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Arnoldo Mondadori, una vita per l’editoria

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Arnaldo Mondadori
L'editore Arnoldo Mondadori

“Un editore è fatto più spesso di difetti che di qualità. Deve essere, per esempio, aggressivo, prepotente e colonialista. Deve spingere la propria ambizione fino alla vanità, per far propria la vanità segreta dello scrittore. Deve saper mentire per poter sostenere anche i libri di cui non sia convinto. Deve, talvolta, dar credito più all’istinto che al raziocinio”. Sono le parole di un grande editore, Valentino Bompiani, in un discorso tenuto in omaggio a quello che, probabilmente, è stato il più grande publisher italiano del ‘900: Arnoldo Mondadori.

Arnoldo Mondadori, una vita per l’editoria

I primi anni e l’ascesa 

Arnoldo Mondadori (1889 – 1971) nacque da una famiglia di modeste origini che si spostò in varie città italiane in cerca di lavoro prima di stabilirsi definitivamente a Ostiglia, in provincia di Mantova. Abbandonati gli studi, cominciò a lavorare in una locale tipografia. Molto presto cominciò a stampare un foglio di orientamenti socialisti, (Luce), e a fare le prime esperienze in tema di pubblicazioni. Nel 1911 conobbe Tomaso Monicelli con il quale fondò La Sociale, primo abbozzo della futura Mondadori. Il 1912 fu un anno molto importante in quanto venne pubblicato Aia Madama, una raccolti di racconti dello stesso Monicelli e che segnò l’esordio editoriale di Arnoldo Mondadori, seguita a stretto giro da una serie di letture per l’infanzia (La Lampada), con autori del calibro di Beltramelli, Vamba e Gozzano; e sempre in questi anni, Mondadori varò il marchio La Scolastica per la produzione di libri per le scuole. Infine, nel 1917, vi sarà anche un’importante passo di natura societaria tramite la fusione con la Tipografia Franchini.

Il primo dopoguerra e il Fascismo

Con la conclusione del primo conflitto mondiale, Arnoldo Mondadori si trasferisce a Milano per iniziare ad allargare la sua rete editoriale contribuendo a fondare e lanciare riviste di stampo popolare come Il Milione e Il secolo illustrato in modo da avvicinare anche un target di pubblico culturalmente medio-basso. Anche l’azienda procedette a una riorganizzazione generale nel 1921 fissando la sede legale a Ostiglia, gli stabilimenti produttivi a Verona e la sede amministrativa a Roma. Grazie agli accordi stretti con il Sen. Borletti, Mondadori riuscì, sempre nello stesso anno, a inserire la sua casa editrice nei “salotti buoni” consentendo così alla sua azienda “sia un più stabile accesso al credito e sia, soprattutto, un rapporto organico con le nuove classi politiche del nascente potere fascista”.

Ora l’editore mantovano poteva dedicarsi completamente alle prossime mosse; in particolare, concentrarsi sul settore della scuola dove pensò di potersi ritagliare una consistente fetta di vendite “sicure” in quanto mercato legato alle adozioni. Parallelamente, sempre sul versante dell’editoria legata all’infanzia e ai ragazzi, Mondadori lanciò diverse riviste come Il Giornalino della domenica e il grande successo commerciale di L’Enciclopedia dei ragazzi. L’attivismo di Mondadori, tuttavia, non si fermò al raggiungimento di questi obiettivi in quanto sua profonda aspirazione era diventare un editore generalista. Iniziò così a corteggiare autori molto noti come Virgilio Brocchi, Marino Moretti, Alfredo Panzini, Giuseppe Antonio Borgese e Ada Negri ma il vero e proprio “colpo” gli riuscì nel 1926 quando si aggiudicò la pubblicazione dell’Opera Omnia di Gabriele D’Annunzio che, di fatto, valse a Mondadori la definitiva ascesa al vertice dell’editoria italiana. A sancire la sua “svolta” politica ci fu l’iscrizione al PNF il 27 febbraio 1924 e la divulgazione, nel 1926, della biografia di Mussolini dal titolo Dux e curata da Margherita Sarfatti. Sulla stessa linea ma più controversa, invece, fu la pubblicazione del volume Colloqui con Mussolini (1933) scritta dall’autore ebreo tedesco Emil Ludwig e contestata dai fascisti più intransigenti.

