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Trivelle, le piattaforme petrolifere non pagheranno più Imu e Tasi

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trivelle Croazia

Solo interessi e regalie dietro la difesa del fabbisogno petrolifero e del gas per la nostra nazione,  nessuna strategia di difesa dell’occupazione, ma solo l’obiettivo di non far pagare alle compagnie petrolifere lo smantellamento di trivelle vecchie, inquinanti e improduttive.

Trivelle, le piattaforme petrolifere non pagheranno più Imu e Tasi

L’associazione Assomineraria aveva chiesto chiarimenti al Ministero dell’Economia a proposito del trattamento fiscale delle piattaforme, sollevando un vizio di forma e sostenendo che le cosidette Trivelle “non sono immobili ai fini civilistici e catastali”, ma sono da considerarsi “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo” (i cosiddetti imbullonati) e, quindi, sono escluse dalla stima catastale dalla legge di Stabilità.

Guarda caso è proprio da quest’anno che l’Imu è stata abolita per gli “imbullonati”.

Il direttore generale delle Finanze del ministero dell’Economia, Fabrizia Lapecorella, illustra i motivi  che “impediscono” il pagamento di Imu e Tasi da parte delle società petrolifere: le piattaforme non sono presenti nel Catasto e quindi l’inventario viene svolto solo dall’Istituto idrografico della Marina.

La Suprema Corte, a questo proposito, aveva stabilito che, in attesa dell’iscrizione al catasto, le imposte dovute sarebbero state determinate secondo i valori di bilancio, ma il dipartimento delle Finanze ha definitivamente stabilito che l’Imu “ha per presupposto il possesso di immobili… l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano”. In parole povere, per applicare i criteri di calcolo del valore contabile occorre uno specifico intervento normativo che consenta “il censimento delle costruzioni situate nel mare territoriale”, ma anche “l’ampliamento del presupposto impositivo dell’Imu e della Tasi” anche agli immobili fuori catasto.

La nuova parentesi trivelle si abbatte in particolare su otto comuni della costa adriatica (Pineto, Termoli, Tortoreto, Porto Sant’Elpidio, Pedaso, Cupra Marittima, Torino di Sangro, Falconara) e uno siciliano (Gela) che attendevano dalle compagnie petrolifere il pagamento prima dell’Ici e poi dell’Imu ed è davvero difficile immaginare che il mancato pagamento erariale non sia stato un ennesimo regalo alle compagnie petrolifere.

Sono ben 119 infatti le piattaforme interessate, alle quali vanno aggiunte altre 8 di supporto e 8 strutture non operative, per un gettito che si aggira tra i 100 e i 200 milioni di euro all’anno (senza considerare gli arretrati), così abilmente sottratto ai comuni che ne chiedevano conto, una cifra solo approssimativa a beneficio di Eni ed Edison.

Si attende ora una soluzione normativa annunciata dal governo alcune settimane fa in risposta a un’interrogazione parlamentare.

E in Croazia? Grossi dubbi sulle trivelle

I nostri vicini di casa  non vogliono più concedere ai petrolieri l’accesso al Mare Adriatico e con questo aprire a nuovi piani di sfruttamento energetico. Il governo croato propone blandamente un referendum sulle trivelle ma, fatti due conti, si rende conto che il turismo, specie quello balneare,  può generare molta più ricchezza e va quindi valorizzato e difeso da ogni sfruttamento.

La Croazia dice basta all’estrazione di petrolio in Adriatico

La percezione tutta italiana delle politiche ambientali croate non sono mai state così lontane dalla realtà: la propaganda governativa italiana, forte del risultato di un referendum trivelle così poco condiviso e fortemente ostacolato,  ha continuato a raccontare che il Mare Adriatico sarebbe comunque stato perforato a pochi chilometri da casa nostra e che, nonostante gli allarmismi degli ambientalisti, nessun incidente avrebbe mai potuto verificarsi (tranne quello, ironia della sorte, avvenuto in acque tunisine, ad un centinaio di chilometri da Lampedusa, proprio alla vigilia del referendum sulle trivelle).

Greenpeace riporta le parole del ministro per l’Economia croato Tomislav Panenić: “La maggioranza dei cittadini è contraria all’estrazione di petrolio in Adriatico. Il turismo è molto più importante e i progetti in campo sono semplicemente inaccettabili, e i piani di estrazione di idrocarburi dai fondali croati non sono affatto redditizi“.