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Scrivere è pensare, parla Claudio Bennati

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Claudio Bennati
Lo scrittore Claudio Bennati ci parla del suo "In sostanza di parole"

Nel consueto approfondimento della rubrica Ecocultura, ospitiamo questa settimana lo scrittore parmigiano Claudio Bennati. Bennati, formazione umanistica, profondo conoscitore della realtà africana e professore universitario, l’autore di In sostanza di parole. Aforismi e pensieri – Versi et similia (Rupe Mutevole, 2015) ha accettato di illustrare più approfonditamente le sue passioni culturali e i suoi autori preferiti. E abbiamo scoperto un Claudio Bennati a tutto tondo.

Claudio Bennati illustra il suo ultimo libro

Claudio Bennati, come prima cosa, vorrei chiederti di presentarti brevemente ai lettori del nostro web magazine. Quali sono i tuoi interessi culturali? E quali i tuoi autori di riferimento?

Innanzitutto vi ringrazio per avermi chiesto questo mio intervento. Presentarsi è sempre, per così dire, un rischio sia per colui che si presenta e sia per colui a cui ci si presenta: ci sono quasi sempre più fatti o meno fatti in ciò che si dice e si scrive rispetto alla vita cosiddetta vera dell’intervistato. Fatta questa premessa (anche un po’ pedante!), cerco di presentarmi. Non parlo quasi mai della mia età o meglio, come ho scritto in un mio aforisma, “ho sempre la mia età”. Per il resto, due lauree, in Lettere Classiche e in Psicologia Clinica. Ho lavorato per anni in Africa presso l’Ambasciata italiana a Dakar, in Senegal, come Incaricato delle relazioni culturali e Docente Esperto di Letteratura italiana nella Facoltà di Scienze umane dell’Università di Dakar in cui ho realizzato il Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana insieme al Ministero Affari Esteri. Qualche anno prima sono stato Docente a contratto presso la Scuola Interpreti e Traduttori di Forlì dell’Università di Bologna, ateneo in cui avevo fatto i miei studi. Come per l’età, non amo parlare del mio lavoro attuale; posso dire che lavoro in un luogo di ombre e di fantasmi, purtroppo, in carne ed ossa… (nella scuola, forse?) Infine, i miei maestri, grandi maestri. Quelli che ho avuto realmente, e molti oggi scomparsi: in primis, Ezio Raimondi, Mario Luzi, Paolo Bagni, Alfonso Traina e tanti altri che non nomino qui. Quelli che ho avuto, anche se già scomparsi prima della mia esistenza: Petrarca, Gadda, Manzoni, Buzzati, Vittorini, Leibniz, Spinoza, Vico, Schopenauer, Stirner, Nietzsche, Heidegger, Spengler, De Unamuno, Montaigne, Lacan, Sarte, Wilde, Joyce, i russi, e tanti altri che non nomino qui, molti già sconosciuti ai più, ma conosciuti (spero) dagli addetti ai lavori… ma il più grande maestro di me stesso, oggi almeno, mi sono reso conto, sono io stesso, Claudio Bennati.

Bennati, parliamo della tua opera d’esordio, In sostanza di parole. Aforismi e pensieri – Versi et similia (Rupe Mutevole, 2015) uscito proprio in queste ultime settimane. Bennati, ti va di parlarci un po’ più dettagliatamente della tua “creatura”?

Sì, la considero proprio la mia opera d’esordio, pur avendo precedentemente già pubblicato vari libri, fra i quali nomino solo Breve cronaca della follia per i tipi Espresso-Feltrinelli, che credo sia un buon lavoro anche tecnico, ma scritto come un romanzo. Il lavoro In Sostanza di Parole, invece è davvero un esordio in molti sensi: primo, per la casa editrice Rupe Mutevole, che ritengo ottima sia nelle figure dei responsabili, sia nelle pubblicazioni scelte; secondo per lo slancio personale che ha dato vita a questo libro, che non è, si badi bene, frutto della tanto abusata ispirazione, ma per dir così un crogiuolo, una sedimentazione, lunghi nel tempo, di mie conquiste, di mie esperienze e della mia personalità di pensatore e scrittore. L’attitudine per la forma aforistica, l’attitudine a tradurre in forme tipiche del verso, ho capito nel tempo, essere consustanziali, dato il loro carattere inconcluso, e, contemporaneamente, fissato una volta per tutte, almeno nella testa dello scrittore. E l’effetto che produce nel lettore, però, rimane sempre diverso, lo lascia libero, libero anche di smettere la lettura stessa, cosa che va ben oltre ogni considerazione di marketing, così in voga ormai, ma che personalmente voglio lasciare agli altri, e non fa parte di me come scrittore.