Arnoldo Mondadori
Arnoldo Mondadori in una foto dei primi anni ’30

Nel frattempo, Mondadori si faceva promotore della nascita di nuovi generi editoriali: Il Giallo Mondadori (polizieschi tradotti da scrittori), la Biblioteca romantica (i grandi romanzi nazionali e internazionali dell’800 ), I Neri Mondadori (narrativa straniera del tempo) fino ad arrivare alla traduzione e alla diffusione delle opere dello scrittore francese Georges Simenon e l’accordo con la Walt Disney per la pubblicazione in lingua italiana di Topolino. Sempre durante il periodo del regime fascista, Mondadori riuscì a diventare monopolista nel settore della scuola specie dopo l’adozione del libro di Stato, ossia il testo unico per le elementari.

Il secondo dopoguerra e i contrasti con il figlio Alberto

La seconda guerra mondiale ebbe effetti disastrosi per la Mondadori. I bombardamenti alleati colpirono gli edifici dell’amministrazione mentre gli stabilimenti di Verona furono requisiti dalle truppe tedesche. Arnoldo Mondadori stesso si rifugiò in Svizzera nel novembre del 1943. Terminata la guerra, cominciò il periodo della ricostruzione della Mondadori e sorsero i primi contrasti con il figlio Alberto il quale si era convinto di dover posizionare la casa editrice nell’alveo delle forze politiche di sinistra. Ma, contrariamente alle sue aspettative, il padre non mancò di precisare subito il suo pensiero a riguardo rimarcando, da un lato, la sua contrarietà a “ingerirsi in cose politiche” mentre, dall’altro, intendeva riprendere e riaffermare la “vocazione essenzialmente commerciale” della sua impresa editoriale. Nascevano così varie iniziative come Epoca, con Biagi e Zavattini, i famosissimi romanzi della collana Urania (fantascienza), oltre al periodico Panorama.

Arnoldo Mondadori
Il logo della Mondadori

Il clima positivo del boom economico favorì moltissimo le attività della Mondadori sia dal punto di vista delle vendite che della diffusione dei propri prodotti incoraggiando così l’editore mantovano a compiere consistenti investimenti nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie di produzione. A tale scopo, infatti, il figlio minore Giorgio sarà inviato negli Stati Uniti per apprendere le innovazioni industriali nel settore editoriale nonché a studiare nuove tecniche commerciali. È il periodo del “filoamericanismo” di Mondadori sancito da numerosi viaggi negli USA allo scopo di garantirsi più stretti contatti con i publisher oltreoceano. Nascono in questi anni Bolero, Film e Grazia, prodotti editoriali che videro molte innovazioni dal punto di vista della grafica. Ma i cambiamenti non si fermarono alla produzione di libri e riviste; nel 1957 Mondadori inaugurò i nuovi impianti grafici di Verona con stabilimenti all’avanguardia per gli standard europei del tempo. Cominciarono anche ad arrivare importanti riconoscimenti come, ad esempio, la laurea honoris causa nel 1958 da parte della facoltà di Lettere dell’Università di Pavia.

Tuttavia, accanto a grandi soddisfazioni professionali e personali, vi fu il tormentato rapporto con il figlio maggiore Alberto il quale, in contrasto con il padre, fondò nel 1958 la casa editrice Il Saggiatore. Com’è stato ben sottolineato a tale riguardo, “malgrado la ricchezza del catalogo, tutto dedicato alla saggistica, che spaziava dalla psicanalisi all’antropologia, Il Saggiatore non riuscì mai a raggiungere l’obiettivo di una vera autonomia finanziaria dalla Mondadori, costringendo Mondadori a periodici interventi per evitarne la fine”. Gli ultimi anni di vita videro un Arnoldo Mondadori sempre instancabilmente al lavoro. Nel 1965 tenne a battesimo la nascita degli Oscar Mondadori che diventarono prestissimo un grande veicolo di promozione e diffusione culturale nonché di vendite (il primo titolo fu Addio alle armi di Ernest Hemingway) mentre la sua ultima “creatura” furono i Meridiani. Arnoldo Mondadori si spense l’8 giugno 1971 a Milano.