Il 1° maggio 1921 il giornale “L’Ordine Nuovo”, diretto da Antonio Gramsci, pubblica per la prima volta una versione italiana de L’Internazionale firmata da Bergeret che suscita reazioni discordanti. I puristi storcono il naso accusano il giornale di aver tradito lo spirito del brano diffondendone una versione non troppo aderente al testo originario francese. La scelta però non è casuale. Scriverà infatti Antonio Gramsci nei “Quaderni del carcere” che i canti popolari non sono quelli scritti e ragionati a tavolino, ma quelli che il popolo adotta come suoi «perché conformi alla sua maniera di pensare e di sentire».
Il senso della cultura popolare
L’analisi gramsciana del canto popolare ha alla base un ragionamento guida: «ciò che contraddistingue il canto popolare, nel quadro di una nazione e della sua cultura, non è il fatto artistico, né l’origine storica, ma il suo modo di concepire il mondo e la vita in contrasto con la società ufficiale». Se non si comprende il senso profondo di questa concezione che è politica, ma non solo, si finisce per non capire la ragione per cui, tra le tante versioni italiane de L’internazionale, alcune delle quali sicuramente più aderenti all’originale francese di Eugène Pottier, “L’Ordine Nuovo” pubblichi il testo firmato Bergeret, uno pseudonimo che a detta di Raffaele Mario Offidani (Spartacus Picenus), ma anche di Cesare Bermani, nasconde il nome di Umberto Zanni, uno dei collaboratori della “Rassegna popolare del socialismo”. Non è una traduzione originale letterariamente corretta, ma, come si diceva a quei tempi, una “traduzione libera”. Viene scelta tra molte altre perché è risultata vincitrice nell’ottobre 1907 del concorso bandito dal giornale “L’Asino” per le migliori parole italiane dell’inno e viene adottata dal Partito Socialista Italiano. Non ci sono dubbi che altre versioni fossero più fedeli al testo francese scritto da Eugène Pottier, nel giugno 1871, mentre era nascosto a Parigi per sfuggire alla repressione contro la Comune. È il caso di quella che inizia «Su! Sofferenti della terra!», considerata oggi come una sorta di versione anarchica del canto e pubblicata con almeno tre titoli diversi: L’Internazionale, Su, sofferenti! e Germinal. Altri testi hanno avuto riconoscimenti ufficiali come quella che inizia con «Sorgete, o miseri del mondo!», di Spartacus Picenus, cioè Raffaele Mario Offidani, adottata nel 1919 come inno della Federazione italiana giovanile socialista. Tuttavia solo quella di Bergeret è divenuta davvero un canto popolare nel senso che Gramsci attribuiva a questa parola.
Un brano che ha superato il tempo
Ha superato il tempo e i limiti della stessa struttura testuale, che oggi risulta arcaica nella sua costruzione, per diventare patrimonio di tutti al punto che, se si segue il criterio introdotto da Lomax, che stabilisce una divisione netta tra la ricostruzione storico filologica e lo stato di fatto, non è errato considerarla ormai un brano “tradizionale” e come tale indicarlo. La musica poi ha travalicato le frontiere del tempo, dello spazio e dei generi musicali fino a entrare anche nella storia del rock con le versioni del britannico Billy Bragg e degli italiani Area.