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Le multinazionali del cibo inquinano di più

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Circa il 25% delle emissioni globali di gas serra è determinato dalla produzione di cibo dei grandi colossi alimentari. Questo quanto riporta l’ultimo dossier della campagna Scopri il marchio di Oxfam (Oxford Commitee for Famine Relief, la confederazione di 17 organizzazioni non governative unite per cercare soluzioni definitive alla povertà e all’ingiustizia, ndr).

I colossi alimentari i grandi inquinatori

L’analisi che ha riguardato le dieci grandi multinazionali del cibo, ha rilevato un pericoloso nesso tra la produzione di cibo e sulla produzione di gas serra. E’ un serpente che si morde la coda: la produzione di alimenti a livello industriale ha un fortissimo impatto sull’ambiente e sul cambiamento climatico e, d’altro canto, l’inquinamento, influisce sulle quantità e costi della produzione stessa.

Secondo i dati del 2010 dell’United States Departments of Energy’s Carbon Dioxide Information Analysis Center – CDIAC, la quantità di gas serra prodotta dall’attività delle grandi multinazionali alimentari – Associated British Foods (Twinings), Coca-Cola, Danone, General Mills (Haagen-Dazs), Kellogg, Mars, Mondelez International (Milka), Nestlé, PepsiCo e Unilever (Algida, Motta, Alemagna) – è uguale a quella prodotta dalla Spagna, cioè dal venticinquesimo paese più inquinante del mondo.

Le multinazionali nel mirino delle associazioni

Sempre secondo Oxfam, l’impegno da parte di queste società ad abbracciare modalità produttive più rispettose dell’ambiente, porterebbe ad eliminare almeno 80 milioni di tonnellate di emissioni entro il 2020. Praticamente, è come se le più grandi città del mondo come New York, Londra, Pechino e Los Angeles chiudessero le loro strade al traffico.

La relazione di Oxfam, Cambiare Clima per Vincere la Fame, pubblicata in occasione della campagna Scopri il Marchio, evidenzia che: le dieci multinazionali, producono un totale di 263,7 milioni di tonnellate di gas a effetto serra – più di quanto prodotto complessivamente da Qatar e gli Emirati Arabi Uniti, due stati che basano le loro economie sulla produzione di petrolio e gas.
Le perdite economiche che i cambiamenti metereologici causano ai raccolti agricoli, dimostrano quanto sia vitale anche per l’economia di queste società adottare politiche più sostenibili che riguardino tutto il processo produttivo.

La strada da percorrere è ancora lunga

Anche noi consumatori possiamo contribuire al cambiamento di rotta. Il presidente di Oxfam Italia, Maurizia Iachino, ha in proposito dichiarato: ”Chiediamo ai cittadini italiani e a quelli di tutto il mondo di essere dei consumatori consapevoli facendo sentire la propria voce perché le imprese presenti con i loro prodotti alimentari nella quotidianità delle nostre tavole, modifichino il modo di produrre cibo, migliorando le proprie politiche di contrasto e prevenzione dei cambiamenti climatici”.