Home C'era una volta Barry Sadler, un Berretto Verde al vertice della classifica discografica

Barry Sadler, un Berretto Verde al vertice della classifica discografica

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All’inizio del 1966 negli Stati Uniti inizia a crescere l’ondata della contestazione giovanile, soprattutto studentesca, nei confronti del sistema, contro il razzismo e per i diritti civili. Da qualche tempo si sta facendo più corposa anche la protesta contro la guerra nel Vietnam e si moltiplicano le voci di chi vorrebbe un immediato ritiro delle truppe impegnate nel paese asiatico. Quasi a smentire il dissenso, il 5 febbraio 1966 arriva al primo posto della classifica dei singoli più venduti la canzone The ballad of the Green Berets, (La ballata dei Berretti Verdi) una canzone di stampo militarista interpretata da un ex marine con all’attivo una lunga permanenza in Vietnam, il Sergente Barry Sadler.

Una rivincita dei conservatori?

Il brano è destinato a restare al vertice per oltre tre mesi. Il suo successo viene vissuto come una sorta di rassicurante rivincita da parte dell’opinione pubblica più conservatrice e alcuni giornali sottolineano come l’exploit del Sergente Sadler sia la risposta dell’America più sana e patriottica contro la disgregazione delle tradizioni e della struttura sociale. Non manca chi parla anche di “sano recupero dei valori della musica tradizionale” e di “ingloriosa conclusione della parabola discendente del rock, un genere che ha fatto, fortunatamente, il suo tempo”.

La risposta ironica e il declino

L’euforia dura poco, anche perché la risposta dei settori più progressisti del mondo musicale non si fa attendere. Un mese dopo, a marzo, Bob Seger e gli Omens pubblicano, con lo pseudonimo di Beach Bums, un singolo satirico intitolato The ballad of Yellow Berets (La ballata dei Berretti Gialli) che mette in ridicolo l’impostazione patriottico-militarista del brano di Sadler. Cantata in coro nelle manifestazioni e trasmessa dalle radio più progressiste, la canzone diventa popolarissima. L’ironia colpisce duro e sull’ex marine canterino si stenderà il velo dell’oblio, almeno dal punto di vista artistico, perché la cronaca tornerà a occuparsi di lui in un paio d’occasioni. La prima sarà nel dicembre 1978 quando la polizia di Nashville lo coinvolgerà nelle indagini relative a una misteriosa sparatoria nella quale trova la morte il cantautore Lee Bellamy. Nel 1981, invece, verrà accusato da un suo socio di affari di aver chiuso una discussione a colpi di pistola. In giudizio protesterà la propria innocenza davanti al giudice dichiarando «È ovvio che le sue accuse sono false. È vivo! Sono un berretto verde e se gli avessi sparato ora sarebbe morto».

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".