Home Eco Culture Il disastro della Exxon Valdez

Il disastro della Exxon Valdez

SHARE
Exxon Valdez
La fuoriuscita di petrolio dalla Exxon Valdez

A volte, alcuni giorni si tingono improvvisamente di nero. Di un nero denso. Di nero petrolio. E le conseguenze diventano tragiche per l’ambiente. È quanto accadde il 24 marzo 1989 quando una petroliera della Exxon Mobil s’incagliò sulle scogliere di una delle insenature dello stretto di Prince William in Alaska. Erano le 12:04 di quello “sporco” giovedì quando il greggio cominciò a fuoriuscire dalla nave dando così vita a uno dei più devastanti disastri ambientali causati dall’uomo.

Exxon Valdez, una catastrofe ecologica indimenticabile

La Exxon Valdez naufraga al largo delle coste dell’Alaska

Il 23 marzo del 1989 la petroliera mollò gli ormeggi volgendo la prua verso sud. Preoccupato dalla presenza di alcuni iceberg sulla rotta della nave, il comandante della Exxon Valdez, Joseph Hazelwood, fece richiesta di poter cambiare rotta alla guardia costiera. Tuttavia a causa di ambiguità e negligenze nella catena di comando (si dice che il comandante della nave fosse in stato di ubriachezza e avesse ceduto tutte le operazioni a un suo subordinato), il cambio di direzione fu effettuato con notevole ritardo e lentezza facendo così finire la nave sugli scogli.

Secondo i rapporti ufficiali, la Exxon Valdez stava trasportando circa 210.000 metri cubi di petrolio, di cui circa 40.000 si riversano in mare, inquinando circa 2.000 km di coste e uccidendo migliaia di uccelli marini, foche e aquile di mare.

Le conseguenze del disastro della Exxon Valdez

Gli ingenti danni all’ecosistema dell’Alaska costrinsero l’amministrazione di Washington a riformare i requisiti di sicurezza previsti in questi casi per le petroliere e a stabilire l’addebito dei costi delle operazioni di pulizia alle compagnie petrolifere ritenute colpevoli di disastro ambientale (environmental crime fine). Questa catastrofe ecologica, inoltre, spinse l’Organizzazione marittima internazionale a introdurre delle misure di prevenzione dell’inquinamento marino attraverso varie convenzioni. Le regole furono poi ratificate dai vari paesi membri e, in base alle norme internazionali di gestione degli scafi marittimi, le navi vennero regolamentate con l’obiettivo di “navi più sicure e oceani puliti”. Nonostante l’insistenza delle comunità locali per accelerare le operazioni di bonifica, solo il 10% del petrolio finito in mare è stato completamente bonificato. La Exxon Mobil è stata fortemente criticata per la sua lentezza nel rispondere alla richiesta di risanamento delle coste e delle spiagge dell’Alaska e John Devens, il sindaco di Valdez, affermò pubblicamente di sentirsi tradito dalle inadeguate risposte dell’azienda petrolifera. Fu così che più di 11mila abitanti dell’Alaska, insieme ad alcuni dipendenti di Exxon Mobil, lavorarono duramente per cercare di ripristinare le condizioni ambientali prima del disastro. Nel 1991 i tribunali dell’Alaska riconobbero la Exxon Mobil responsabile, in sede civile e penale, della catastrofe condannandola a pagare oltre un miliardo di dollari. Tuttavia, a distanza di molti anni dai fatti, permangono ancora, nelle sabbie e nei terreni colpiti dalla “marea nera”, tracce consistenti di inquinamento da petrolio, facendo calcolare agli esperti che l’abbattimento dei tassi di tossicità proseguono a meno del 4% annuo.

Foto tratta da www.meteoweb.eu