Quand’è venuta a Claudio Bennati l’idea di mettere su carta i tuoi pensieri? E dove hai tratto l’ispirazione giusta per cimentarti con aforismi e poesie?

Come ho accennato poco sopra, questo lavoro è frutto di un ordine, di una disposizione, sia materiale, sia mentale. Ho cercato di focalizzare e fissare in modo definitivo, anche se questo termine è errato e ingiusto, il materiale lungo e informe che mi era cresciuto via via, ma con la convinzione che fosse pronto per esplodere, per colpire col martello, come avrebbe detto Nietzsche. I pensieri possiamo averli tutti ma pochi riescono a realizzarli, intendo nel senso di un libro, di qualcosa che può dirsi perfetto (nel significato latino di questo termine) nella sua forma e nell’espressione. Dei pensieri bisogna fare sempre una selezione, almeno questa è la mia idea, il convincimento di Claudio Bennati, della letteratura e dell’arte: se si riflette la maggior parte dei nostri pensieri, che possono apparire a colui che pensa infiniti, diversi, contraddittori, hanno, bensì, un filo comune, semplice, chiaro e definito, insomma un fil rouge che, se focalizzato, ti dà la spinta nello scrivere: si scrive solo dopo che si è pensato e la scrittura arresta in questo modo per un attimo il pensiero libero. Stessa cosa si può dire dei versi, che preferisco alla parola poesia, abusata e vecchia per le orecchie moderne. Anche i versi sono un condensato, un succo del pensiero fissato in forme ed espressioni che nessuno potrà mai mutare; sono, per così dire, le volontà ultime del poeta. Come lo scultore, una volta dato l’ultimo colpo al marmo o l’ultima goccia di fusione alla sua opera, così da renderla fissa e immutabile, da parte degli altri intendo, allo stesso modo il verso è l’ultimo atto di un processo, che lo fissa e lo rende definitivamente perfetto, come dicevano i Latini. Infine, se devo parlare proprio di ispirazione (altro termine che non amo e a cui non credo, solo perché non esiste…), preferisco dire che ciò che mi permette di fare lo scrittore è una mia caratteristica genetica di personalità, forse aiutata da fatto di essere per metà di Parma e per l’altra metà di Firenze: la dote, cioè, di mescolare sempre una forte ironia e un umorismo fine a una potente profondità, in un composto in cui gli elementi non si distinguono più, fusi in una nuova sostanza.

Probabilmente, questo è solo il primo passo della tua carriera letteraria. Bennati, hai già in mente nuovi progetti per il futuro?

Nel mio modo di pensare e di essere, i progetti devono essere sempre connaturati con le realizzazioni. Non ammetto i progetti che diventano retorica sterile o, peggio, modalità elusiva di pensare a una speranza. I miei progetti, quando ci sono, sono già di per sé realizzazione e in questo ambito devo dire che sto lavorando già a due opere che mi prenderanno, come al solito d’altronde, un tempo mediamente lungo, un anno, due al massimo, però. Non voglio svelare in questa sede, e per ora, il mistero. Fa parte del mio modo di essere, il modo di essere di Claudio Bennati. Invece devo dire che presto, entro Natale, uscirà, sempre per Rupe Mutevole, un nuovo lavoro, di racconti brevi e aforismi, che ritengo un’evoluzione del mio modo di lavorare, pur mantenendo con forza le mie peculiari caratteristiche. Non anticipo qui né contenuti né motivi; posso dire, solo, che avranno sempre quel misto di ironia, umorismo e profondità, che mi contraddistingue sia nelle mie opere e sia nella mia vita. In una parola, Claudio Bennati.