi uomini d’onore ante litteram? Ho provato a dare una risposta, nel romanzo che, comunque, lascia aperte molte porte per altre interpretazioni. Per rendere tutto questo, per ricreare determinate atmosfere e delineare i personaggi, il dialetto siciliano era fondamentale. L’ho studiato per un bel po’ di tempo, io sono romana e l’ho adorato fin da subito. Una lingua carica di sfumature, in bilico tra il detto e il non detto, tra l’evidenza e l’interpretazione. Inoltre i dialetti, che nulla hanno meno delle lingue ufficiali, sono un patrimonio da conservare e difendere perché rappresentano la nostra storia e, non esagero, sono parte del nostro DNA.

Francesca, sembra di capire, però, che è anche la storia di due donne e del loro coraggio, insomma quasi un manifesto femminile…

Sì, Livia e Laura è la storia di due anime affini, due donne che cercano un posto nel mondo, benché quest’ultimo, forse, non sia pronto a capire la loro esigenza di indipendenza. Entrambe hanno quella che, nel romanzo, chiamo “ansia di vivere”. È una necessità, quasi come riprendere fiato dopo esser stati sott’acqua per un certo tempo e appartiene a tutti, uomini e donne, perché entrambi cercano uno spazio che appartenga solo a loro. Non tutti, però, riescono a trovarlo. Alcuni, poi, si lasciano dissuadere dalle difficoltà che incontrano nella ricerca, convincendosi che è meglio non rischiare, facendosi convincere, questo è il guaio, che non possono farcela. Le donne soprattutto. In questo, anche sta l’attualità del romanzo. Poi c’è l’amore che regna sovrano, i sentimenti taciuti per paura, i tradimenti, l’incapacità di amare e perfino il troppo amore, quello che annebbia i pensieri, oscura le malefatte di chi viene messo su un piedistallo, quasi idolatrato benché non lo meriti affatto. Anche in questo caso sono le donne a pagare il prezzo più alto. C’è un personaggio che, insieme a Laura, sconta questa fame d’amore, d’amare ed essere amata; Marianna, la migliore amica di Livia. Bellissima e infelice, desiderata eppure certa che le manchi qualcosa. Una donna dalla personalità complessa, insoddisfatta nonostante possieda tutto ciò che si possa desiderare. Un altro punto nodale della storia, poi, è il femminicidio, una piaga che stiamo vivendo ancora oggi, purtroppo e a cui è necessario mettere fine al più presto, poiché privare della vita, in generale, vuol dire privare l’altro della possibilità di essere libero nel mondo, un atto terribile per cancellare, distruggere, annientare l’essere umano e i suoi sogni.

Dunque Livia e Laura può essere considerato un manifesto femminile ma, in realtà, il messaggio è diretto anche agli uomini. Solo dalla collaborazione di entrambi potrà aver origine un vero progresso. Nessuna prevaricazione, nessuna etichetta, nessun preconcetto. È difficile? Diciamo che nessuno ci ha mai detto che sarebbe stato semplice come bere un bicchier d’acqua, ma abbiamo il dovere di provarci.

Oltre a proseguire nella tua carriera di scrittrice, Francesca, quali altri progetti hai per il tuo futuro?

Sto scrivendo nuove storie, mi dedico al giornalismo come praticante e ai miei blog. Tra poco sarà pronto il nuovo romanzo, Il Palazzo d’Inverno che racconta la storia di un amore proibito alla vigilia della rivoluzione russa e della caduta della dinastia Romanov, ma ci sono già altre trame che spingono per essere raccontate. Di progetti lavorativi e non oltre la scrittura ce ne sono alcuni, vedremo quali si realizzeranno. I viaggi e i romanzi rimangono una costante della mia vita, ma lascio aperte tutte le porte. Uno dei miei sogni è il giornalismo, mi piace parlare di politica e di Storia, capire gli eventi, andare oltre ciò che è già stato scritto e detto. Spero di essere sempre di più una persona attenta e curiosa nei confronti della realtà e devo dire che la lettura e i blog mi aiutano in questo: mi piace condividere notizie, recensioni e riflessioni. Non so dove mi porterà la strada del blog, ma sono aperta a tutte le possibilità, continuando a lavorare seriamente, soprattutto sulle fonti, sulla ricerca del materiale. Inoltre avere intorno le persone a me care, quelle che mi sostengono in ogni momento è già un importante traguardo, perché so che, ovunque andrò, in qualunque luogo vivrò, loro ci saranno sempre e io ci sarò per loro. Ho in programma di terminare il corso di russo e arrivare a parlare questa lingua il meglio possibile, insieme alle altre che conosco, come l’arabo. Sono parte integrante di me e lo saranno per sempre. Cerco di non pormi tanti obiettivi a lunga scadenza, ma di procedere per periodi relativamente brevi, passo dopo passo e prepararmi al meglio per affrontare i piccoli obiettivi, diciamo così, che porteranno, poi, a quelli più grandi. Un atteggiamento che forse si scontra con la frenesia dei nostri tempi e la smania di voler mostrare subito tanti risultati, però ogni cosa ha bisogno di un tempo di “maturazione” e non dobbiamo mai dimenticare di goderci il viaggio verso i nostri scopi.