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Miami Little Steven, più d’una spalla

Il 22 novembre 1950 nasce a New York “Miami” Little Steven, all’anagrafe Steven Van Zandt, il chitarrista considerato per anni la spalla ideale del Boss Bruce Springsteen.

Ritornelli calabresi per imparare a suonare la chitarra

Nonostante sia stato fondamentale per l’allargamento della sua popolarità, il rapporto professionale con Springsteen ha finito, però, per condizionare, non sempre positivamente, la sua carriera. Little Steven muove i primi passi musicali sotto la guida del nonno, l’italoamericano Sam Lento, che gli insegna i segreti della chitarra sulle note dei ritornelli popolari calabresi. La sua formazione musicale si alimenta al calore del rhythm and blues di Gary Davis e Robert Johnson oltre che al jazz tradizionale di Louis Armstrong. A soli quindici anni diventa il cantante e chitarrista degli Shadows, un gruppo del New Jersey da non confondere con la più illustre e omonima band britannica. Un anno d’esperienza gli basta per sentirsi finalmente pronto a formare un proprio gruppo, The Source. Sono gli anni della grande mobilitazione contro la guerra nel Vietnam e Little Steven con la sua band è tra i protagonisti di lunghe kermesse musicali sull’argomento. Suona dovunque, anche se la sua tana è lo Stone Pony, un locale di Asbury Park.

L’incontro con il Boss

Nel 1974 entra a far parte dei Southside Johnny & The Asbury Jukes il gruppo di “Southside” Johnny Lyon. L’anno dopo reincontra Bruce Springsteen, con il quale alla fine degli anni sessanta suonava negli Steel Mill. Bruce, che  sta registrando “Tenth avenue freeze out” per l’album “Born to run”.  Bruce non è soddisfatto della sezione fiati. Steven gli dà una mano a sistemare la cosa ed entra ufficialmente nella E street band. Resterà con il Boss per nove anni consecutivi, senza rinunciare, però a qualche esperienza per conto suo, prima con gli Asbury Dukes e poi con i Disciples of Soul. Il suo impegno sociale e, soprattutto, la voglia di sperimentarsi senza l’ingombrante presenza di Springsteen lo portano a separarsi amichevolmente dal Boss nel 1984. «Il rock non è intrattenimento, è motivazione». Per questo lui farà sul serio. Pubblicherà album come “Freedom no compromise”, caratterizzato da un deciso impegno sociale in difesa delle popolazioni oppresse del Sud America e del Sud Africa, ma si mobiliterà anche in progetti più ampi come la registrazione, con decine di stars tra cui lo stesso Springsteen, di “Sun City“, un brano contro l’apartheid sudafricano. La separazione dal Boss non sarà definitiva. Dopo una lunga serie di “incontri casuali” alla fine degli anni Novanta i due torneranno a esibirsi insieme.

 

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